Il sottotitolo è: «Quando un lavoro parte “storto” è difficile raddrizzarlo». Ma poi ce la si fa. Tranquilli.
Questa volta racconto di un lavoro appena terminato: “La Madonna della tenda rossa“. (Nulla a che vedere con la tragica impresa di Umberto Nobile al Polo Nord). Si tratta del disegno 0206: una Madonna con Bambino e una tenda alle spalle che colorerò di rosso). Ma racconto soprattutto di come mi hanno messo duramente alla prova i molti imprevisti e il tanto filo da torcere nella fase di resinatura che ha richiesto una serie infinita di correzioni e tentativi falliti su tentativi quasi riusciti, ma sempre da migliorare. Sono stremato. È stata una vera odissea. Proprio non bisogna mai dare nulla per scontato, ogni intrapresa ha i suoi rischi e imprevisti, ma stavolta si è un po’ esagerato! (Si può dire …”Accidenti!”?)
Il perché e il percome. Tutti i retroscena
Questa icona nasce come idea regalo e ha già anche un tempo previsto per la consegna: Settembre 2024 (La data esatta del 20° anniversario del nostro rapporto “sanitario” sarebbe Novembre ’24, ma… anticipiamo la consegna). A tempo debito, cioè dopo la scadenza di fine Settembre, espliciterò meglio il come e il perché, …se lo scrivo ora mi sembra di spoilerare il finale col rischio di rovinare la sorpresa alla persona che casualmente dovesse leggere questo post. Quindi, cari curiosi, fidatevi e attendete l’aggiornamento di questa parte.
Decido il soggetto e realizzo il disegno
Pensavo tra me e me: “Mi ci metto subito, così, via il dente, via il dolore!” Pensando che oramai, con tutta l’esperienza acquisita con queste icone sarebbe stato un gioco da ragazzi terminare l’opera in 4 e quattr’otto. Tronfio sbruffone che non sono altro! Ma non anticipiamo nulla; al momento ero molto sicuro di me e basta. Sfoglio nell’archivio di papà e trovo la “Madonna con la tenda” alle spalle, la numero 0206 dell'”Archivio di disegni e schizzi preparatori” di Ettore Paganini, che con le opportune modifiche si adatterebbe benissimo alle dimensioni (interne) della cassaforma: 12,7×19 cm. Preparo quindi il disegno in Illustrator e, per la prima volta ne faccio anche una versione a specchio, in modo che, montato il foglio anche sul retro della lastra da sbalzo, sarò facilitato nel cesello dei particolari dal dietro.
Lastra e disegni applicati per lo sbalzo
Prendo una lastra di alluminio (me ne restano poche, ohibò,… dovrò provvedere a procurarmene altre in qualche tipografia) e la pulisco con tutti i detersivi, la paglietta e gli abrasivi di cui dispongo per eliminare le timbrature e la vernicetta maledetta di cui è rivestita.
Poi applico, fronte e retro i disegni della Madonnina 0206 e inizio lo sbalzo, suddividendo già i tratti da sbalzare dal dritto da quelli da fare dal rovescio.
Uno sbalzo veloce, e… va tutto per il meglio
Il lavoro inizia il 16 gennaio e, senza lavorarci con continuità, lo sbalzo è terminato il giorno 20. Mi ha rallentato un po’ la complessità della cornicetta a figure geometriche. Per il resto, fila tutto liscio. Durerà?
Fine dello sbalzo, incollaggio e chiusura delle alette
Si procede rapidamente anche nelle consolidate (per esempio in opere come questa) fasi successive qui documentate
Patinatura con riserva
Come sempre mi sembra che lo sbalzo abbia bisogno di una patinatura che accentui e dia volume al cesello trasformandolo con un aspetto finale di argento antico. (Qui un altro esempio di finta argentatura) Anche in questa icona riservo la zona delle aureole ripulendole con l’alcool isopropilico, in modo di sfruttare la lucentezza del metallo bianco che viene anche sfrisato con una punta per accentuarne i riflessi cangianti. E siamo arrivati rapidamente alle ore 18 del 21 gennaio. Tutto senza intoppi.
Smaltatura in più fasi
Parto dunque a smaltare con i miei colori epossidici per vetro, iniziando dalla cornicetta geometrica che riempio di rosa trasparente e turchese opaco e quindi passo alle aureole che riempio di una miscela di giallo e arancio molto bella e luminosa. Poi do una prima stesura di rosso alla tenda e al blu del fondo. Prima mano.
Ma mi sembrano poco intensi sia il fondo che il rosso della tenda. Non ho mai il coraggio di fermarmi per tempo. Non era male la prima mano, ma proseguo con la seconda e aggiungo i brillantini rossi. Ecco il risultato
Poi però aggiungo un’altra mano e alcuni particolari (occhi, ecc)
Adesso viene il… brutto
Adesso viene il bello, si dice di solito, invece da qui partono i problemi grossi. E viene il BRUTTO. (Ma perché non mi fermo qui??? Asino che sono! Non andava già bene così? Bastava una passata di vernice protettiva ed era tutto finito in bellezza! Accidenti a me!). No, oramai quest’Icona doveva essere resinata e che faccio? Mi fermo? NO. Non sia mai!
Sperimentare è il mio mestiere
Uno normale potrebbe fare come ha sempre fatto, visto che finora gli è andata piuttosto bene. Ma. C’è un ma, anzi più di un semplice “ma”: 1)– La misura della formella l’ho calcolata più piccola di 3mm per lato rispetto a quella dell’interno della cassaforma siliconica in modo da poter ricoprire in un’unica colata fronte e lati dell’icona. Ma la cassaforma è mollissima, non ha alcun nerbo e sui lati lunghi si deforma, così viene contenuta da un castelletto esterno di legno compensato in dotazione. Però ho dovuto comunque fissarla con delle mollette al legno perché non si deformasse verso l’interno. 2)– Per preservare quindi il retro della formella appoggiata sul fondo della cassaforma dalle incursioni inopportune della resina liquida, decido di spalmarlo di gomma liquida. Nuovo fantastico acquisto da sperimentare. Così, penso, una volta rappresa sarà semplicissimo staccare le sbavature di resina non desiderate.
Aggio comprato ‘na cassaforma…
Descrizione: la cassaforma di silicone è una cosa straordinaria perché su di essa la resina non attacca. Anzi non attacca proprio nulla sul silicone. Neanche la gomma. Avrei dovuto pensarci quando ho posizionato la formella sul fondo con l’impressione fantastica che aderisse proprio bene e che quindi non c’era bisogno di tenerla ferma in posizione. Primo gravissimo errore che ha innescato a catena tutti i successivi.
Infatti mescolo (col nuovo splendido attrezzo a elica di silicone) la resina (bicomponente iCrystal di Resin Pro), la colo nello stampo e attendo qualche secondo mentre buco con uno spillo alcune maledette bollicine che emergono e che vanno eliminate. Poiché le bollicine aumentano, decido che col phon le farò salire tutte, quelle maledette. Forse salgono le bolle, ma contemporaneamente girano …le balle. Sì, perché se parliamo di imprevisti e tanto filo da torcere iniziamo qui il lungo elenco: il calore fa salire in superficie tutto il lavoro, che inizia a galleggiare bellamente e fluttuare nella resina che nel frattempo inizia a reagire e rassodare. AAAAARRRGGGGGHHHHH!!!!! Che fare?
Tento più volte di respingerla sul fondo, ma non c’è nulla da fare. Inoltre si sposta anche lateralmente e devo ricentrarla più volte con un bastoncino con lo spillo. Si sta rassodando!!! Un pasticcio!!! Alla fine demordo: cerco di posizionarla comunque in centro e poi la lascio galleggiare, anche se brillanti rossi e parti più sporgenti saltano fuori irrimediabilmente.
Decido che, una volta indurita, farò una seconda colata supplettiva e per il retro spero che si possa staccare o che, se impossibile, sia comunque meglio di uno schifo.
Seconda colata, seconda porcata
Ovviamente comincio ad innervosirmi. Dopo una giornata, quando mi pare tutto rassodato, parto con la seconda colata di iCrystal. A proposito di imprevisti e tanto filo da torcere, eccoci al secondo tragico errore. Errore madornale. Al corso dicevano che occorrevano due, o meglio tre, giorni di intervallo tra una colata e l’altra. Ma la fretta di rimediare l’errore ne provoca uno peggiore, come nella parabola della pezza di rattoppo nuovo sul vestito vecchio. All’inizio sembra andar tutto benissimo. Il giorno dopo (il 26 gennaio) ho la sgraditissima sorpresa di notare che gli “otri vecchi se ne sono andati col vino nuovo”. Uno schifo inenarrabile. Che fare ora?
La resina è un materiale vivo, difficile controllarla
Vabbé, bisogna rimediare. Allora decido che quando sarà tutto asciutto dopo un paio di giorni dovrò levigare tutta la superficie arrivando fin sotto i corrugamenti e sperare che basti lucidare. Se no… boh, vedrò al momento e deciderò che fare.
In realtà il 27 sera inizio a levigare. Scava scava, iniziando dalle grane più aggressive (340) arrivo fino alla satinatura della 1500. SOB! Dopo ore di levigatura il corrugamento non accenna a scomparire e, soprattutto, sembra che la resina nella parte centrale non abbia fatto una reazione completa e rimanga sempre diversa dal resto. Siamo ad un nuovo capitolo del volume “imprevisti e tanto filo da torcere”. Arrivato ad un certo punto della levigatura mi fermo per non arrivare alla colata sottostante e rimetto il tutto, avvolto in una micro-cassaforma aderente di nastro di carta nella cassaforma di silicone.
Una sottile ricopertura, quasi una verniciatura di resina
In chat con Resin Pro mi dicono che è un problema di umidità. Boh. Allora decido di fare una ulteriore sottile colata di resina per coprire le magagne. Ma questa volta di “Liquidissima” di Resin Pro, perché il problema potrebbe anche essere di spessore e di tempi di reazione.
Quello che si dice: una ciofeca
Ecco, appunto, una tragedia, una schifezza, una ciofeca. Stavolta, sempre della serie ” imprevisti e tanto filo da torcere”, la resina si rapprende male in modo diverso e creativo: comunque anche cambiando l’ordine dei fattori la schifezza non cambia… comincio a disperarmi, …non posso più fidarmi delle resine?
Non ne esco vivo? Che fare?
Evidente che così non può andare. Siamo al terzo tentativo e il risultato peggiora. Stop alle resine e cerchiamo di salvare l’icona ri-levigando ancora intensamente e dando un mano di vernice protettiva Macota KZ100. Speriamo di ottenere un risultato accettabile, anche se la verniciatura non è uguale alla pura superficie levigata e lucidata di una resina venuta come Dio comanda.
Il troppo stroppia? Sì, ma se uno è un perfezionista che ci può fare?
Ce l’ho lì sulla scrivania e l’occhio mi cade sempre su quelle maledette piccole imperfezioni: basterebbe una piccola leggerissima levigatura con un abrasivo sottilissimo e avrei trovato la quadra. Niente da fare: mi lascio prendere la mano, rovino la vernice e alla fine devo ri-grattare tutto e abbastanza in profondità. E poi riverniciare. Ci risiamo; eccoci agli imprevisti e tanto filo da torcere di cui parlavamo prima.
Di male in peggio, dalla padella alla brace
Sono proprio un cretino, mi mangio le mani e mi prenderei a sberle. Ma oramai il danno è rifatto e devo insistere fino a che non ottengo qualcosa di accettabile. Se no devo buttare via la peraltro pregevole icona. Oramai è una sfida all’O.K. Corral. Thick as a brick.
Non mi dò pace e trascorre così una settimana senza prendere il coraggio di intervenire. Poi il 14-2-24 mi decido a ri-levigare per l’ennesima volta la superficie ripartendo dalle carte da 600 in su, in modo da eliminare anche una serie di bollicine e sporchini (che, ahimé, mi sembrava di saperlo perché oramai siamo nel mood ” imprevisti e tanto filo da torcere”, resteranno però imperterrite nella resina).
Poi ripasso il Macota per la terza volta. Viene abbastanza bene anche se non uniformemente lucido.
Allora il 15-2 taglio la testa al toro (che ringrazia per la fine gloriosa di un’epopea che è stata un macello e un bagno di sangue, peggio di una corrida) e do un’ulteriore ri-passata di Macota a riempire i difetti. Poi basta “imprevisti e tanto filo da torcere”, però!
Finalmente! Regalo a Settembre, caro il mio…
Spiace aver dovuto attraversare tutte queste traversie, ma alla fine tutto è bene ciò che finisce bene. Sicuramente ho imparato un sacco di nuove cose sulla resina e le casseforme di silicone. La colata deve andar bene al primo colpo se no sono casini inenarrabili e la cassaforma in silicone va usata solo se strettamente necessario e con la sicurezza (possibile?) di aver fissato bene la formella al fondo: ci lavoreremo.
Aggiornamento
E consegnata felicemente il 18/9/24. E, a questo punto posso anche svelare l’arcano: il destinatario è il mio dentista di fiducia: “Grazie caro dottor Bonetti!”
Dal disegno preparatorio di un probabile regalo (uno smalto vero a gran fuoco su rame) di papà per un suo amico (il “fantomatico Dottor Cortese”) alla realizzazione di una nuova Madonnina con Bambino a sbalzo e smalti epossidici per mia nipote Tecla.
Stava lì, nell’archivio disegni e bozzetti di mio padre Ettore, e ogni tanto occhieggiava mettendosi in mostra per la sua bellezza. Numero d’archivio 0209. Mi piaceva molto quella Madonnina “per il Dottor Cortese” (il nome non mi era nuovo, in casa lo citavano qualche volta, ma per me è rimasto un personaggio poco definito, un Carneade, il “fantomatico Dottor Cortese”) e mi era venuta voglia di riprenderla facendone uno dei miei sbalzi, ma mi frenava la complessità della composizione e le dimensioni un po’ eccessive, eccedenti i miei piccoli standard. Poi un giorno di Novembre, il 20 per esattezza, decido di sfrondare la composizione eliminando gli angioletti (non me ne vogliano, niente di personale…) e ridurre le dimensioni, modificando il disegno paterno e inquadrando solo Madonna e Bambino.
Orsù! All’opra, all’opra! Dàgli! Martella!
Il 2 dicembre stampo il disegno e inizio lo sbalzo su lastra di alluminio. Prima il solito processo di pulizia e preparazione, poi fisso il foglio alla lastra interponendo una carta carbone per facilitare l’individuazione dei tratti e con i miei sperimentati strumenti (penna e bastoncini di bambù forse per qualcuno risultano poco professionali per uno che vorrebbe fare il “toreuta”, ma niente martello e punte da cesellatore) e poco a poco la ex Madonnina per il “fantomatico Dottor Cortese” inizia a prender forma e volume.
Il prosieguo dell’opera
Il 3 dicembre lo sbalzo è praticamente finito, ora rifinisco i particolari, taglio le alette e le segno per la piegatura.
Lo sbalzo, opportunamente lucidato con la paglietta sottile, è pronto per inserire la colla di montaggio sul retro ove sistemare la tavoletta di masonite che lo rende rigido.
Incollaggio e finitura
Inserita la masonite piego le alette e le sigillo con l’Attack, poi metto tutto sotto dei pesi per bloccare colla, alette e Attack al loro posto.
La brunitura, un passaggio sempre molto delicato
Per dare profondità e nettezza al disegno occorre brunire la lastra. Il 4 dicembre sgrasso con alcool isopropilico la superficie, in modo da eliminare impronte o tracce grasse varie e poi con la mia spugnetta montata col manico stendo il mio intruglio alcoolico nero segreto e lo faccio essiccare. Ci vogliono due o tre passate perché la tintura strofinata penetri in tutti i luoghi che desidero e dia l’effetto brunito desiderato.
Però le aureole dovrebbero brillare molto di più, così mi risultano un po’ “spente”. Con cotton fiocc e straccetti di carta montati a punta su un bastoncino le ripulisco con alcool isopropilico stando attento a non sbordare. Faccio anche i due tondini superiori. Sembrano d’argento brillante. Per dare ancora più risalto e luce le sfriso radialmente con una punta. Ecco, così mi piace. Fisso il tutto con una buona passata di Macota KZ100 trasparente.
E ora ci vuole lo smalto
Nella stessa giornata, quando il Macota si è seccato, inizio la fase di smalto con i miei colori per vetro. Stavolta voglio cambiare il colore del fondo dietro la Madonna: basta col solito blu, voglio provare con un colore che non ho mai usato, un po’ coraggioso: il violetto 081 Amethyst. E’ sempre difficile e rischioso mescolare i colori per vetro, così lo uso puro. Un paio di mani danno saturazione adeguata alla stesura di colore.
La resinatura
Siamo al solito dubbio: se resinare o no. Ma, a dare una svolta decisiva alla decisione, nella mente comincia ad affacciarsi l’idea che a quest’opera devo dare un fine preciso: Natale si avvicina e mi sovviene che Annamaria, mia sorella pianista, già da tempo mi aveva chiesto se potevo farle una Madonnina per sua figlia, mia nipote Tecla che ha da poco finito di ristrutturare la casa. E’ una casetta che affaccia con l’ingresso sul nostro cortile. Faccio 2+2=4. La Madonnina per il “fantomatico Dottor Cortese” sarà il mio regalo di Natale per Tecla e, se lo vorrà mettere all’ingresso, all’aperto, dovrà per forza essere resinata, per resistere alle intemperie. Quindi, avanti!, si resina. (Uso resine della Resin Pro: o la I-Crystal, o la Art Pro. Prossimamente proverò la “Liquidissima”).
Cassaforma e colatura
Il 6 dicembre preparo la cassaforma con i legni e il silicone, fissando nel mezzo la formella coi distanziatori (sul retro – già resinato – ho incollato un foglio di plastica adesiva su cui appoggiano le assi, in modo che la resinatura anteriore non lo rovini). Tutto è pronto per la colatura di resina, passaggio che riserva sempre sgradite sorprese, bolle, sporchini, imperfezioni nella reazione chimica, difformità nella mescola, ecc. (Non mi viene mai una colatura uguale all’altra). (Vedi in questo Articolo per maggiori dettagli)
Dopo la colatura occorre attendere almeno una giornata di 24 ore prima di sgusciare il manufatto, se no si rischia di segnare la resina ancora non pienamente solidificata. Basta un’impronta digitale per fare un patatrack. Ci vuol pazienza, ma alla fine, l‘8 dicembre, festa dell’Immacolata Concezione della Madonna, eccoci al dunque! Si sguscia!
Fine? No, ora occorre rifilare e levigare le superfici
Pareggio i bordi e levigo e lucido tutta la superficie. Anche questo passaggio non è mai una passeggiata tranquilla, basta un nonnulla per rovinare tutto e costringere a ripassare le superfici ripartendo dalla grana di abrasivo che ha fatto il danno (le mie gradazioni vanno progressivamente da 40 a 10.000). Bene! alla fine, dopo un paio d’ore di levigatura, ecco qua il risultato! Finalmente davvero finito! Buon Natale cara Tecla!
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