Un’Icona della Madonna (0202) rifatta per una grande occasione
Un regalo per Don Marino Mosconi, anzi Mons. Marino, nominato Arciprete del Duomo di Monza. Auguri don Marino… e grazie! Grazie a te per aver risposto alla tua vocazione di padre e guida e grazie a Dio che ti ha scelto per accompagnare con sapienza, per trent’anni la nostra vita, quella della comunità di Gesù Buon Pastore e san Matteo Apostolo ed Evangelista in generale e in particolare la piccola comunità della messa quotidiana delle 7,30 che ha visto passare fedelmente e puntualmente nella cappellina del Crocifisso anche i nostri cari, Ettore e Caterina, Ilde e Michele, e tanti altri santi della porta accanto (Simonetta, Gildo, Renata, Giuliana, ecc).
Gratitudine e affidamento
Termini a settembre il tuo ministero qui da noi e contemporaneamente anche il tuo compito di Cancelliere all’avvocatura della Diocesi.
La tua nuova missione in quel di Monza, come Arciprete del Duomo, non sarà prevedibilmente una passeggiata in discesa: in tutta la Chiesa ogni mandato o responsabilità, specie oggigiorno, sono gravosi fardelli, a volte croci. Dulce pondus. Ma in tutte le circostanze abbiamo non solo Uno da guardare, ma sappiamo di essere da Lui guardati e sostenuti.
E’ Lui che conduce, vittorioso, la storia; in Lui è la nostra forza, in Lui la nostra speranza, solo in Lui.
E, con Gesù negli occhi e nel cuore, non farti mancare il sostegno degli amici e della tua nuova comunità, ricercalo sempre, sia nei momenti faticosi che in quelli più lieti, che certamente non mancheranno. Fidati e affidati. (Tra l’altro, con la tua sapienza e la tua sensibilità umana, -non sono doti da poco- saprai farti voler bene!)
E poi abbiamo una avvocata potente
La Madonna. La cito qui per ultima solo perché mi dà l’aggancio per raccontare la vicenda di questa icona della Madonna con Bambino, tratta dal disegno 0202 dell’archivio dei bozzetti di mio papà Ettore. (Quindi è anche indirettamente un suo ricordo). Caro don Marino, ti affidiamo quindi totalmente alla nostra Avvocata e Madre che saprà illuminarti e sostenerti nel tuo nuovo compito.
La prima sventurata Icona 0202
Come raccontato alla fine di un precedente Post (vedi link), l’icona sbalzata e smaltata tratta dal disegno 0202 ha un precedente, che, ahimé, ha avuto una fine dolorosa e penosa. Dopo 10 mesi dalla fine della sua lavorazione, che prevedeva anche la resinatura finale, qualcosa si è inspiegabilmente “mosso” al suo interno, rovinandola in modo irreparabile. Peccato perché mi piaceva molto e ci ero davvero affezionato!
Non mi do per vinto. L’occasione per un regalo
Devo dire che ho vissuto questa débâcle come una sfida personale: allora devo rifarla! Questa volta non più su alluminio ma su ottone. Sì, perché contemporaneamente ho fatto 2+2=4: Pensavo ad un regalo per don Marino e l’occasione mi veniva offerta su un piatto “d’ottone”.
L’ottone assomiglia all’oro come tono, quindi ancora più preziosa della prima realizzazione.
E, stavolta, prima di combinare altri disastri, sicuramente non la resino, ma la incornicio e basta.
Siamo a fine Luglio 2024. Il 28 pomeriggio stampo la traccia del disegno (quella precedente l’avevo stampata un po’ più ridotta, ma va bene lo stesso), taglio una lastra in misura e inizio a riportare l’incisione.
Sbalzo la lastra fronte e retro
Da buon toreuta inizio a incidere la lastra dal fronte per riportare il disegno, poi con pazienza, poco per volta sbalzo dal retro e cesello sul fronte con i miei strumenti ormai collaudati, punte di biro e di legno sagomato in vari modi.
Poi passo a ritagliare le lastre in modo da poterle piegare sulla lastra di masonite che incollerò al suo interno per irrobustire l’opera e irrigidirla
Brunitura e smaltatura con sorpresa
Come oramai di prassi consolidata, una volta che la colla da montaggio tra sbalzo e masonite e l’Attack a serrare le alette sulla masonite han fatto il loro lavoro, pulisco lo sbalzo montato con la paglietta sottile e lo sgrasso con una passata di alcool isopropilico. In questo modo ho la base perfetta per passare il mio intruglio alcoolico nero da brunitura chimica e patinare l’ottone. Fase sempre molto delicata perché occorre rendere uniforme il velo di colore, con varie passate a spugnetta e ripulitura con carta da cucina. Un altro step è ripulire con l’alcool le sole aureole e sfrisarle a raggiera con una punta sottile. Immagino già l’effetto con la smaltatura di giallo arancio trasparente! Prima di smaltare però dò a tutta l’Icona una mano di vernice fissativa Macota 100, in modo da non smuovere la patinatura. Poi smalterò coi miei colori epossidici per vetro.
(Chi desiderasse scoprire di più sulle mie tecniche può sfogliare tutti i miei precedenti post sulle icone sbalzate)
La sorpresa sgraditissima è che in alcune boccette il colore liquido si è rappreso e raggrumato come un Gel densissimo e quindi i colori non sono più utilizzabili, accidenti! Sono costretto a usare i colori che ancora funzionano a dovere. Che panico, ogni volta c’è una sorpresa nuova!
Col nero metto a fuoco alcuni particolari. Stavolta, comunque, per evitare la fine della precedente Madonna 0202 non resino alcunché, ma ripasso solamente tutto con una mano di Macota 100.
Il tocco finale, la cornice
Alla fine il montaggio nella cornice di legno su velluto scuro. Bello, neh?! Spero che don Marino apprezzi! E soprattutto che la Madonna l’accompagni nella sua nuova missione!
L’articolo su Don Marino Mosconi per l’Informatore Parrocchiale di Monza
Don Marino Mosconi. Un cammino insieme di trent’anni, una vita, che continua ora in altro modo.
Dal mese di settembre 2024, don Marino Mosconi non abiterà più nella nostra parrocchia come vicario parrocchiale, non sarà cioè più presente fisicamente nella nostra comunità del Gesù Buon Pastore, che ha servito con paternità, cuore, intelligenza, umanità, sensibilità, preparazione teologica e scientifica, per trent’anni tondi tondi. Questa prima affermazione va chiarita, spiegata e dettagliata. Innanzitutto “don” è un diminutivo affettuoso, tra noi del GBP, che sta invece per “Mons.”, cioè monsignore, titolo onorifico conferitogli l’11 febbraio 2006 per sottolineare l’importanza e la nobiltà del suo incarico in Curia come Cancelliere della Diocesi di Milano e Giudice del tribunale ecclesiastico regionale e del tribunale metropolitano di Milano..
Insegnamento e impegno pastorale
Questi gravosi e delicatissimi compiti non sono mai stati disgiunti dall’insegnamento. È docente alla Facoltà teologica dell’Italia settentrionale e alla Facoltà di diritto canonico San Pio X di Venezia. Questo per spiegare il suo titolo di Monsignore, ma il suo impegno sacerdotale è sempre stato anche orientato pastoralmente verso i giovani, seguendo gli Scouts (Gruppo Milano 97) e la vita della parrocchia, di cui ormai è la vera memoria storica: dalla liturgia ai sacramenti, dalla partecipazione ai Consigli Pastorali alla guida per famiglie e fidanzati, al sostegno e alla vicinanza ad anziani e ammalati della comunità.
Nato il 27-12-1964 a Milano don Marino Mosconi ha conseguito il baccellierato in teologia alla Facoltà teologica dell’Italia settentrionale e la licenza e il dottorato alla facoltà di diritto canonico alla Pontificia università gregoriana. Viene ordinato sacerdote il 9-06-1990 per mano di S.E. il card. Carlo Maria Martini. Il primo Ottobre 1994 viene aggregato alla nostra comunità parrocchiale come vicario parrocchiale. Nel 2006, come già ricordato, gli viene conferito il titolo di Monsignore.
Veniamo a oggi
A maggio 2024 viene nominato Arciprete del Duomo di Monza (a valere dalla data del 6 settembre 2024) e se ne dà annuncio con una lettera di monsignor Michele Elli, vicario episcopale di zona, che è stata letta ai fedeli al termine delle funzioni religiose di sabato 1 e domenica 2 giugno; nel mese di settembre prenderà ufficialmente il posto di monsignor Silvano Provasi e il 20 ottobre al pomeriggio, verrà celebrata la Messa solenne d’ingresso ufficiale in Duomo. Ora, quindi, la sua vocazione al sacerdozio, come prete diocesano, gli impone un cambio di direzione (lascerà la Cancelleria mantenendo gli studi) e di compiti, una nuova obbedienza, nuove responsabilità da assumere.
Chi ha figli che si sposano ed escono di casa per seguire la loro vocazione nel matrimonio può ben percepire i sentimenti che albergano nei cuori trepidanti dei genitori. Sono molto simili ai sentimenti che vivono oggi i parrocchiani del GBP. C’è un senso di gioia perché i figli, diventati grandi, (e lui è un grandissimo) intraprendono la loro strada di adulti, ma anche di mancanza, di un vuoto lasciato da chi esce di casa.
Ecco, oggi, insieme a questo passo che la sua vocazione gli richiede come obbedienza al suo Vescovo, per il maturare del suo cammino cristiano e umano, insieme a questo “strappo” che noi sentiamo per la sua partenza verso il Duomo di Monza e la nuova esperienza di Arciprete che lo attende, c’è anche la nostra affettuosa trepidazione per il suo futuro. Naturale, umana. Ma la fede in Gesù che tutti ci sostiene e la fiducia che la sua nuova comunità saprà accoglierlo e sostenerlo (forse anche meglio di quanto abbiamo saputo fare noi), ci rendono sereni.
Buona vita carissimo Mons. Marino!
Ci rivediamo tutti il 20 settembre, quando sarai al GBP per la messa di San Matteo, in cui potremo abbracciarti e salutarti. Ti auguriamo un abbandono totale e senza riserve alla volontà di Dio, unica speranza. E, da buon tralcio, un attaccamento incondizionato alla Vite, (sostenuto da tutti i viticci che Gesù non ti farà mancare), in modo da portare molto frutto. Non perdiamoci di vista!
Il santo protettore della Fraternità di Comunione e Liberazione
La nascita di un’idea
Stiamo attraversando un cambiamento d’epoca, come accadde a San Benedetto da Norcia, con tutte le difficoltà, le angosce e le nuove prospettive che questo comporta. Agli inizi di Giugno, dopo gli Esercizi di Rimini e il memorabile intervento di Davide Prosperi all’Assemblea dei Centri Culturali ho pensato che non potevo più attendere ad esprimere il mio ringraziamento a lui e alla Fraternità per i passi che stiamo facendo con la sua guida.
Quale modo migliore per esprimere questo desiderio in modo personale e, se non artistico, almeno artigianale, con uno dei miei sbalzi? Magari raffigurante proprio San Benedetto da Norcia, il santo protettore della Fraternità di Comunione e Liberazione.
L’anno scorso c’era già stato il precedente del regalo dell’Icona con la scena della “Presentazione al tempio” fatto a Padre Lepori per ringraziarlo degli Esercizi del 2022-2023.
Una figura poco raffigurata
Mi metto a cercare in Internet qualche immagine di dipinti o affreschi che rappresentassero il santo. Strano!. Non ci crederete, ma non ho trovato molto e poche immagini mi sembravano belle e convincenti. Un paio di affreschi medievali soprattutto e due tavole: una di Mantegna e una di Daddi. Nell’archivio di bozzetti di mio papà Ettore, nulla… e inoltre volevo fare qualcosa di più originale. Farò dunque una sintesi di quelli più convincenti. Quindi parto innanzitutto dall’affresco e lo ridisegno apportando alcune modifiche (la mano destra, per esempio da dove sbuca? E il libro della Regola che diavolo di prospettiva ha?).
Scoperte en passant
Cercando qua e là trovo sul sito www.acistampa.com anche un’interessante medaglia simbolica di san Benedetto, con degli acronimi che non conoscevo, e che metto qui: fanno pensare, no? Non lo sapevate? Sapevatelo!
Allora si inizia
Ridisegno al tratto il mio san Benedetto, lo scannerizzo e lo inquadro in Illustrator in una architettura dal sapore medievale. Lo stampo nella misura desiderata e lo applico su una lastra tipografica di alluminio (di recupero, contro lo spreco come al solito e opportunamente ripulita).
Con i miei attrezzi da toreuta (Punte di biro e bastoncini di bambù opportunamente modellati) inizio a sbalzare e cesellare sul fronte e sul retro la figura.
Sbalzo terminato in una giornata
Ed ecco allora lo sbalzo terminato, ancora da piegare e sagomare sul supporto di legno compensato dopo aver tagliato le parti di lastra in sovrappiù negli angoli.
Fatta questa operazione di taglio, riempimento con colla di montaggio e Attack per fissare sul retro le alette, lo sbalzo mi si presenta, come al solito bello lucido ma dall’effetto un po’ “piatto”.
Lo renderò più “anticato” e definito con la stesura della mia mistura nera da brunitura. Poi ripulisco l’aureola dalla tintura.
Dorare, please!
Questa volta faccio un’operazione mai fatta da me in precedenza su questo genere di Icone: dorerò l’aureola con la foglia d’oro: stendo una mano di “missione” Divolo per fare aderire la foglia. L’attesa è di tre ore prima di poter dorare. (La parola “missione” mi colpisce ogni volta, …ok, è una vernice che serve per mettere la foglia d’oro, ma quanti altri significati molto più pregnanti ha, visto che qui si parla di un’Icona?)
Dopo, passo sopra tutto una mano di vernice Macota per fissare il risultato. (Purtroppo gli imprevisti con la doratura sono sempre dietro l’angolo, così dovrò riprendere, con lo stesso metodo, alla fine un segno che salta fuori sulla destra dell’aureola. Però, dài, l’effetto non è male. Potrei anche fermarmi qui. No?
Invece vado avanti
Decido di smaltare. Ma anche qui incontro dei problemi legati all’età degli smalti (un anno, mica secoli…), che evidentemente si asciugano un po’ nelle boccette. E non è che costino pochissimo… La cosa richiede quindi attenzione particolare. Faccio una prima stesura poi casomai andrò avanti. Col nero valorizzo alcuni dettagli della figura per dare ulteriore profondità.
Non mi basta e quindi passo la seconda mano
Poi faccio una cosa di cui mi pento: passo una seconda mano di Macota per proteggere l’icona. Peccato che sul turchese faccia una reazione strana, raggrinzendo un po’ lo smalto. Mai fatto in vita sua. Sono gli imprevisti del mestiere. Non si può tornare indietro. Non c’è control Z o Undo. Le cose fatte a mano non perdonano…
Incorniciato
Incornicio l’Icona di san Benedetto da Norcia e lo accompagno poi con un biglietto per Davide e la Fraternità. Grazie, Davide!
Un Post Scriptum
Ho consegnato l’Icona a Davide alla fine dell’ultima Diaconia diocesana del 18-6-24. Lui mi ha ringraziato ricordando che “Questo è il secondo regalo che mi fai quest’anno!”, alludendo alla registrazione di don Giussani che gli avevo spedito un paio di mesi prima (audio del 1979, col racconto vivacissimo agli studenti di GS del suo primo incontro ufficiale a Roma con Papa Giovanni Paolo II), dai quali aveva tratto spunto, facendolo anche ascoltare, per alcuni interventi epocali, come quello all’Assemblea dell’Associazione Italiana Centri Culturali del 18-5-24, pubblicato poi col titolo: “Cultura: essere per Cristo”.
Allora gli ho detto: “Sì, ma quello era un regalo “usato”, di seconda mano”. Perché già lo avevo inviato nel 2015, appena ritrovato sistemando degli armadi di casa, a don Julian Carròn e all’archivio del Movimento, (come gli avevo fatto presente quando gliel’ho fatto pervenire via mail per ispirazione “soprannaturale”). “Questo invece è inedito, solo per te, e attraverso te a tutta la Fraternità, per gratitudine al cammino che stiamo facendo insieme, con la tua guida”.
Considerazioni finali
Ho riincontrato Davide pochi giorni dopo, alla convivenza della Diaconia a La Thuile e mi aspettavo che mi dicesse se gli era piaciuto il regalo, come aveva reagito, insomma. Ero molto in dubbio se chiedergli qualcosa o no. Incrociatolo finalmente in fila a colazione gliel’ho chiesto e lui mi ha detto di sì, che gli era piaciuto tantissimo e, anzi, l’aveva appeso in ufficio in sede, e poi mi ha fatto i complimenti, volendo sapere come l’avevo fatto, ecc.
Leggendo l’altro giorno un passaggio degli Esercizi spirituali della Fraternità 2024 ho trovato questo testo a pagina 56: “… non è questione di misura, ma di compagnia e, ultimissimamente, di amore, cioè di abbandono di sé, di dono di sé. È meglio dire abbandono di sé perché chiarisce l’idea di dono; nel dono uno riserva sempre il diritto ad essere stimato perché ha dato, il diritto alla gratitudine, e questo fa perdere tutto; mentre nell’abbandono di sé, no, è puro. L’abbandono di sé: quanto più si ama tanto più uno abbandona sé stesso, afferma soltanto l’altro».109 Nel distacco della povertà si conosce e si ama. Nella povertà, dunque, non sei più attaccato alle cose, alle persone, per una tua sicurezza, ma solo in vista del loro destino, perciò del loro bene e della loro verità: «Quanto più si vuol bene, tanto più diventa lieve, leggero, libero il rapporto»,110 senza pretesa”. (109 e 110 da L. Giussani, Si può vivere così? p. 269 e 277).
Che dire? Touché! Quanta strada ho ancora da fare, no? Ma ogni passo, anche quello che dà la misura di un limite e di una meschinità, fa maturare un’esperienza e questo io desidero sopra tutto imparare: L’abbandono di sé, puro.
Il sottotitolo è: «Quando un lavoro parte “storto” è difficile raddrizzarlo». Ma poi ce la si fa. Tranquilli.
Questa volta racconto di un lavoro appena terminato: “La Madonna della tenda rossa“. (Nulla a che vedere con la tragica impresa di Umberto Nobile al Polo Nord). Si tratta del disegno 0206: una Madonna con Bambino e una tenda alle spalle che colorerò di rosso). Ma racconto soprattutto di come mi hanno messo duramente alla prova i molti imprevisti e il tanto filo da torcere nella fase di resinatura che ha richiesto una serie infinita di correzioni e tentativi falliti su tentativi quasi riusciti, ma sempre da migliorare. Sono stremato. È stata una vera odissea. Proprio non bisogna mai dare nulla per scontato, ogni intrapresa ha i suoi rischi e imprevisti, ma stavolta si è un po’ esagerato! (Si può dire …”Accidenti!”?)
Il perché e il percome. Tutti i retroscena
Questa icona nasce come idea regalo e ha già anche un tempo previsto per la consegna: Settembre 2024 (La data esatta del 20° anniversario del nostro rapporto “sanitario” sarebbe Novembre ’24, ma… anticipiamo la consegna). A tempo debito, cioè dopo la scadenza di fine Settembre, espliciterò meglio il come e il perché, …se lo scrivo ora mi sembra di spoilerare il finale col rischio di rovinare la sorpresa alla persona che casualmente dovesse leggere questo post. Quindi, cari curiosi, fidatevi e attendete l’aggiornamento di questa parte.
Decido il soggetto e realizzo il disegno
Pensavo tra me e me: “Mi ci metto subito, così, via il dente, via il dolore!” Pensando che oramai, con tutta l’esperienza acquisita con queste icone sarebbe stato un gioco da ragazzi terminare l’opera in 4 e quattr’otto. Tronfio sbruffone che non sono altro! Ma non anticipiamo nulla; al momento ero molto sicuro di me e basta. Sfoglio nell’archivio di papà e trovo la “Madonna con la tenda” alle spalle, la numero 0206 dell'”Archivio di disegni e schizzi preparatori” di Ettore Paganini, che con le opportune modifiche si adatterebbe benissimo alle dimensioni (interne) della cassaforma: 12,7×19 cm. Preparo quindi il disegno in Illustrator e, per la prima volta ne faccio anche una versione a specchio, in modo che, montato il foglio anche sul retro della lastra da sbalzo, sarò facilitato nel cesello dei particolari dal dietro.
Lastra e disegni applicati per lo sbalzo
Prendo una lastra di alluminio (me ne restano poche, ohibò,… dovrò provvedere a procurarmene altre in qualche tipografia) e la pulisco con tutti i detersivi, la paglietta e gli abrasivi di cui dispongo per eliminare le timbrature e la vernicetta maledetta di cui è rivestita.
Poi applico, fronte e retro i disegni della Madonnina 0206 e inizio lo sbalzo, suddividendo già i tratti da sbalzare dal dritto da quelli da fare dal rovescio.
Uno sbalzo veloce, e… va tutto per il meglio
Il lavoro inizia il 16 gennaio e, senza lavorarci con continuità, lo sbalzo è terminato il giorno 20. Mi ha rallentato un po’ la complessità della cornicetta a figure geometriche. Per il resto, fila tutto liscio. Durerà?
Fine dello sbalzo, incollaggio e chiusura delle alette
Si procede rapidamente anche nelle consolidate (per esempio in opere come questa) fasi successive qui documentate
Patinatura con riserva
Come sempre mi sembra che lo sbalzo abbia bisogno di una patinatura che accentui e dia volume al cesello trasformandolo con un aspetto finale di argento antico. (Qui un altro esempio di finta argentatura) Anche in questa icona riservo la zona delle aureole ripulendole con l’alcool isopropilico, in modo di sfruttare la lucentezza del metallo bianco che viene anche sfrisato con una punta per accentuarne i riflessi cangianti. E siamo arrivati rapidamente alle ore 18 del 21 gennaio. Tutto senza intoppi.
Smaltatura in più fasi
Parto dunque a smaltare con i miei colori epossidici per vetro, iniziando dalla cornicetta geometrica che riempio di rosa trasparente e turchese opaco e quindi passo alle aureole che riempio di una miscela di giallo e arancio molto bella e luminosa. Poi do una prima stesura di rosso alla tenda e al blu del fondo. Prima mano.
Ma mi sembrano poco intensi sia il fondo che il rosso della tenda. Non ho mai il coraggio di fermarmi per tempo. Non era male la prima mano, ma proseguo con la seconda e aggiungo i brillantini rossi. Ecco il risultato
Poi però aggiungo un’altra mano e alcuni particolari (occhi, ecc)
Adesso viene il… brutto
Adesso viene il bello, si dice di solito, invece da qui partono i problemi grossi. E viene il BRUTTO. (Ma perché non mi fermo qui??? Asino che sono! Non andava già bene così? Bastava una passata di vernice protettiva ed era tutto finito in bellezza! Accidenti a me!). No, oramai quest’Icona doveva essere resinata e che faccio? Mi fermo? NO. Non sia mai!
Sperimentare è il mio mestiere
Uno normale potrebbe fare come ha sempre fatto, visto che finora gli è andata piuttosto bene. Ma. C’è un ma, anzi più di un semplice “ma”: 1)– La misura della formella l’ho calcolata più piccola di 3mm per lato rispetto a quella dell’interno della cassaforma siliconica in modo da poter ricoprire in un’unica colata fronte e lati dell’icona. Ma la cassaforma è mollissima, non ha alcun nerbo e sui lati lunghi si deforma, così viene contenuta da un castelletto esterno di legno compensato in dotazione. Però ho dovuto comunque fissarla con delle mollette al legno perché non si deformasse verso l’interno. 2)– Per preservare quindi il retro della formella appoggiata sul fondo della cassaforma dalle incursioni inopportune della resina liquida, decido di spalmarlo di gomma liquida. Nuovo fantastico acquisto da sperimentare. Così, penso, una volta rappresa sarà semplicissimo staccare le sbavature di resina non desiderate.
Aggio comprato ‘na cassaforma…
Descrizione: la cassaforma di silicone è una cosa straordinaria perché su di essa la resina non attacca. Anzi non attacca proprio nulla sul silicone. Neanche la gomma. Avrei dovuto pensarci quando ho posizionato la formella sul fondo con l’impressione fantastica che aderisse proprio bene e che quindi non c’era bisogno di tenerla ferma in posizione. Primo gravissimo errore che ha innescato a catena tutti i successivi.
Infatti mescolo (col nuovo splendido attrezzo a elica di silicone) la resina (bicomponente iCrystal di Resin Pro), la colo nello stampo e attendo qualche secondo mentre buco con uno spillo alcune maledette bollicine che emergono e che vanno eliminate. Poiché le bollicine aumentano, decido che col phon le farò salire tutte, quelle maledette. Forse salgono le bolle, ma contemporaneamente girano …le balle. Sì, perché se parliamo di imprevisti e tanto filo da torcere iniziamo qui il lungo elenco: il calore fa salire in superficie tutto il lavoro, che inizia a galleggiare bellamente e fluttuare nella resina che nel frattempo inizia a reagire e rassodare. AAAAARRRGGGGGHHHHH!!!!! Che fare?
Tento più volte di respingerla sul fondo, ma non c’è nulla da fare. Inoltre si sposta anche lateralmente e devo ricentrarla più volte con un bastoncino con lo spillo. Si sta rassodando!!! Un pasticcio!!! Alla fine demordo: cerco di posizionarla comunque in centro e poi la lascio galleggiare, anche se brillanti rossi e parti più sporgenti saltano fuori irrimediabilmente.
Decido che, una volta indurita, farò una seconda colata supplettiva e per il retro spero che si possa staccare o che, se impossibile, sia comunque meglio di uno schifo.
Seconda colata, seconda porcata
Ovviamente comincio ad innervosirmi. Dopo una giornata, quando mi pare tutto rassodato, parto con la seconda colata di iCrystal. A proposito di imprevisti e tanto filo da torcere, eccoci al secondo tragico errore. Errore madornale. Al corso dicevano che occorrevano due, o meglio tre, giorni di intervallo tra una colata e l’altra. Ma la fretta di rimediare l’errore ne provoca uno peggiore, come nella parabola della pezza di rattoppo nuovo sul vestito vecchio. All’inizio sembra andar tutto benissimo. Il giorno dopo (il 26 gennaio) ho la sgraditissima sorpresa di notare che gli “otri vecchi se ne sono andati col vino nuovo”. Uno schifo inenarrabile. Che fare ora?
La resina è un materiale vivo, difficile controllarla
Vabbé, bisogna rimediare. Allora decido che quando sarà tutto asciutto dopo un paio di giorni dovrò levigare tutta la superficie arrivando fin sotto i corrugamenti e sperare che basti lucidare. Se no… boh, vedrò al momento e deciderò che fare.
In realtà il 27 sera inizio a levigare. Scava scava, iniziando dalle grane più aggressive (340) arrivo fino alla satinatura della 1500. SOB! Dopo ore di levigatura il corrugamento non accenna a scomparire e, soprattutto, sembra che la resina nella parte centrale non abbia fatto una reazione completa e rimanga sempre diversa dal resto. Siamo ad un nuovo capitolo del volume “imprevisti e tanto filo da torcere”. Arrivato ad un certo punto della levigatura mi fermo per non arrivare alla colata sottostante e rimetto il tutto, avvolto in una micro-cassaforma aderente di nastro di carta nella cassaforma di silicone.
Una sottile ricopertura, quasi una verniciatura di resina
In chat con Resin Pro mi dicono che è un problema di umidità. Boh. Allora decido di fare una ulteriore sottile colata di resina per coprire le magagne. Ma questa volta di “Liquidissima” di Resin Pro, perché il problema potrebbe anche essere di spessore e di tempi di reazione.
Quello che si dice: una ciofeca
Ecco, appunto, una tragedia, una schifezza, una ciofeca. Stavolta, sempre della serie ” imprevisti e tanto filo da torcere”, la resina si rapprende male in modo diverso e creativo: comunque anche cambiando l’ordine dei fattori la schifezza non cambia… comincio a disperarmi, …non posso più fidarmi delle resine?
Non ne esco vivo? Che fare?
Evidente che così non può andare. Siamo al terzo tentativo e il risultato peggiora. Stop alle resine e cerchiamo di salvare l’icona ri-levigando ancora intensamente e dando un mano di vernice protettiva Macota KZ100. Speriamo di ottenere un risultato accettabile, anche se la verniciatura non è uguale alla pura superficie levigata e lucidata di una resina venuta come Dio comanda.
Il troppo stroppia? Sì, ma se uno è un perfezionista che ci può fare?
Ce l’ho lì sulla scrivania e l’occhio mi cade sempre su quelle maledette piccole imperfezioni: basterebbe una piccola leggerissima levigatura con un abrasivo sottilissimo e avrei trovato la quadra. Niente da fare: mi lascio prendere la mano, rovino la vernice e alla fine devo ri-grattare tutto e abbastanza in profondità. E poi riverniciare. Ci risiamo; eccoci agli imprevisti e tanto filo da torcere di cui parlavamo prima.
Di male in peggio, dalla padella alla brace
Sono proprio un cretino, mi mangio le mani e mi prenderei a sberle. Ma oramai il danno è rifatto e devo insistere fino a che non ottengo qualcosa di accettabile. Se no devo buttare via la peraltro pregevole icona. Oramai è una sfida all’O.K. Corral. Thick as a brick.
Non mi dò pace e trascorre così una settimana senza prendere il coraggio di intervenire. Poi il 14-2-24 mi decido a ri-levigare per l’ennesima volta la superficie ripartendo dalle carte da 600 in su, in modo da eliminare anche una serie di bollicine e sporchini (che, ahimé, mi sembrava di saperlo perché oramai siamo nel mood ” imprevisti e tanto filo da torcere”, resteranno però imperterrite nella resina).
Poi ripasso il Macota per la terza volta. Viene abbastanza bene anche se non uniformemente lucido.
Allora il 15-2 taglio la testa al toro (che ringrazia per la fine gloriosa di un’epopea che è stata un macello e un bagno di sangue, peggio di una corrida) e do un’ulteriore ri-passata di Macota a riempire i difetti. Poi basta “imprevisti e tanto filo da torcere”, però!
Finalmente! Regalo a Settembre, caro il mio…
Spiace aver dovuto attraversare tutte queste traversie, ma alla fine tutto è bene ciò che finisce bene. Sicuramente ho imparato un sacco di nuove cose sulla resina e le casseforme di silicone. La colata deve andar bene al primo colpo se no sono casini inenarrabili e la cassaforma in silicone va usata solo se strettamente necessario e con la sicurezza (possibile?) di aver fissato bene la formella al fondo: ci lavoreremo.
Aggiornamento
E consegnata felicemente il 18/9/24. E, a questo punto posso anche svelare l’arcano: il destinatario è il mio dentista di fiducia: “Grazie caro dottor Bonetti!”
Dal disegno preparatorio di un probabile regalo (uno smalto vero a gran fuoco su rame) di papà per un suo amico (il “fantomatico Dottor Cortese”) alla realizzazione di una nuova Madonnina con Bambino a sbalzo e smalti epossidici per mia nipote Tecla.
Stava lì, nell’archivio disegni e bozzetti di mio padre Ettore, e ogni tanto occhieggiava mettendosi in mostra per la sua bellezza. Numero d’archivio 0209. Mi piaceva molto quella Madonnina “per il Dottor Cortese” (il nome non mi era nuovo, in casa lo citavano qualche volta, ma per me è rimasto un personaggio poco definito, un Carneade, il “fantomatico Dottor Cortese”) e mi era venuta voglia di riprenderla facendone uno dei miei sbalzi, ma mi frenava la complessità della composizione e le dimensioni un po’ eccessive, eccedenti i miei piccoli standard. Poi un giorno di Novembre, il 20 per esattezza, decido di sfrondare la composizione eliminando gli angioletti (non me ne vogliano, niente di personale…) e ridurre le dimensioni, modificando il disegno paterno e inquadrando solo Madonna e Bambino.
Orsù! All’opra, all’opra! Dàgli! Martella!
Il 2 dicembre stampo il disegno e inizio lo sbalzo su lastra di alluminio. Prima il solito processo di pulizia e preparazione, poi fisso il foglio alla lastra interponendo una carta carbone per facilitare l’individuazione dei tratti e con i miei sperimentati strumenti (penna e bastoncini di bambù forse per qualcuno risultano poco professionali per uno che vorrebbe fare il “toreuta”, ma niente martello e punte da cesellatore) e poco a poco la ex Madonnina per il “fantomatico Dottor Cortese” inizia a prender forma e volume.
Il prosieguo dell’opera
Il 3 dicembre lo sbalzo è praticamente finito, ora rifinisco i particolari, taglio le alette e le segno per la piegatura.
Lo sbalzo, opportunamente lucidato con la paglietta sottile, è pronto per inserire la colla di montaggio sul retro ove sistemare la tavoletta di masonite che lo rende rigido.
Incollaggio e finitura
Inserita la masonite piego le alette e le sigillo con l’Attack, poi metto tutto sotto dei pesi per bloccare colla, alette e Attack al loro posto.
La brunitura, un passaggio sempre molto delicato
Per dare profondità e nettezza al disegno occorre brunire la lastra. Il 4 dicembre sgrasso con alcool isopropilico la superficie, in modo da eliminare impronte o tracce grasse varie e poi con la mia spugnetta montata col manico stendo il mio intruglio alcoolico nero segreto e lo faccio essiccare. Ci vogliono due o tre passate perché la tintura strofinata penetri in tutti i luoghi che desidero e dia l’effetto brunito desiderato.
Però le aureole dovrebbero brillare molto di più, così mi risultano un po’ “spente”. Con cotton fiocc e straccetti di carta montati a punta su un bastoncino le ripulisco con alcool isopropilico stando attento a non sbordare. Faccio anche i due tondini superiori. Sembrano d’argento brillante. Per dare ancora più risalto e luce le sfriso radialmente con una punta. Ecco, così mi piace. Fisso il tutto con una buona passata di Macota KZ100 trasparente.
E ora ci vuole lo smalto
Nella stessa giornata, quando il Macota si è seccato, inizio la fase di smalto con i miei colori per vetro. Stavolta voglio cambiare il colore del fondo dietro la Madonna: basta col solito blu, voglio provare con un colore che non ho mai usato, un po’ coraggioso: il violetto 081 Amethyst. E’ sempre difficile e rischioso mescolare i colori per vetro, così lo uso puro. Un paio di mani danno saturazione adeguata alla stesura di colore.
La resinatura
Siamo al solito dubbio: se resinare o no. Ma, a dare una svolta decisiva alla decisione, nella mente comincia ad affacciarsi l’idea che a quest’opera devo dare un fine preciso: Natale si avvicina e mi sovviene che Annamaria, mia sorella pianista, già da tempo mi aveva chiesto se potevo farle una Madonnina per sua figlia, mia nipote Tecla che ha da poco finito di ristrutturare la casa. E’ una casetta che affaccia con l’ingresso sul nostro cortile. Faccio 2+2=4. La Madonnina per il “fantomatico Dottor Cortese” sarà il mio regalo di Natale per Tecla e, se lo vorrà mettere all’ingresso, all’aperto, dovrà per forza essere resinata, per resistere alle intemperie. Quindi, avanti!, si resina. (Uso resine della Resin Pro: o la I-Crystal, o la Art Pro. Prossimamente proverò la “Liquidissima”).
Cassaforma e colatura
Il 6 dicembre preparo la cassaforma con i legni e il silicone, fissando nel mezzo la formella coi distanziatori (sul retro – già resinato – ho incollato un foglio di plastica adesiva su cui appoggiano le assi, in modo che la resinatura anteriore non lo rovini). Tutto è pronto per la colatura di resina, passaggio che riserva sempre sgradite sorprese, bolle, sporchini, imperfezioni nella reazione chimica, difformità nella mescola, ecc. (Non mi viene mai una colatura uguale all’altra). (Vedi in questo Articolo per maggiori dettagli)
Dopo la colatura occorre attendere almeno una giornata di 24 ore prima di sgusciare il manufatto, se no si rischia di segnare la resina ancora non pienamente solidificata. Basta un’impronta digitale per fare un patatrack. Ci vuol pazienza, ma alla fine, l‘8 dicembre, festa dell’Immacolata Concezione della Madonna, eccoci al dunque! Si sguscia!
Fine? No, ora occorre rifilare e levigare le superfici
Pareggio i bordi e levigo e lucido tutta la superficie. Anche questo passaggio non è mai una passeggiata tranquilla, basta un nonnulla per rovinare tutto e costringere a ripassare le superfici ripartendo dalla grana di abrasivo che ha fatto il danno (le mie gradazioni vanno progressivamente da 40 a 10.000). Bene! alla fine, dopo un paio d’ore di levigatura, ecco qua il risultato! Finalmente davvero finito! Buon Natale cara Tecla!
Perché il titolo: “Madonna di Gaza”? È una provocazione? In un certo senso sì. Provocato dalle notizie che vengono dai fronti di guerra mondiale, dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin e dalla tragedia disumana della Guerra Israele-Hamas che, dopo l’assurdo attacco terroristico contro gli israeliani del 7 ottobre 2023, si è trasformata immediatamente nel genocidio indiscriminato del popolo palestinese, mi è stato chiaro che non c’è speranza di pace che possa procedere dalla sola volontà umana senza appellarsi con fede a Cristo, nostra pace. E quindi senza l’intervento materno di Maria, avvocata nostra, che ci porta a Lui. Da qui l’atteggiamento di preghiera e di intercessione. Ogni altra posizione tattica o strategica diventa schieramento di parte che porta solo nuova inimicizia, nuove divisioni, nuovo odio e nuovi conflitti. Sulla guerra mi sono già ampiamente espresso, peraltro.
L’ispirazione per una nuova icona della Madonna
L’ispirazione per questa nuova Icona della Madonna mi è venuta osservando una straordinaria foto di una madre palestinese col bambino in braccio, in atteggiamento protettivo, circolata sul web. L’ho chiamata “Madonna di Gaza” per una scelta Etica, non Etnica (“etnica” fa venire in mente la questione della razza, di hitleriana memoria… e le varie “pulizie” che vi si richiamano e che in realtà sono luride porcherie, ma la storia, ahimé, non insegna proprio nulla, evidentemente). Mi è sembrato, cioè, che rappresentasse tutte le madri e i figli innocenti che patiscono tutti gli orrori di tutte le guerre. Niente di più e niente di meno. Una madre e un bambino israeliani, ucraini, armeni, yemeniti, ecc… avrebbero potuto fare da modello per il medesimo scopo. Ma questa foto, con gli sguardi così intensi dei due e il fondo di case bombardate, mi ha colpito nel profondo. Ho pensato che Maria, Madre di Dio e nostra madre, abbia verso di noi, figli dell’umanità, gli stessi sentimenti, la stessa premura e lo stesso amore che ha avuto verso Suo Figlio. “Madre ecco tuo figlio; figlio, ecco tua Madre” le disse Cristo dalla croce indicandole il discepolo Giovanni.
Un’icona sbalzata in ottone
Nei giorni immediatamente dopo Natale capisco che è venuto il tempo di dar seguito a questa ispirazione. Si avvicinano i momenti degliauguri per il nuovo anno e intuisco che solo affidandosi a Maria come nostra protettrice, gli auspici di pace, che tutti abbiamo nel cuore come desiderio, possano non restare mere e ingenue illusioni sentimentali. Diciamo che l’eredità del 2023 e le premesse del 2024 non sono delle migliori… Il 30 dicembre ridisegno al tratto la foto, cercando una difficile sintesi, e prolungo la parte inferiore dell’immagine, aggiungendo la parte del braccio che era tagliata e il piede del bambino, così come me lo immagino. So già che un conto è il disegno, un altro il risultato sbalzato sul metallo.
Stampo il disegno della Madonna di Gaza, lo fisso sulla lastra di ottone e, da buon toreuta, (così, come me, avete imparato una parola nuova) inizio la fase di sbalzo e cesello.
Una lavorazione rapida
La sera del 30 ho già terminato la fase di sbalzo. Decido, durante la lavorazione, di non fare il fondo con i caseggiati bombardati in rovina, ma di lasciare il fondo liscio neutro. Temo infatti che la resa non sarebbe venuta bene, per cui mi fermo lì. Certe decisioni le prendo strada facendo, non sono previste fin dall’inizio: dipende da come procede il lavoro e da cosa mi lascio ispirare. In questo caso la figura molto umana della “Madonna di Gaza”, con tutti quei particolari dei vestiti e del volto, mi è sembrata sufficiente per rendere la concretezza dell’aspetto materiale. Le aureole sottolineano invece l’aspetto soprannaturale (e divino nel Figlio), per cui dopo la brunitura deciderò di valorizzarle.
La fase di piegatura delle alette e la brunitura
Il 31-12 smonto l’ambaradan, traccio i segni per la piegatura delle alette, le piego sul supporto in masonite che ho tagliato in misura e le incollo sul suo retro (fase sempre molto ansiogena per me, c’è sempre qualcosa che può andare storto). A questo punto mi dedico alla brunitura dell’ottone con la stesa del mio intruglio segreto alcoolico nero. Lo scopo dell’operazione è aiutare a dare più profondità all’aggetto e al disegno e dare una patina di “antico” al manufatto. Anche questa è una fase delicata: la resa su ottone o su alluminio è sempre diversa. L’ottone mi sembra un po’ più refrattario ad assorbire la colorazione, anche se la lastra viene sgrassata e “passata” a lungo con la paglietta sottile. In generale direi che alla fine il tono dell’ottone scurendosi si raffredda e viene ad assomigliare al bronzo patinato. Sull’alluminio invece avviene il contrario: si “scalda” fino ad assomigliare all’argento ossidato. Questo, comunque il risultato.
Le fasi finali. La doratura delle aureole
A questo punto dovrei dare una mano di vernice Macota spray trasparente, per fissare il risultato. Ma attendo. Poi dovrei decidere se e come dare eventuali colorazioni a smalto. Posticipo la scelta e, invece decido di ripulire subito con alcool isopropilico le aureole e poi sfrisarle a raggiera, in modo da far riemergere “l’oro” dell’ottone puro e pulito. La valorizzazione di questo particolare mi consente di evidenziare l’aspetto soprannaturale dell’immagine. Poi passo il Macota protettivo trasparente.
Aggiunta di alcuni particolari
Devo dire che il risultato così come sta uscendo non mi dispiace affatto. Accantono perciò la scelta di colorare alcunché e, già che ci sono, anche l’eventualità di resinare tutta l’icona (qui un esempio di icona resinata), secondo i procedimenti già messi a punto con gli scorsi lavori. Per due motivi: 1-perché “il troppo stroppia” e anche il tema esige sobrietà; 2- perché stavolta preferisco che il modellato sia palpabile anche col tatto, vista la ricchezza e la preziosità ottenuta. Noto però che sarebbe d’uopo la sottolineatura di alcuni particolari, per dare il tocco finale. Pupille degli occhi, sopracciglia, alcune linee fondamentali che non sono state adeguatamente rimarcate dalla brunitura (e che invece nella foto erano importanti), andrebbero rinforzate con un sottile passaggio di smalto nero. Qui alcune foto dell’icona terminata con un’ulteriore passata di Macota protettiva, da cui si evince che la luce determina moltissimo l’impressione che se ne ricava. Ecco fatto, l’Icona della Madonna di Gaza è terminata:
A questo punto, Buon Anno nuovo a tutti! E che la Madonna di Gaza protegga tutti gli innocenti!
Un’icona sbalzata e smaltata su alluminio effetto argento, completamente resinata
Evviva!!! Una buona notizia per i miei affezionati amici followers: ecco a voi una piccola icona della Madonna con Bambino (misure finita: 9,8 x 14,8 x 1,3 cm) smaltata e resinata fronte-retro che metto in vendita a soli 350 euro. (Per i milanesi non c’è problema, per gli altri vanno calcolate in più le spese di spedizione postale). Quindi, affrettatevi, amici, non fatevi sfuggire questa ghiotta occasione! Ottobre, come Maggio, è il mese della Madonna, per cui un affettuoso omaggio alla nostra mamma celeste è più che doveroso, no?
Chi fosse interessato mi contatti privatamente e mi comunichi il suo interesse per l’acquisto di quest’opera adatta a essere regalata o a divenire ispirazione di devozione personale, comunitaria o familiare alla SS. Vergine Maria.
Troppo cara? NO.
La Madonna certamente sì, il prezzo no. Giudicate voi: oltre al valore artistico implicito nell’opera, il cui disegno della Madonna con Bambino, (opportunamente modificato secondo le mie esigenze), è tratto con la sigla n° 0202 dall’Archivio dei disegni di mio padre Ettore Paganini, in quest’opera unica c’è la lavorazione a sbalzo su lastra di metallo, la brunitura, la smaltatura e la ricopertura di resina epossidica che garantisce al prezioso manufatto una durata pressoché infinita nel tempo ma ha il difetto di costare un po’.
A proposito di tempo
Ecco, a proposito di tempo, va considerato anche il tempo richiesto per realizzare l’opera (10 giorni), di cui la parte dedicata alla resinatura e alla levigatura, (di cui parlerò più avanti), occupa una parte considerevole, fatta anche di necessari tempi di attesa perché le reazioni chimiche si compiano e stabilizzino. Considerate che mi accingo a realizzare questo progetto il 20 di Ottobre, dopo che mi sono reso conto che non ho nulla di pronto che possa essere venduto nel caso qualcuno mi chiedesse un’icona da regalare o da avere in casa. Solo oggi, il 30 di Ottobre, posso dire di aver terminato l’opera.
Ma andiamo con ordine.
Fase di sbalzo
Dopo le necessarie fasi di pulizia della lastra, nella giornata del 20 porto a termine la fase di sbalzo. Qui lo sbalzo dal fronte e dal retro. Come sempre la difficoltà più grande la sperimento sbalzando e “cesellando” i volti: basta un nonnulla perché l’espressione cambi e sia difficile poi recuperare le fattezze desiderate. Il 20 sera monto la lastra sul supporto, tagliato in misura, di masonite. Metto tutto sotto pressione per tutta la notte.
La brunitura
Il 21 ottobre mi dedico alla brunitura chimica della lastra della Madonna con Bambino, ottenuta, dopo profonda pulizia e sgrassatura, stendendo il mio intruglio alcoolico nero (dalla composizione tanto segreta che non me la ricordo neppure io) e ripulendo poi la superficie massaggiandola vigorosamente con straccetti di carta da cucina e un po’ di alcool denaturato. La lastra deve essere già stata montata sul suo supporto rigido e irrobustita con colla di montaggio dietro le cavità principali, per evitare di sfondare i volumi rialzati in sbalzo.
Se andate a leggere i precedenti post delle icone realizzate, ad esempio questa della Madonna ad hoc per Gianni, trovate il procedimento che uso ormai in modo “consolidato” sia sull’alluminio che sull’ottone, dando, evidentemente risultati diversi. Dopo la brunitura fisso il risultato con vernice trasparente MACOTA, per evitare gli errori commessi nell’icona della Presentazione al tempio
Fase di smaltatura
Con gli smalti per vetro riempio le campiture delle aureole e del riquadro alle spalle della Madonna con Bambino. Lascio asciugare, ed ecco il risultato. Ancora una volta devo decidere se resinare o no, visti i rischi (sempre dietro l’angolo) a cui si va incontro in quella fase. Ma oramai la strada è tracciata: anche saper eventualmente correggere errori ed imprevisti (che inevitabilmente si presentano) fa parte di una professionalità acquisita e consolidata.
Resinatura del retro
Come l’ultima volta decido che il sistema migliore per resinare è farlo in 2 parti: prima il retro. Dopo aver applicato un foglio di adesivo oro sopra le alette e su di esso la mia etichetta protetta da adesivo trasparente e segnato con un pennarello il numero 0202 sulla lastra, costruisco attorno al perimetro una micro-cassaforma leggera con scotch di carta che aderisce ai bordi, alla quale associo a filo nella parte libera rimasta adesiva un tiro di scotch trasparente normale spalmato di distaccante. In questo modo la resina (2 mm circa) proteggerà il retro, potrò staccare il bordo contenitivo senza problemi e procedere poi con la resinatura in cassaforma rigida del fronte.
2 errori pazzeschi
Primo errore: quando colo la resina (iCrystal della Resin Pro) mi sembra che il piano non sia in bolla perfettamente e allora infilo da una parte, sotto all’ambaradan, un piccolo spessore di un millimetro: troppo! Ma me ne accorgerò solo quando smonto la cassaforma. La colata non è in piano. Inoltre in una zona abbastanza ampia la resina risulta non perfettamente consolidata: forse, accidenti, non ho mescolato perfettamente i due componenti o la resina è un po’ vecchia. (E quindi, comunque, va fatta una ulteriore colata correttiva). Devo aspettare ancora una giornata almeno perché la resina si stabilizzi.
Secondo errore: Rifaccio l’operazione, dopo aver comunque levigato i bordi e riportato i margini al piano. Peccato che il complesso di oggetto e cassaforma, appoggiato un po’ rialzato su un piccolo cuscinetto di plastica spugnosa (per evitare che sporchi il davanti dell’icona nel caso dovesse colar fuori qualcosa dallo scotch/cassaforma) su un’asse che tengo come superficie contenitiva, non faccia bene il suo mestiere e da un microscopico pertugio in un angolo la resina cola dalla cassaforma, trova la spugnetta di plastica troppo larga e fa da colla tra quella e il fronte dell’icona. Il giorno dopo quando spacchetto la cassaforma: NOOOOO!!!! Un disastro, mani nei capelli e imprecazioni (…che, trattandosi di un’opera a carattere devozionale, non è proprio il massimo…).
Mai perdersi d’animo
Calma! Con un cutter affilato stacco delicatamente la maggior parte della spugnetta Bianco/trasparente aderita all’icona. Ma devo fare attenzione a non arrivare a grattare e rovinare la cornice brunita. Quando vedo che il rischio è troppo grande lascio perdere. La spugna è faticosamente eliminata e ciò che resta è solo resina raggrinzita. Però, penso, resina + resina, l’effetto potrebbe venir “riassorbito” dalla nuova colata sul fronte. Nell’esperienza ho visto che potrebbe essere una soluzione plausibile, anche se la tentazione di cercar di eliminare tutte le imperfezioni subito è grandissima. (Ma potrebbe avvenire come nella parabola del loglio e del buon grano, quindi meglio non aver la pretesa di sistemare tutto subito e sradicare con la zizzania anche il buon grano). Come recita il proverbio: “Il meglio è nemico del bene”.
Resinatura del fronte
Insomma, si lavora sempre rischiando sul filo del rasoio: alcune cose si possono recuperare, altre no. Se la resinatura non dovesse correggere l’errore il danno sarebbe stavolta irrecuperabile. Allora si rischia. Fatta la nuova cassaforma (e qui bisognerebbe aprire una parentesi sugli accorgimenti che ho usato per proteggere il retro già finito, ma non la apro), mettendo i miei bravi distanziatori che consentono di avere resina anche nei bordi esterni all’icona, scelgo questa volta una resina nuova (La “Liquidissima” di Resin Pro) che, almeno dal nome, promette di arrivare a coprire facilmente tutte le superfici e creare poche bolle.
Mescolo al meglio che posso, a bagnomaria nell’acqua calda, dopo aver fatto il calcolo dei due componenti (questa resina è diversa dalle altre usate in precedenza), verso in un colino di tulle auto-costruito per evitare che si depositino grumi o cristallizzazioni non voluti (come accade spesso con la iCrystal) e spando uniformemente su tutta la superficie. Qualche bolla vien su e la elimino con lo spillo e il phon caldo.
A volte il troppo stroppia
Recitava il testo di una vignetta del mio amico Livio:” Non dobbiamo ripetere gli errori del passato!” “Tranquillo, ne inventeremo di nuovi!”. Non ci facciamo mancare nulla: per togliere una bollicina o un pelucco capitato lì per caso sulla resina che ormai sta reagendo con lo spillo muovo un po’ la superficie nell’angolo in basso a destra. Al momento sembra che tutto si rimargini fantasticamente. In realtà a reazione avvenuta noto che si è creata una piccola imperfezione, come una specie di moto convettivo interno. Vediamo se lucidando si elimina. Ma il resto della superficie è perfettamente lucida, sarebbe un peccato rovinarla, comincio allora a levigare a dovere i bordi e spianare tutta la parte rialzata della “cornice”. Prima lucidatura.
Non mi piace, stavolta devo levigare sul serio
Il difetto si vede troppo, devo scavare un po’ di più partendo da abrasivi almeno di 400° per arrivare salendo fino ai 10.000° e al polish con tampone di gommapiuma e feltro lucidante. Ci vuole ancora del tempo per essere sicuri della totalmente avvenuta solidificazione della resina. Mi piange il cuore al pensiero di dover passare gli abrasivi sulla lucidissima superficie naturale della resina, ma …”quanno ce vo’, ce vo'”!
Nuova lucidatura
Con la roto-orbitante ci dò dentro per oltre un’ora e alla fine mi ritengo abbastanza soddisfatto: solo a guardare “di sguincio” e controluce si intravvede ancora qualcosina, ma a questo punto, vista la profondità della leggerissima imperfezione, mi rifaccio al suddetto proverbio del meglio nemico del bene e considero finalmente terminata l’opera. 30-10-2023. Che sudata! Bella però, neh!?
Il supporto per comodino
Il 14-12-23 introduco una novità per facilitarne l’utilizzo. Praticando due forellini sul retro consento a chi acquisterà la preziosa Icona di poterla appendere alla parete con un chiodino che entri nel buco superiore. Contemporaneamente fornisco anche il semplice supporto metallico inserito nei due forellini per posizionare l’icona sul piano di un mobile. Spero che la soluzione risulti gradita a chi la acquisterà.
Penso anche che per le prossime icone resinate utilizzerò il medesimo sistema, semplice ma efficace.
Post Scriptum (che avrei voluto evitare…)
Luglio 2024: la bella icona è posizionata su un mobile all’ingresso di casa. Un giorno di fine giugno mi accorgo che nelle campiture blu del fondo sta cambiando qualcosa. Sotto la resina. Come se si fosse creata una piccola bolla o un distacco tra resina e smalto epossidico che modifica il blu in un turchese. Cavoli, che peccato, mi dico, una imperfezione che rovina un po’ l’effetto finale! Eh, perché non so ancora cosa accadrà di lì a qualche giorno. Sarà il caldo milanese di luglio, sarà un difetto nella colatura o nella reazione di indurimento della resina (ma viene fuori dopo 10 mesi?), sarà, sarà…. Che disastro! lo smalto si è come staccato da sotto la resina e si sta espandendo e allargando oltre tutte le previsioni!
Mai successa una roba del genere, e spero, ovviamente, che non succeda mai più: ma da ora in poi, chi può più fidarsi della resinatura? Mi toccherà provare a cambiare marca dei prodotti. Ovvio che conciata così non posso più venderla, mi spiace molto. Mi toccherà rifarla.
Sbalzo, smalto e resina. Una Madonna che colma e sana un’omissione nei confronti di un amico da una/per la/della vita.
Siamo a metà settembre e un piccolo cenno di Gianni ad una mia opera appesa in casa di amici comuni mi fa sobbalzare. Touché! Cavoli, è vero: ho regalato i miei sbalzi a un mucchio di amici, ma finora Gianni non ha ancora avuto nulla, neanche una Madonna con Bambino minuscola o un altro soggetto religioso. Potrei trovare una scusa molto bella del tipo “aspettavo di arrivare ad un buon livello tecnico”… ma non so se regge… Mi metto quindi di buona lena all’opera. Bisogna rimediare al più presto.
La scelta del soggetto e delle misure
Individuo nella Madonna 0093 dell’archivio di mio padre il soggetto più adatto per questa nuova Madonna con Bambino.
Seleziono il jpg, lo porto in Illustrator e faccio alcune piccole modifiche sul disegno (arco e colonne, sistemazione delle aureole), che stampo per poterlo applicare alla lastra di ottone. Le misure finali saranno di circa 9,11 x 12,4 cm. Ah, stavolta decido subito che resinerò l’opera, basta dubbi e reticenze, la strada più giusta è quella, se voglio che gli smalti durino qualche anno, e inoltre, ogni esperienza in più con le resine fa solo bene.
All’opera!
Può sembrare una cosa inutile, ma per chi non ha mai visto una lastra lastra di ottone di quelle che uso, forse capire cos’è e com’è fatta risulta una buona cosa. A differenza di quelle di alluminio delle lastra da stampa offset questa è già pronta, non ha bisogno di essere pulita e pretrattata.
Il 22-09 sbalzo il soggetto e praticamente termino questa delicata fase, tagliando già anche le alette da ripiegare sul retro del supporto rigido. In una giornata porto avanti bene il lavoro.
Piegatura e fissaggio
Sempre in giornata taglio il supporto di masonite pesante in misura e fisso la lastra sul suo supporto. La lucido con la paglietta sottile e la sgrasso con l’alcool isopropilico. Ecco, devo dire che arrivati a questa fase del lavoro, mi viene sempre il dubbio se fermarmi lì o proseguire nelle altre fasi. Ma è un tentazione che denota solo pigrizia: Avanti!
A questo punto, perché il tutto si incolli e solidifichi a dovere metto il tutto sotto pressione con un grosso peso e lascio passare la nottata.
Patinaggio artistico
Ho notato che la patina nera sullo sbalzo di ottone raffredda un po’ il tono del metallo, ma al contempo lo valorizza dando profondità e un tono di antico. Patino il tutto col tampone spugnoso auto-costruito imbevuto del mio intruglio alcoolico segreto (devo fare l’operazione un paio di volte perché è difficile evitare brutte macchiature); tolgo la tinta in eccesso e gli do poi una mano di vernice trasparente fissativa spray Macota (ho imparato la lezione della Presentazione al tempio). Anche a questo step il dubbio se proseguire o meno affiora con insistenza, ma… avanti!
Gli smalti
Smalti per vetro, come al solito. A presa rapida… sarà il fondo col Macota, ma l’azzurro quasi non mi lascia il tempo di stenderlo. Rischio il disastro. Decido per questa Madonna con Bambino di non esagerare coi colori, azzurro per il fondo e qualcosa sulle aureole. Il troppo stroppia e poi i cocci sono miei…
Il tempo delle resine
Le colate avvengono in due fasi. La prima, del retro, con una bordatura di scotch di carta irrobustita da cartoncino plastificato e trattato con la cera liquida distaccante. Due giorni dopo, liberato il bordo e portata in piano la resinatura posteriore, preparo la cassaforma per la colata del fronte con legni fissati sul piano a silicone e trattati col distaccante.
RISCHIO!
Resinare è sempre un rischio, non sai mai cosa ti riserva l’operazione: colature, bolle, moti convettivi, particelle di sporco piovute da chissà dove, grinze… Altro che amorfa plastica liquida, la resina è un materiale vivo, fino a quando non è proprio morto e ha terminato tutte le reazioni del composto bicomponente epossidico. In due o tre giorni la puoi trattare con la rotoorbitante e i dischi abrasivi e lucidare con una certa sicurezza di non fare danni.
Collaterali ma importanti
Sempreché le dosi di A e B siano state corrette perfettamente in percentuale, beninteso. Scartavetrare, lucidare e passare la mano di polish è ancora a dose di rischio notevole: se per sbaglio fai un graffio più profondo del dovuto, per correggerlo devi tornare indietro fino al numero di carta abrasiva più grossa corrispondente e poi, di grana in grana, risalire fino alle più fini. In genere parto per sgrossare dalla grana 80 (e qui di graffi profondi ne fai a iosa) e di 40 in 40 risalgo fino alla 600, poi la 800, la 1000, 1200, 1500, 2000, 3000, 4000 su su fino alla 10000 davvero impalpabile. Poi è il turno del platorello spugna col Polish, quindi il vello lucidante per il tocco finale.
Ovvio che tutte queste operazioni van fatte in sicurezza con la maschera filtrata su naso, bocca e occhi e si suda molto. Insomma, oltre al bel corso fatto di ResinPro, ci vuol pazienza, se uno non ce l’ha, la impara. Se no cambia mestiere.
Fasi finali
Libero la formella della nuova Madonna con Bambino dalla sua cassaforma. E poi via alla levigatura, dopo un po’ di attesa per essere sicuri che la resina si sia ben solidificata.
Il giorno seguente, l’1-10, siamo a questo punto: ho levigato i bordi e ho lucidato le superfici.
E’ finalmente giunta l’ora di preparare un regalo (San Giuseppe. Un dono) a cui pensavo da tempo, ma che ha sempre trovato sulla strada della sua realizzazione l’opposizione della mia pigrizia atavica e la mancanza di tempo, di ispirazione, ecc. Ora i tempi (e le tecniche) sono maturi ed è evidente che non posso dilazionare oltre questo lavoro a sbalzo e smalti su alluminio. L’amicizia, per esprimersi, a volte ha bisogno di segni, anche semplici, tutto qui. Ora urge. Basta magliette, polo e indumenti tecnici, spazio all’arte!
Un soggetto adeguato
Sfogliando tra le opere di mio padre Ettore, recentemente mi sono imbattuto in una bella composizione di smalti sulla Vita di san Giuseppe (era custodita in casa di mia mamma, ora di mio fratello Marco), in cui troneggia splendida la figura di San Giuseppe col bambino in braccio. Mi piaceva la semplicità delle figure e la ricchezza dell’aureola, che esprimevano affetto e cura, amore del Figlio verso il padre putativo, partecipazione dell’autore alla vocazione paterna e a quella artigiana del santo protettore della Chiesa. Nell’originale che qui vi mostro, (il disegno preparatorio è il n° 0117) il contorno delle vicende evangeliche dell’infanzia di Gesù (Sposalizio con la Vergine Maria, Fuga in Egitto, Giuseppe lavoratore che insegna il mestiere al figlio, gloria di san Giuseppe protettore della Chiesa universale) arricchivano di significato le due figure centrali. Però sono rimasto attratto soprattutto da queste e mi così mi sono tornate alla mente al momento di decidere cosa rappresentare nel regalo di compleanno per Guido.
Poteva essere altro?
Avevo pensato anche all’ipotesi di una “Madonnina”, ma tutto considerato alla fine la scelta è caduta su questa figura, che mi sembrava più adatta a Guido, padre e nonno, lavoratore indefesso come “carpentiere costruttore di opere” ossia direttore di enti assistenziali e caritatevoli, amico vero da una vita e per la vita. Per adeguare il tutto alle misure desiderate (circa 10 x 21 cm) parto dalla foto dell’opera a smalto e non dal disegno: in Illustrator sistemo la geometria dell’aureola e del vano architettonico stondato di fondo, stampo la bozza e la applico sulla lastra di alluminio. Tutto secondo la norma, il procedimento che ho messo a fuoco nel tempo. E’ il 4-7-23.
Da certi errori non imparo mai
Forse preso dalla fretta di iniziare mi dimentico però di fare un’operazione che una volta facevo sempre sulla lastra di alluminio, prima di cominciare lo sbalzo: pulire a fondo strofinando forte con paglietta fine, alcool denaturato, sgrassatore, acqua e Cif, e infine diluente e poi ancora alcool isopropilico, la superficie della lastra tipografica, che, dalla parte non emulsionata è ricoperta da un sottilissimo, quanto tenace, strato di una specie di vernicetta trasparente che fa brillare a specchio la superficie, ma trattiene fastidiosi segni della calandratura della lastra che poi salteranno immancabilmente fuori rovinando l’effetto finale. Invece occorrerebbe partire dalla lastra già ripulita da tutti i segni (resta, è vero, un po’ opaca e non più lucida): se no a sbalzo fatto sarà difficilissimo, se non impossibile ottenere un buon risultato. Come una stupida gazza ladra mi faccio irretire dallo “sbarluccichio” della superficie, non vedo i difetti e inizio lo sbalzo. Con baldanza ingenua, anzi sciocca. La pagherò poco più avanti. Tranquilli, la materia non perdona e la realtà è testarda.
Lo sbalzo
L’8 luglio lo sbalzo è quasi terminato. Non ci ho lavorato con continuità. I lavori di impermeabilizzazione del terrazzo e i muratori da seguire son cose che portan via tempo, specialmente ad un “Umarell” professionista come me. Purtroppo i difetti della lastra sono così evidenti che devo cercare di toglierli a sbalzo quasi finito, col rischio di schiacciare i volumi. Qui vediamo il retro e il fronte della lastra, che, dalla metà in giù, è tutta segnata dal difetto di righe e striature orizzontali.
Poche idee, ma ben confuse
Imbottisco allora il retro dello sbalzo per rinforzarlo ed evitare che si schiacci durante il tentativo di lucidatura. Intanto, a furia di passar paglietta e detersivi qualcosa del fondo migliora. E’ già qualcosa non dover rifare tutto, non vi pare? A questo punto devo anche decidere come finirò l’opera: patinata tipo argento e anticata come la precedente? Smaltata tutta o solo in parte? E quali parti, nel caso? Resinata, come da consolidato trend degli ultimi mesi o no?
Brunitura, è deciso
Passo quindi la stesa di tintura per la brunitura. Effetto: alla luce led, mica male. Alla luce del sole uno schifo: troppo scura e macchiata, con assurdi aloni dorati sulle linee di disegno principali (strana reazione, da studiare un domani) e continuare a strofinare con alcool denaturato non porta a nessun miglioramento. Boh, ci penso su nel tentativo di trovare il modo di migliorare la resa. Intanto taglio le alette per il montaggio sul supporto (e questa volta taglio per il supporto un lastra di masonite spessa 6 millimetri, col vibrarazer). Qui la prima brunitura, molto scura, macchiata ed evidente.
Allora si rifa
E’ irrecuperabile, forse l’unica possibilità è ripulire lo sbalzo e rifare la brunitura. Il 9-7 tento con l’alcool isopropilico, ben diverso da quello denaturato (che al confronto è acqua fresca). In un battibaleno siamo tornati alla situazione ante brunitura. A questo punto monto lo sbalzo sul suo supporto di masonite, con colla di montaggio tra sbalzo e masonite e Bostick per fissare le alette posteriori. Metto sotto pesi per sigillare bene il tutto durante tutta la mattinata. Al pomeriggio ripulisco e sgrasso per bene il tutto e ri-distendo la mistura un po’ più diluita e con un attrezzino tipo spatola fatto di gommapiuma per spalmare uniformemente il liquido. Poi sfregamento come di norma. Una passatina di vernice protettiva Macota per fissare la brunitura e non incappare nell’errore dell’ultima volta, quando lo smalto ha sciolto la patina scura, sporcandosi. Ecco il risultato, assolutamente migliore del precedente, anche se non perfetto.
Smalti e ultimi particolari prima del montaggio in cornice
A questo punto posso procedere, con tranquillità, con gli interventi a smalto epossidico: rinforzo col nero i tratti del disegno principali e stendo gli smalti sull’aureola, cercando di non discostarmi troppo dalle cromie dell’originale paterno. Et voilà! Sono indeciso se smaltare anche il fondo. Poi, un po’ per pigrizia, un po’ perché già molto soddisfatto dal risultato raggiunto mi fermo qui.
A questo punto come lo monto o lo finisco?
Non è che posso regalare una formella così nuda e cruda. O la resino (tentazione fortissima) o la incornicio. Anche in questo caso propendo per la seconda ipotesi, la prima è troppo rischiosa: non avrei tempo di rifare alcunché nel caso andasse storto qualcosa. Mi sovviene che in cantina ho ancora qualche cornice ereditata dallo zio Michele. Trovata, misure perfette, nonostante debba sostituire anche per questa la controcornicetta dorata interna, tagliare un nuovo pannello di legno o simile, creare una controcornice distanziatrice che mi dia lo spessore sufficiente per distanziare la formella dal vetro (almeno 6 millimetri). Mi faccio i complimenti perché, non buttando mai nulla, posso recuperare dei profilatini a sezione quadrata di legno che sembrano fatti apposta. Tagliati, incollati, perfetti. Panno blu scuro (come quello della Presentazione al tempio) a rivestire il fondo; misure, biadesivo e 4 chiodini a fissare la formella sul fondo. Ottimo, il regalo è pronto. Il primo di Agosto si avvicina… Auguri, Guido!
Buon compleanno!
Oltre a noi Paganini partecipano di cuore agli auguri anche gli amici, Francesca e Mauro, Anna e Ignazio, Alberto e Manuela e Chiara.
Per introdurci al tema della Fede ci viene presentata le scena dellaPresentazione di Gesù al Tempio in cui Simeone, l’uomo giusto e pio, mosso dallo Spirito si reca per abbracciare, nella fede del popolo di Israele, in quel bambinetto di 40 giorni chiamato Gesù, il Mistero del Dio incarnato, il Messia atteso, luce e salvezza per tutto il mondo. Canta poi le lodi a Dio col suo “Nunc dimittis”, riconoscimento del compimento della sua attesa. Inno quotidiano della Compieta in cui si fa memoria a fine giornata della Salvezza universale che ci ha raggiunti. Scorrono in video le immagini che rappresentano la scena, tratte dalla tradizione artistica cristiana, durante l’attesa della lezione dell’Abate generale dell’Ordine Cistercense Padre Mauro-Giuseppe Lepori. Tra di esse ce n’è una (la n° 29), parte di un complesso iconografico straordinario, che quando la vedo mi fa sempre sobbalzare per la sua bellezza: la scena della Presentazione al Tempio è rappresentata incisa su una tavoletta d’avorio del tesoro medievale della cattedrale salernitana. (Consiglio la lettura del contenuto dei Link, è davvero molto interessante!)
67 formelle meravigliose (ma, in origine erano molte di più)
Le descrizioni più serie e dettagliate di questo tesoro artistico e religioso narrano di un numero molto più grande di formelle eburnee, attribuibili stilisticamente ad almeno tre maestri incisori provenienti da diverse scuole dell’epoca. La Presentazione in oggetto è attribuibile al “Maestro dell’Infanzia di Cristo”. (Oggi si ha contezza di sole 67 formelle, sparse tra il museo della cattedrale di Salerno e diversi musei esteri. Le altre formelle che si ipotizzano mancanti dalla ricostruzione del complesso iconografico o sono state trafugate, o smembrate in frammenti, o risultano comunque disperse). Queste sono le fondamentali premesse storico-artistiche che chiariscono la fonte di ispirazione dell’opera che vado a presentarvi.
Ispirazione e riconoscenza
Leggendo il testo degli Esercizi 2023 cresce ogni giorno di più la riconoscenza per un dono così grande che la Fraternità, per mezzo di padre Lepori, ci offre anche quest’anno per approfondire le ragioni della nostra vita di fede. Allora affiora alla mente e dal cuore il desiderio di creare un segno di gratitudine che anche artisticamente richiami alla memoria l’evento vissuto, perché la ragione va di pari passo con l’affezione. Unisci i puntini con un trattino ed ecco che appare proprio questa immagine, da trasporre in sbalzo su metallo.
Seconda premessa
Il valore economico di questa opera, (e di lavoro ce n’è dentro un sacco), alla fine è puramente affettivo, e ho deciso di donarla a padre Lepori e al suo Ordine: ogni prezzo (che abbia nel frattempo immaginato e comunicato a qualcuno) non corrisponderebbe al valore che le attribuisco di fatto. La intendo così offrire come un dono condiviso con i miei amici di cammino che intendono anche loro ringraziare padre Lepori.
Il disegno
Così ridisegno la scena della Presentazione di Gesù al Tempio, modificandola liberamente secondo le mie capacità ed esigenze per adattarla al progetto che si delinea nella mia mente. Una delle modifiche, per esempio, è deformare in altezza le figure, dal busto in giù (erano dei “tappi” nel medioevo) e la testa del Bambino che mi sembra un microcefalo sproporzionato, per avvicinarmi di più alle proporzioni moderne. (Oddio…, il Bambino, per essere di 40 giorni sembra enorme, di 5-6 anni almeno, ma nell’iconografia orientale Gesù Bambino ha sempre le sembianze e le proporzioni di un adulto perché in Lui la maturità/pienezza di umanità e divinità non è mai venuta meno e quindi è una scelta teologica, non estetica). Io faccio un allegro compromesso “moderno” tra le due scelte. Modifico ovviamente anche i volti e un po’ di particolari, secondo il mio stile.
Inizio a sbalzare la lastra
19,8 x 17,8 sono le dimensioni della cornice esterna del disegno originale. Poi con la modifica dell’altezza diventa 19,8 x 18,4. Misure abbastanza ragguardevoli per i miei standard. La lastra ovviamente è molto più grande, per poter essere ripiegata sul supporto rigido. Decido che userò questa volta una lastra di alluminio perché l’ottone mi sembra che dia un carattere molto, troppo diverso da quello degli avori originali. Tra disegno e lastra inserisco un foglio di carta carbone per aiutarmi ad individuare le linee del disegno in fase di cesello. Ancora non so se questa volta resinerò tutto. (Nel frattempo ordino comunque nuove resine, non si sa mai…). Non vorrei dare un’impressione troppo “moderna” all’opera, che vorrei mantenesse un carattere antico.
Sbalzare, e poi?
Il lavoro dello sbalzo inizia con l’incisione, poi, man mano che si prosegue si definiscono i particolari sul fronte e il retro e si accentuano i volumi e l’aggetto. In un paio di giorni il grosso dello sbalzo è terminato. Poi andrò avanti qualche giorno a far modifiche, apportare dettagli e migliorie fino a che non sono soddisfatto. Una decisione fondamentale che prendo a fine sbalzo è quella di ritentare a patinare di nero la lastra col mio intruglio alcoolico a base nera di grafite, anilina e pennarelli sciolti usato in precedenza. Ne ho conservato una boccetta, anche perché se dovessi rifarlo non mi ricordo più né composizione precisa né dosi: sono un asino. Passo prima la paglietta fine a lucidare la lastra poi la sgrasso col CIF, poi risciacquo con acqua, la passo col diluente acetone e infine con alcool. Passo col pennello la tintura, la faccio asciugare, poi tolgo con lo scottex imbevuto d’alcool ciò che è in eccesso e a furia di strofinare la lastra si brunisce a dovere lasciando solo il disegno più marcato e una sensazione di volumi maggiori. Comunque la sera dell’8 maggio, con la Presentazione di Gesù al Tempio, arriviamo a questo punto:
Sembra proprio argento!
Lasciatemelo dire: uno splendore! A parte la correzione di un guaio (AAARRRGGHHHH! Maledetta goccia di diluente caduta accidentalmente sulla cornice di sinistra, che però riesco a medicare con pazienza ri-patinando solo la porzione interessata), mi sembra corrispondente a quanto desideravo e non mi sarei mai aspettato in tal misura. Quando tra le mani ti accade una cosa così, che va al di là delle tue capacità pregresse, altro che essere riconoscenti di un dono! Ti chiedi: “Ma davvero l’ho fatta io?” Che preziosità! Sembra proprio una lastra di argento sbalzato, solo un filo più fredda di tono. Altro che semplice lastra tipografica di alluminio!
Istruzioni per rischiare di rovinare tutto
Taglio le solite alette della lastra e le ripiego sul retro della masonite preparata in misura della cornice del disegno. Fisso e incollo il tutto sotto pressione per un paio di giorni con pesi e gommapiuma. Molto bene. Adesso, come posso rovinare tutto? Smaltando almeno le aureole? Certo. Uso i nuovi smalti per vetro e li allungo col medium trasparente. Prima (accidenti!) di dare una leggera passata di vernice protettiva Macota, ovviamente. “Non è che potevi pensarci prima che lo smalto avrebbe smosso la patina nera sporcandosi, vero?” Faccio buon viso a cattivo gioco: prima mi giustifico dicendo che così l’effetto è molto più anticato (boh…) e poi, per spegnere la coda di paglia, do una passata finale di Macota, quando ormai i buoi sono scappati. Mi consolo pensando che è stata l’occasione di imparare ancora qualcosa e che forse la prossima volta che userò la patina liquida, dovrò PRIMA fissare tutto col Macota e solo POI stendere gli smalti.
Concludendo…
Per farla breve, decido che la lastra rimarrà così, solo protetta dalla vernice Macota e non resinata, anche perché prudenza suggerisce che forse sarebbe meglio fare prima una prova di resinatura su lastra patinata, cosa che non ho ancora fatto. Poi, pensando alla versione “regalo” della Presentazione di Gesù al Tempio mi torna in mente che in cantina ho messo via delle cornici di legno dorato nuove che erano in casa dello zio pittore Michele Sessa (marito della zia Ilde Venturini di cui ho già parlato in altri post precedenti). Trovata quella dalle dimensioni più adatte (38×44) la smonto per pulire il vetro e adattare la cornice, rifaccio il fondo di pressato per sostituire la controcornicetta interna non in misura, lo ricopro di panno blu scurissimo, apporto i fori per i 4 piccoli sostegni al fondo e rimonto il tutto. Ecco quindi il risultato finale: la Presentazione di Gesù al Tempio incorniciata.
La consegna del dono
Alla fine, avendo deciso di donare l’opera a Padre Mauro Lepori, anche a nome degli amici della Fraternità e delle Scuole di comunità, avendo visto dal programma del Meeting di Rimini che Padre Mauro sarebbe stato presente alla manifestazione ho cercato di contattarlo attraverso la segreteria, poi con una serie di colpi di scena e di imprevisti, alla fine lo abbiamo raggiunto, contattando il suo steward, al termine della visita di una mostra. Qui il video del brevissimo momento.
Il biglietto
In allegato il biglietto che accompagnava il quadro, in cui cercavo di esprimere tutti i sentimenti e le ragioni che sottendevano al gesto. Un grande grazie a tutti gli amici che mi hanno aiutato, accompagnato, supportato e sopportato. Ancora un grazie a Padre Lepori che ha gradito tantissimo l’opera.
Quando è deceduta la cara zia Ilde nel 2021, tra le diverse cose trovate e salvate dalla sua stanza di preghiera, saltata fuori dal cassettino dell’inginocchiatoio, mi era rimasta in una scatola una immaginetta reliquia, con un brandello di stoffa cardinalizia appartenuta alle vesti dell’Arcivescovo di Milano card. Alfredo Ildefonso Schuster, del 1935; la paura di perderla o rovinarla mi aveva indotto a pensare a come proteggerla e valorizzarla utilizzandola in una nuova icona/reliquiario dedicata al Beato Schuster.
L’idea mi frullava nella testa da tempo, ma poi ho deciso di realizzare l’opera in vista di un paio di occasioni che si profilavano all’orizzonte.
Come anticipavo in un precedente Post, ecco venuto il momento di parlare di quest’opera. Oramai la passione per la resinatura è difficile da contenere. Tanto più se l’oggetto che si sta formando nella mente è proprio un contenitore di reliquia, che abbia da un lato uno dei miei sbalzi su ottone smaltato e dall’altro la preziosa immaginetta con la reliquia.
Il progetto prende forma
10 Maggio. Prima cosa, come sempre cercare una immagine di Alfredo Ildefonso Schuster che possa essere rappresentata a sbalzo. Non ho immagini dell’archivio paterno, (Ettore Paganini – non mi ha lasciato alcun bozzetto del Beato) quindi cerco in internet, e fra le poche che trovo ne individuo una che può fare al caso mio. Sembra più un ritratto ufficiale che lo rappresenta un po’ anziano, ma mi sembra ottima da riprodurre. Eccola:
Il disegno secondo la solita procedura
Parto allora a disegnare a video, su carta da lucido, la bozza da applicare sulla lastra di ottone e in breve questa fase è realizzata.
Porto in misura (112,5×166,5 circa) e definisco meglio il progetto in Illustrator, poi stampo il tutto e applico alla lastra. Decido poi che eviterò il reticolo di linee del fondo, che incasinano e basta. (In realtà lascerò poi qualcosa, ma ad hoc, per nascondere puntualmente dei difetti della lastra che si era un po’ segnata).
Si sbalza!
Al solito procedo col trasferimento della figura e inizio a sbalzare fronte e retro, e, come al solito le difficoltà più grosse sono nei particolari del viso. Mi fa godere un casino il panneggio del mantello, che immagino già smaltato di rosso cardinalizio. Quanto alla resa della cotta bianca (si dice rocchetto?) che dovrò smaltare di smalto bianco, la cosa inizia ad intimorirmi, però sono tutte cose che passano per la mente mentre sbalzo, man mano che il lavoro avanza. Non si ripetono mai allo stesso modo i gesti artigianali. Ogni gesto apre mondi di immaginazione su come procedere: ogni opera, da questo punto di vista è nuova e ogni volta c’è da imparare qualcosa e da affrontare e risolvere problemi nuovi.
Resinatura posteriore
14 Maggio: prima di smaltare, (non si sa mai cosa potrebbe succedere se le resinature non dovessero essere perfette, colare dove non devono e rovinare lo smalto irrimediabilmente) decido di fare una prima sottile resinatura sul retro, dove c’è la reliquia. Immaginetta che però devo proteggere perché la resina che è una brutta bestia molto aggressiva potrebbe rovinarla. La metto sotto un foglietto di acetato trasparente ricoperto da un foglio adesivo trasparente che la attacchi in modo impermeabile al fondo adesivo dorato che chiude le alette posteriori dello sbalzo. Poi attacco la mia etichetta e anche su di essa applico l’adesivo trasparente. Alla fine costruisco col nastro adesivo di carta e alcuni cartoncini che diano rigidità, una semplice cassaforma nella quale colare lo strato di resina. Metto il tutto su un supporto che alzi il pannello “da terra” in modo che se qualcosa colasse, andando sul fronte, non rovini la superficie sbalzata.
La rifinitura del retro resinato
Sembrerebbe fatta, no? No. Stacco la cassaforma e levigo grossolanamente i bordi che erano a rilievo. Questo perché l’intenzione sarebbe quella di fare prima questa resinatura per bene, poi fare quella anteriore tenendo sollevato l’oggetto nella cassaforma definitiva con dei brillantini applicati e incollati anche nella cassaforma, in modo da inglobare tutto in un’unica resinatura finale e, se ci fossero dei difetti, lo spessore totale si potrà levigare con buon margine di sicurezza ripareggiando le superfici.
15-5-23. Ecco il risultato parziale: si vede già un problema. La resina (che si infila dove vuole lei!) ha intaccato un po’ l’etichetta, nonostante l’adesivo che la ricopriva. Poco male, in fondo si è rovinato solo il mio nome: ma questo mi fa pensare che dovrò trovare una soluzione valida per evitare lo stesso problema sul cartiglio anteriore: lo spruzzerò fino allo spasimo con la vernice Macota, in modo che sia intriso di vernice uniformemente e non assorba resina dove vuole lui. Immaginetta invece, OK!
Si smalta!
Smalto con molto gusto la figura, cimentandomi coi bianchi (che sono smalti un po’ traditori, devi stare attento alle stesure che devono essere delle velature) e il 16-5-23 applico anche il famoso cartiglio stampato. Peccato che il colore dell’aureola risulti un po’ troppo scuro: i nuovi smalti hanno bisogno di essere tutti stesi con una buona dose di medium trasparente che li alleggerisca. ma oramai non c’è CTRL Z da poter fare.
Adesso viene il difficile, più difficile di quanto potessi immaginare
In giornata costruisco la cassaforma col metodo ormai consolidato, con fondo di plastica adesiva rossa, mettendo anche dei distanziatori tra la formella e le pareti di legno, in modi di avere uno spessore costante di resina sui bordi
In seguito incollo sul retro 4 brillantini in modo da dare uno spessore sul retro. (A posteriori capisco di aver fatto un errore, perché il risultato del retro sarà orrendo con una enorme bolla vuota da rimediare in seguito. In futuro dovrò escogitare un altro sistema, probabilmente resinando separatamente fronte e retro). Poi, dato alla cassaforma la mano di distaccante, fisso l’oggetto e faccio la colata.
Disastro: scaldo troppo la resina in fase di mescola e inizia a raggrumarsi anzitempo. Questo provoca grinze sul fronte (come si vede in alto a destra) e poca fluidità anche sul retro. Dovrò intervenire pesantemente con la levigatrice.
Gran restauro con la levigatrice
Siamo ormai al 19 maggio. La colata riempitiva si è solidificata piena di difetti. Vado di levigatrice rotoorbitale come se non ci fosse un domani, dalla grana più grossa, 120, alla più fine che ho (4000). produco polvere a tonnellate (menomale che si può inserire l’aspirapolvere sul retro dell’attrezzo), in cantina, bardato come un tecnico dell’Icmesa… Poi passo i tamponi col polish e miracolosamente tutto torna lustro e trasparente.
Finalmente la luce in fondo al tunnel
Al 22 maggio, tra un ritocco e l’altro posso dire di aver terminato l’opera. Sei proprio sicuro? Il retro non mi convince comunque perché la trasparenza non è perfetta, è pieno di bollicine e allora lo ricopro di adesivo dorato con la finestra aperta sulla reliquia. Così applico una nuova etichetta.
E come lo userai il reliquiario? Appeso o su un supporto da scrivania? Appeso mi sembra banale. Perché non complicarsi la vita? Certo un supporto su misura non esiste. Provvidenzialmente mio fratello Marco la sera del 21 mi ha regalato una vecchia scatola di plexiglass col coperchio trasparente. E’ proprio ciò che fa al caso mio. Urge progettino ad hoc. Fatto. Tagliare il plexiglass non è cosa semplice: se lo tagli col seghetto alternativo ti crea del plexiglass bianco/nero fuso per il calore che rovina la lama con un bel “carpogno”; col traforo a mano rischi di non andar dritto: l’unica è inciderlo profondamente col cutter su entrambe le facce e poi con un colpo netto su uno spessore rialzato lo spezzi preciso. Se ti va bene si rompe come desideravi, se no fa il cavolo che gli pare. E si spezza. Male. Dove vuole lui…
Conclusione
Assemblo i pezzi di plexiglass (levigati e con i bordi opportunamente stondati) del supporto con l’Attack (è fatto apposta!) et Voilà, l’oggetto è pronto per essere regalato.
Reliquiario terminato del beato cardinale Alfredo Ildefonso Schuster
Pronto per essere regalato dicevamo. A chi? Beh oramai la ricorrenza del ventesimo di ordinazione di don Matteo è alle porte. Decidiamo, io e Daniela, di regalarlo proprio a lui. Mi sembra un oggetto più adatto ad un regalo personale, come oggetto devozionale. Poi è una reliquia di un Beato ambrosiano, cosa può esserci di meglio per sostenere un ministero svolto in terra ambrosiana? Nella dedica affidiamo il don alla cura celeste del nostro beato arcivescovo. Al 60° della parrocchia… ci penseremo più avanti!
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