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DiGiancarlo Paganini

“Madonna di Gaza”, la protettrice degli innocenti

Una scelta ETICA, non ETNICA

Perché il titolo: “Madonna di Gaza”? È una provocazione? In un certo senso sì. Provocato dalle notizie che vengono dai fronti di guerra mondiale, dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin e dalla tragedia disumana della Guerra Israele-Hamas che, dopo l’assurdo attacco terroristico contro gli israeliani del 7 ottobre 2023, si è trasformata immediatamente nel genocidio indiscriminato del popolo palestinese, mi è stato chiaro che non c’è speranza di pace che possa procedere dalla sola volontà umana senza appellarsi con fede a Cristo, nostra pace. E quindi senza l’intervento materno di Maria, avvocata nostra, che ci porta a Lui. Da qui l’atteggiamento di preghiera e di intercessione. Ogni altra posizione tattica o strategica diventa schieramento di parte che porta solo nuova inimicizia, nuove divisioni, nuovo odio e nuovi conflitti. Sulla guerra mi sono già ampiamente espresso, peraltro.

L’ispirazione per una nuova icona della Madonna

L’ispirazione per questa nuova Icona della Madonna mi è venuta osservando una straordinaria foto di una madre palestinese col bambino in braccio, in atteggiamento protettivo, circolata sul web. L’ho chiamata “Madonna di Gaza” per una scelta Etica, non Etnica (“etnica” fa venire in mente la questione della razza, di hitleriana memoria… e le varie “pulizie” che vi si richiamano e che in realtà sono luride porcherie, ma la storia, ahimé, non insegna proprio nulla, evidentemente).
Mi è sembrato, cioè, che rappresentasse tutte le madri e i figli innocenti che patiscono tutti gli orrori di tutte le guerre. Niente di più e niente di meno. Una madre e un bambino israeliani, ucraini, armeni, yemeniti, ecc… avrebbero potuto fare da modello per il medesimo scopo. Ma questa foto, con gli sguardi così intensi dei due e il fondo di case bombardate, mi ha colpito nel profondo.
Ho pensato che Maria, Madre di Dio e nostra madre, abbia verso di noi, figli dell’umanità, gli stessi sentimenti, la stessa premura e lo stesso amore che ha avuto verso Suo Figlio. “Madre ecco tuo figlio; figlio, ecco tua Madre” le disse Cristo dalla croce indicandole il discepolo Giovanni.

La foto sul web che mi ha ispirato

Un’icona sbalzata in ottone

Nei giorni immediatamente dopo Natale capisco che è venuto il tempo di dar seguito a questa ispirazione. Si avvicinano i momenti degli auguri per il nuovo anno e intuisco che solo affidandosi a Maria come nostra protettrice, gli auspici di pace, che tutti abbiamo nel cuore come desiderio, possano non restare mere e ingenue illusioni sentimentali. Diciamo che l’eredità del 2023 e le premesse del 2024 non sono delle migliori…
Il 30 dicembre ridisegno al tratto la foto, cercando una difficile sintesi, e prolungo la parte inferiore dell’immagine, aggiungendo la parte del braccio che era tagliata e il piede del bambino, così come me lo immagino. So già che un conto è il disegno, un altro il risultato sbalzato sul metallo.

Il disegno da trasferire sulla lastra di ottone

Stampo il disegno della Madonna di Gaza, lo fisso sulla lastra di ottone e, da buon toreuta, (così, come me, avete imparato una parola nuova) inizio la fase di sbalzo e cesello.

Il retro dello sbalzo, da poco iniziato

Una lavorazione rapida

La sera del 30 ho già terminato la fase di sbalzo. Decido, durante la lavorazione, di non fare il fondo con i caseggiati bombardati in rovina, ma di lasciare il fondo liscio neutro. Temo infatti che la resa non sarebbe venuta bene, per cui mi fermo lì. Certe decisioni le prendo strada facendo, non sono previste fin dall’inizio: dipende da come procede il lavoro e da cosa mi lascio ispirare. In questo caso la figura molto umana della “Madonna di Gaza”, con tutti quei particolari dei vestiti e del volto, mi è sembrata sufficiente per rendere la concretezza dell’aspetto materiale. Le aureole sottolineano invece l’aspetto soprannaturale (e divino nel Figlio), per cui dopo la brunitura deciderò di valorizzarle.

Lo sbalzo senza effetto brunitura risulta splendente ma senza profondità.
Il retro della formella sbalzata col riempimento di colla da montaggio e carta (come antisfondamento dei volumi cesellati)
Ci ho messo una pietra sopra, in fase di asciugatura della colla, in modo da tenere in piano la lastra.

La fase di piegatura delle alette e la brunitura

Il 31-12 smonto l’ambaradan, traccio i segni per la piegatura delle alette, le piego sul supporto in masonite che ho tagliato in misura e le incollo sul suo retro (fase sempre molto ansiogena per me, c’è sempre qualcosa che può andare storto). A questo punto mi dedico alla brunitura dell’ottone con la stesa del mio intruglio segreto alcoolico nero. Lo scopo dell’operazione è aiutare a dare più profondità all’aggetto e al disegno e dare una patina di “antico” al manufatto.
Anche questa è una fase delicata: la resa su ottone o su alluminio è sempre diversa. L’ottone mi sembra un po’ più refrattario ad assorbire la colorazione, anche se la lastra viene sgrassata e “passata” a lungo con la paglietta sottile. In generale direi che alla fine il tono dell’ottone scurendosi si raffredda e viene ad assomigliare al bronzo patinato. Sull’alluminio invece avviene il contrario: si “scalda” fino ad assomigliare all’argento ossidato. Questo, comunque il risultato.

La lastra patinata con la brunitura. Le misure dell’icona sono 11×15 cm.

Le fasi finali. La doratura delle aureole

A questo punto dovrei dare una mano di vernice Macota spray trasparente, per fissare il risultato. Ma attendo. Poi dovrei decidere se e come dare eventuali colorazioni a smalto. Posticipo la scelta e, invece decido di ripulire subito con alcool isopropilico le aureole e poi sfrisarle a raggiera, in modo da far riemergere “l’oro” dell’ottone puro e pulito. La valorizzazione di questo particolare mi consente di evidenziare l’aspetto soprannaturale dell’immagine. Poi passo il Macota protettivo trasparente.

Le aureole dorate per “sottrazione” dalla brunitura.

Aggiunta di alcuni particolari

Devo dire che il risultato così come sta uscendo non mi dispiace affatto. Accantono perciò la scelta di colorare alcunché e, già che ci sono, anche l’eventualità di resinare tutta l’icona (qui un esempio di icona resinata), secondo i procedimenti già messi a punto con gli scorsi lavori.
Per due motivi:
1-perché “il troppo stroppia” e anche il tema esige sobrietà;
2- perché stavolta preferisco che il modellato sia palpabile anche col tatto, vista la ricchezza e la preziosità ottenuta.
Noto però che sarebbe d’uopo la sottolineatura di alcuni particolari, per dare il tocco finale. Pupille degli occhi, sopracciglia, alcune linee fondamentali che non sono state adeguatamente rimarcate dalla brunitura (e che invece nella foto erano importanti), andrebbero rinforzate con un sottile passaggio di smalto nero.
Qui alcune foto dell’icona terminata con un’ulteriore passata di Macota protettiva, da cui si evince che la luce determina moltissimo l’impressione che se ne ricava.
Ecco fatto, l’Icona della Madonna di Gaza è terminata:

Il tavolo di lavoro con l’icona finita
L’icona terminata
Finita e incorniciata, pronta per chi la desidera acquistare
Maria, Regina della pace, prega per noi!

A questo punto, Buon Anno nuovo a tutti! E che la Madonna di Gaza protegga tutti gli innocenti!

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DiGiancarlo Paganini

Una nuova Madonna con Bambino ad hoc per Gianni

Sbalzo, smalto e resina. Una Madonna che colma e sana un’omissione nei confronti di un amico da una/per la/della vita.

Siamo a metà settembre e un piccolo cenno di Gianni ad una mia opera appesa in casa di amici comuni mi fa sobbalzare. Touché! Cavoli, è vero: ho regalato i miei sbalzi a un mucchio di amici, ma finora Gianni non ha ancora avuto nulla, neanche una Madonna con Bambino minuscola o un altro soggetto religioso. Potrei trovare una scusa molto bella del tipo “aspettavo di arrivare ad un buon livello tecnico”… ma non so se regge… Mi metto quindi di buona lena all’opera. Bisogna rimediare al più presto.

La scelta del soggetto e delle misure

Individuo nella Madonna 0093 dell’archivio di mio padre il soggetto più adatto per questa nuova Madonna con Bambino.

Seleziono il jpg, lo porto in Illustrator e faccio alcune piccole modifiche sul disegno (arco e colonne, sistemazione delle aureole), che stampo per poterlo applicare alla lastra di ottone. Le misure finali saranno di circa 9,11 x 12,4 cm. Ah, stavolta decido subito che resinerò l’opera, basta dubbi e reticenze, la strada più giusta è quella, se voglio che gli smalti durino qualche anno, e inoltre, ogni esperienza in più con le resine fa solo bene.

disegno scelto
Il disegno d’archivio 0093, modificato e portato in misura. 21-09-23

All’opera!

Può sembrare una cosa inutile, ma per chi non ha mai visto una lastra lastra di ottone di quelle che uso, forse capire cos’è e com’è fatta risulta una buona cosa. A differenza di quelle di alluminio delle lastra da stampa offset questa è già pronta, non ha bisogno di essere pulita e pretrattata.

Lastra di Ottone
La lastra di ottone dal retro con il disegno fissato sul fronte opposto

Il 22-09 sbalzo il soggetto e praticamente termino questa delicata fase, tagliando già anche le alette da ripiegare sul retro del supporto rigido. In una giornata porto avanti bene il lavoro.

Sbalzo fronte
La lastra sbalzata vista di fronte
Sbalzo retro
La lastra sbalzata vista dal retro

Piegatura e fissaggio

Sempre in giornata taglio il supporto di masonite pesante in misura e fisso la lastra sul suo supporto. La lucido con la paglietta sottile e la sgrasso con l’alcool isopropilico. Ecco, devo dire che arrivati a questa fase del lavoro, mi viene sempre il dubbio se fermarmi lì o proseguire nelle altre fasi. Ma è un tentazione che denota solo pigrizia: Avanti!

Sbalzo montato
Fronte dello sbalzo finito e montato
Le alette ripiegate sul retro e incollate a dovere

A questo punto, perché il tutto si incolli e solidifichi a dovere metto il tutto sotto pressione con un grosso peso e lascio passare la nottata.

Patinaggio artistico

Ho notato che la patina nera sullo sbalzo di ottone raffredda un po’ il tono del metallo, ma al contempo lo valorizza dando profondità e un tono di antico. Patino il tutto col tampone spugnoso auto-costruito imbevuto del mio intruglio alcoolico segreto (devo fare l’operazione un paio di volte perché è difficile evitare brutte macchiature); tolgo la tinta in eccesso e gli do poi una mano di vernice trasparente fissativa spray Macota (ho imparato la lezione della Presentazione al tempio). Anche a questo step il dubbio se proseguire o meno affiora con insistenza, ma… avanti!

lo sbalzo della nuova Madonna con Bambino, patinato e “macotato”

Gli smalti

Smalti per vetro, come al solito. A presa rapida… sarà il fondo col Macota, ma l’azzurro quasi non mi lascia il tempo di stenderlo. Rischio il disastro. Decido per questa Madonna con Bambino di non esagerare coi colori, azzurro per il fondo e qualcosa sulle aureole. Il troppo stroppia e poi i cocci sono miei…

Smalto finito

Il tempo delle resine

Le colate avvengono in due fasi. La prima, del retro, con una bordatura di scotch di carta irrobustita da cartoncino plastificato e trattato con la cera liquida distaccante. Due giorni dopo, liberato il bordo e portata in piano la resinatura posteriore, preparo la cassaforma per la colata del fronte con legni fissati sul piano a silicone e trattati col distaccante.

La resina colata nella cassaforma. Siamo al 25-09-23

RISCHIO!

Resinare è sempre un rischio, non sai mai cosa ti riserva l’operazione: colature, bolle, moti convettivi, particelle di sporco piovute da chissà dove, grinze… Altro che amorfa plastica liquida, la resina è un materiale vivo, fino a quando non è proprio morto e ha terminato tutte le reazioni del composto bicomponente epossidico. In due o tre giorni la puoi trattare con la rotoorbitante e i dischi abrasivi e lucidare con una certa sicurezza di non fare danni.

Collaterali ma importanti

Sempreché le dosi di A e B siano state corrette perfettamente in percentuale, beninteso. Scartavetrare, lucidare e passare la mano di polish è ancora a dose di rischio notevole: se per sbaglio fai un graffio più profondo del dovuto, per correggerlo devi tornare indietro fino al numero di carta abrasiva più grossa corrispondente e poi, di grana in grana, risalire fino alle più fini. In genere parto per sgrossare dalla grana 80 (e qui di graffi profondi ne fai a iosa) e di 40 in 40 risalgo fino alla 600, poi la 800, la 1000, 1200, 1500, 2000, 3000, 4000 su su fino alla 10000 davvero impalpabile. Poi è il turno del platorello spugna col Polish, quindi il vello lucidante per il tocco finale.

Ovvio che tutte queste operazioni van fatte in sicurezza con la maschera filtrata su naso, bocca e occhi e si suda molto. Insomma, oltre al bel corso fatto di ResinPro, ci vuol pazienza, se uno non ce l’ha, la impara. Se no cambia mestiere.

Fasi finali

Libero la formella della nuova Madonna con Bambino dalla sua cassaforma. E poi via alla levigatura, dopo un po’ di attesa per essere sicuri che la resina si sia ben solidificata.

Cassaforma smontata
Qui si vede bene lo spessore alla fine dell’operazione. 30-09-23 mattina

Il giorno seguente, l’1-10, siamo a questo punto: ho levigato i bordi e ho lucidato le superfici.

Ecco il risultato:

La Madonnina lucidata
Madonna con Bambino sbalzo e smalto su ottone
A seconda della luce cambia tono. Pronta per essere impacchettata e regalata.
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DiGiancarlo Paganini

Una protezione per la “Pace del Buon Pastore”

Un intervento indispensabile. Protezione necessaria

Dopo circa un anno dalla acquisizione della mia sovracopertina di Evangeliario “La Pace del Buon Pastore” da parte della mia parrocchia (Gesù Buon Pastore e san Matteo Apostolo) è venuto il momento di porre rimedio ad una serie di fragilità manifestate dall’opera. La causa è l’uso intensivo (e per alcuni mesi continuo) della preziosa sovracopertina. Numerosi brillantini, che erano solo incollati, si sono staccati, alcuni sono andati persi, la smaltatura mostrava segni di deterioramento in corrispondenza dei punti di contatto con le mani dei celebranti.

Una operazione di peso

Teniamo conto che l’intero complesso di Evangeliario e copertina attualmente pesa circa 7 chilogrammi, quindi le forze che intervengono nell’operazione di sollevamento e apertura sono molto rilevanti. Per questo sono già dovuto intervenire un paio di volte a ripristinare l’integrità dell’opera. Alla terza ho pensato di correre ai ripari, con un intervento più radicale: una protezione che isoli la copertina da ingiurie esterne, sia chimiche che meccaniche.

Problemi complessi

I problemi da considerare erano: garantire una protezione duratura, solida ma non pesante; la possibilità di poter procedere ad un eventuale smontaggio e rimontaggio della protezione; mantenere il sistema attuale di aggancio al volume mediante i bulloncini passanti; pensare ad un metodo di pulizia non invadente e “leggero”.

La resina

Una prima idea, dopo aver visitato la mostra vicentina di Koiné e aver contemplato i manufatti meravigliosi realizzati in resina, è proprio quella di annegare tutta la copertina in una colata di resina trasparente. Alcune considerazioni mi fanno però desistere: 1) come potrà reagire la smaltatura di resine epossidiche per vetro alla sovrapposizione della resina epossidica ad alto spessore trasparente? Chiaro che se si sciogliesse o se si muovesse sarebbe un vero disastro. 2) la fase di lucidatura a specchio esige l’uso di macchinari specifici e di un’esperienza (e pazienza) che attualmente non ho. E anche qui le incognite sono numerose e gli eventuali danni, irreversibili. 3) di quanto aumenterà il peso totale del manufatto.

Il problema della leggerezza e della trasparenza

Leggerezza e trasparenza, unite a solidità: come ottenere tutto ciò? Prima penso di cercare un profilato di ottone di uno spessore elevato (0,5 mm) ad hoc da Miorini Metalli, ma poi capisco che non troverò mai un profilato esattamente come quello che desidero. Rinuncio all’esplorazione. Faccio allora una prova con un ritaglio di lamierino leggero di ottone (lo stesso usato per lo sbalzo della copertina) piegato a spigoli a C, cercando di capire che dimensioni medie potrebbe avere in costa. Devo tenere conto dello spessore di un vetro sintetico appoggiato sopra i cabochon (per non appesantire troppo e garantire comunque una certa elasticità).

Lamierino di ottone
Lamierino di ottone

Trovo la quadra e individuo l’altezza media della costa di ottone, nonostante il differente spessore dei vari cabochons. Il vantaggio di uno scatolato è in genere proprio la leggerezza e una certa elasticità torsionale, che, se non è eccessiva potrebbe giovare. Certo, con lo spessore siamo al limite dell’usabilità, ma è anche vero che più aumenta lo spessore della lastra, più è difficile la lavorazione.

Il lamierino leggero di prova tagliato e profilato a C

Irregolarità

Il vetro sintetico di polistirolo appoggia sui cabochon, ma una volta tagliato in misura, è fin troppo elastico sui margini, dove la forza applicata per sollevare il volume è più grande. Quindi devo trovare una soluzione per irrigidirlo creando un supporto sui lati. Ovviamente c’è il problema che i bordi della copertina di ottone non sono a spessore esattamente regolare. Quindi taglio col cutter, dalla parte avanzata dello stesso vetro, delle strisce di circa 6 mm con un bordo superiore retto che aderirà in incollaggio Attack al vetro. Quello inferiore invece dovrà seguire al meglio il profilo sbalzato dell’ottone sottostante. Alla fine le irregolarità della copertina vengono compensate dai bordini irregolari e la superficie del vetro appoggiato non traballa più.

Il vetro sintetico di polistirolo/polystyrene con la pellicola protettiva antigraffio

Approssimazioni

Da questo momento è tutto un fissare con scotch provvisorio, togliere le parti, ri-misurare, ri-calibrare ogni elemento, ri-fissare, verificare, modificare, tagliare le strisce di lamiera, piegarle, sagomarle, applicarle fino a che non soddisfino sia l’estetica che la funzionalità. Va via un bel po’ di tempo, diciamo almeno un paio di giorni pieni.

Inchiodare o avvitare?

Sorge anche un altro problema: devo dare più solidità allo scatolato fissandolo sia alle parti in vetro sintetico che al supporto ligneo (un compensato da 4,5mm della copertina). Le viti mi sembrano la soluzione teoricamente e tecnicamente migliore. Le viti più piccole che ho trovato sono comunque enormi, sia per il vetro che per il legno. Ripiego allora sui chiodi… non è il massimo, ma… Per quanto riguarda i chiodi, arrivo a scegliere delle “semenzine” da calzolaio per il fissaggio al vetro, che però dovrò mozzare a metà perché comunque troppo lunghe perché arriverebbero a sporgere ed essere troppo visibili.

I chiodini “semenzine” interi e accorciati

Devo praticare dei microfori allineati nella lastra e nelle strisce laterali di vetro, in cui inserire i chiodini e fissarli con l’Attack. Stessa cosa per il fissaggio al pannello di legno. Lì addirittura le semenzine risulterebbero troppo spesse e corte, per cui prendo degli spilli, li taglio a lunghezza di circa 1,5 cm e li inchiodo nello spessore del compensato.

Lo scatolato di ottone inchiodato sia al bordo di vetro (sopra) che al pannello di legno (sotto)
Vista dello spessore dello scatolato montato sulla copertina

Montaggio finale

Ma questa seconda operazione avverrà solo alla fine del montaggio finale. Una volta ripulito tutto dai micro trucioli di vetro e di legno, spolverate tutte le parti, prima di richiudere definitivamente la protezione tolgo finalmente la pellicola protettiva del vetro dalla faccia inferiore, e, come ultimissima operazione, anche da quella superiore. Per la pulizia allego panno in microfibra e suggerisco l’uso del liquido per la pulizia occhiali. Sperém…
Finito. Bello, no? Speriamo che duri…

La protezione della sovracopertina, terminata
DiGiancarlo Paganini

Una Sacra Famiglia

50 anni di matrimonio non possono essere che sacri.

Il 30 Agosto 2021 gli amici Renzo e Graziella celebrano il loro 50° anniversario di matrimonio: una sacra famiglia, per natura, come Dio l’ha immaginata e creata, checché se ne dica, a dispetto di tutti i limiti della nostra condizione, giacché non si arriva ad un simile traguardo senza l’intervento della Provvidenza che dialoga con la debole libertà di noi esseri umani e porta a compimento la Sua promessa di pienezza, attendendo solo i nostri sì.
La nostra storia, (e il dramma della nostra libertà), è storia sacra, diceva il grande Aldo Baldini.
E allora, Sacra Famiglia sia, anche il nostro regalo e il nostro pensiero per questa felice ricorrenza. Contempliamo stupefatti in loro “le grandi cose che fa in noi l’Onnipotente, e Santo è il Suo nome”, parafrasando il Magnificat.

L’input e l’idea luminosa mi vengono suggeriti da Cristina e quindi prontamente allargata a Guido e Patrizia, Alberto e Manuela, che parteciperanno al regalo.

Ricerca d’archivio

Cerco nell’archivio di disegni di mio padre Ettore una immagine che faccia al caso nostro e trovo una Natività che sembra fatta apposta. Dovrò modificare qualche particolare, come si nota, ma la 0053 è ottima per il nostro scopo.

Il disegno d’archivio 0053, modificato

Lo sbalzo

Mi metto all’opera tra il 31 luglio e il 2 agosto e in breve ottengo dalla lastra di alluminio uno sbalzo ben fatto, che qui vi mostro. Le difficoltà sono, come sempre, generate dai volti, vere miniature in rilievo, dove basta un nonnulla per rovinare tutto.

Lo sbalzo su alluminio prima del montaggio sulla lastra di masonite

All’imbrunire…

Una volta montato lo sbalzo sulla sua masonite mi faccio prendere dalla smania dell’alchimista in erba e immagino di brunire il luminoso e argenteo alluminio in modo da farlo apparire come un bronzo. Facile a dirsi, meno a farsi. Avevo, invero, già sperimentato una soluzione alcolica con estratto di pennarello indelebile e altre sostanze segrete, che però non mi sembrava desse i risultati sperati. Erano cioè risultati molto effimeri e delicati e andavano fissati con la vernice finale; avevo bisogno invece di qualcosa di più “sostanziale” e duraturo. Per caso trovo in cantina una vecchia bustina di polvere di anilina nera (probabilmente un po’ tossica…) dei materiali avanzati di mio padre e ne mescolo un po’ nel mio intruglio filosofale. Avventatamente provo a strofinare a forza la soluzione con un tampone sulla superficie (lucidata a paglietta sottile), che man mano diviene proprio brunita. Una prova di lavaggio con alcool mi conferma che il tono è stato assorbito dal metallo a livello molecolare. Ottimo, no?

Smalti

Bene! Allora finisco l’opera con qualche tocco di smalto arancio solo sulle aureole. Ho deciso infatti di dare un carattere sobrio all’opera. Il calore della brunitura mi sembra sufficiente come colorazione. Alla fine una spruzzata di vernice Macota che fissa il tutto non si nega a nessuno. Monto poi l’opera su un blocchetto di truciolare rivestito di pannolenci rosso cupo che mi sembra valorizzi assai bene la luminosità della sacra scena familiare. Impacchetto poi il tutto per la ricorrenza del 30 agosto.

Il risultato finale.
Auguri, cari Renzo e Graziella!
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