Una tragedia, l’ennesima, causata dal razzismo e (quindi) dall’idiozia umana. Dalla cattiveria, dalla violenza, dal… diciamola tutta, dal male. Il peso di un corpulento poliziotto che con un ginocchio sta allegramente per nove minuti sul collo del signor George Floyd immobilizzato e steso a terra gli provoca sì la morte, ma non per soffocamento. Effetti collaterali, non diretti. Avete letto bene. Così dice l’autopsia del coroner.
Ecco. Ucciso una seconda volta: stava già male prima, aveva l’unghia incarnita, aveva l’ernia iatale, le gengive infiammate o faceva uso di sostanze tossiche. Quindi proprio a posto non era. Insomma se l’è cercata, non si va in giro negri (pardòn, di colore) e malati come se nulla fosse! Se non sei in perfetta salute e preparato fisicamente a reggere per 9 minuti un poliziotto in ginocchio sul tuo collo, stai a casa; cosa vai in giro a far casino? E senza mascherina, anche!
Questo, unito alle vicende di sopraffazione cinese su Hong Kong, alla diffusione del Covid nel mondo (specialmente in America latina e nei paesi più poveri), alla terribile fatica della ripresa economica da parte di moltissimi italiani e alla pioggia di incredibili polemiche, gratuite idiozie e falsità ideologiche che si dicono sulla Lombardia*, con una campagna mediatica senza precedenti, mi lasciano senza fiato: I can’t breathe!
Tutti speravamo (ingenuamente?) che quasi magicamente la pandemia ci cambiasse in meglio, avendo fatto affiorare un mucchio di bene, di solidarietà, di generosità, di senso di unità. Come quando si diventa buoni sotto Natale. Vernice superficiale? Possiamo ridurre davvero così l’esperienza che abbiamo fatto? Sarebbe peggio che essere negazionisti del virus: ma le file di camion con le bare di Bergamo le ho viste solo io? Perché ci vuole così poco per rovinare sempre tutto? Io non ci sto a buttare via tutto, comprese sofferenze e morti e drammi terribili. Purtroppo era una speranza che esigeva anche buona volontà, fiducia, fede per avverarsi. (…da una crisi come questa non si esce uguali, come prima: si esce o migliori o peggiori – ha detto papa Francesco). C’è ancora speranza? Questa speranza umana? Forse, senza quell’altra Speranza che va a braccetto con Fede e Carità, no.
PS.*Lombardia: Oltre 10 milioni di abitanti, (la seconda regione per numero di residenti è il Lazio con 5.898.124 abitanti); Densità per kmq: 419,8, seconda solo alla Campania con 429,7; Prima per numero di comuni (1.527) e province (12). Tre aeroporti internazionali, di cui uno intercontinentale, nel raggio di 50 km; un tessuto economico primo in Italia, un flusso quotidiano di merci e persone che non ha pari, uno dei tre motori europei, ecc ecc. Questa complessità che è la sua forza si è rivelata anche la sua debolezza: una gestione difficilissima anche per le irrisolte questioni di competenze Stato-Regioni e di “autonomie” sempre più ristrette. La Lombardia aveva nel 2010 un bel po’ di posti letto, poi varie Spending Rewiew sono andate giù dure coi tagli e nel 2013 ne aveva 2.337 in meno. E così via negli anni fino ad oggi. La disgregazione del resto della medicina e della prevenzione sul territorio ha fatto danni ancora peggiori. Il discorso comunque è molto complesso e delicato, non si può nemmeno ridurre il discorso alla noiosa polemica su “pubblico” e “privato” (Per prima cosa bisognerebbe spiegare bene i due termini. Sono tutte aziende e come tali sono tenute a far utili, non è che il “pubblico” non cerca di guadagnare). Più interessante sarebbe spiegare alla gente come sono i meccanismi che governano i fondi e i finanziamenti dei comparti salute e istruzione nel rapporto tra Stato e Regioni. Ma proprio per questo le polemiche pretestuose e partigiane sono fuoriluogo.
Finalmente sta andando in stampa un volume realizzato a quattrocento mani da tantissimi italiani che raccontano creativamente cosa è stata ed è la loro esperienza di quarantena.
Così recita la spiegazione sul sito di IVVI, l’editore del libro: “Abbiamo fatto in modo che ognuno di voi scrivesse un testo, oppure una poesia, oppure inviasse un disegno, un fumetto o una foto. Per descrivere esattamente come ha vissuto i giorni della fase 1 della quarantena, l’avanzata del contagio e le allarmanti notizie, come si è mosso nella propria casa, come sono cambiate le interazioni con le persone con cui vivevamo quando siamo stati costretti a non uscire, come abbiamo cucinato, come siamo impazziti o meglio ancora come abbiamo trovato la calma interiore.
Pensate quanto sarà importante, tra anni a partire da oggi, avere un documento sociologico così preciso, scritto da centinaia di persone diverse per età, sesso, ubicazione geografica, professione. Una fotografia dell’Italia di questi giorni, di come vivemmo la quarantena in quei lontani marzo ed aprile 2020.
Tra migliaia di partecipanti, abbiamo selezionato oltre 200 opere. Non abbiamo scelto quelle “scritte o disegnate meglio”. Abbiamo badato più al contenuto umano, a quanto l’opera mostrava la realtà della quarantena e di queste settimane drammatiche”.
Anche io ho partecipato
Ho inviato la vignetta sull’Italia in quarantena. Un mio piccolo contributo al racconto di questo periodo “storico”, pubblicato a pagina 308 del volume.
La prima edizione del volume verrà stampata in mille copie, e sarà ordinabile in tutte le librerie italiane (e sui siti come IBS, Amazon, ecc) a partire dalla seconda metà di giugno!
Non si butta via niente. Quindi eccovi finalmente un post di risulta con il materiale vignettistico rimasto nel cassetto, fatto su richiesta diretta e personale, o realizzato per altri scopi, in questo periodo. Rischiava di andare a male, non c’era più posto nel frigo e già mandava cattivo odore. Secondamano gioirebbe nel sapere di avere allievi così ligi al dovere.
Quella di copertina è stata realizzata per la newsletter di Incontro e Presenza nelle bacheche ai piani del penitenziario di Opera (MI)
Rispettare le regole, rispettare le leggi, rispettare la natura, rispettare le distanze, rispettare le feste, rispettare gli animali, rispettare le autorità e chi ci governa, rispettare i diritti, rispettare la segnaletica e i semafori … Uh, quante cose dobbiamo rispettare! Ah, …e soprattutto rispettare le persone. Rispettare la donna, i bambini, i giovani, rispettare i lavoratori, rispettare gli anziani, rispettare chi soffre. Tutte le persone. Ognuno. Anche quelle che non la pensano come te? Sì. Anche quelle che sono diverse da te? Sì.
Anche chi ti è nemico? Secondo il Vangelo questi è colui a cui volere di più il Bene. Va addirittura amato. (Se lui si perde tu non ci guadagni, non sei Beato). Ma cosa è il rispetto allora? Perché è dovuto a tutti, anche se a volte è una cosa così difficile da mettere in pratica? Bella domanda. Ma vuol dire che non fa niente se sei in disaccordo con l’altro o ti dà del fastidio? Vuol dire indifferenza?
No, vuol dire che l’altro non è “disponibile”, non ne puoi fare ciò che vuoi, non lo puoi manipolare a piacimento. Vuol dire che è un mistero assoluto, che tra te e l’altro c’è un Altro, RISPETTO al quale tu lo guardi. Guardi il tuo prossimo con un Altro nella coda dell’occhio. Ha un Destino personale verso cui cammina e di cui è responsabile, una vita nella quale puoi entrare, se ne hai il permesso, in punta di piedi, solo per amare e sacrificarti, con rispetto, appunto. (Consiglio la lettura di un libro “amico” che ho appena terminato:“Van Thuan. Libero tra le sbarre”– di Teresa Gutiérrez de Cabiedes, per capire questo genere di rispetto).
Quindi, non: “Almeno un po’ di rispetto!” Non è il minimo, è l’indispensabile, cioè è il massimo!
Veniamo dunque all’attualità
E qui, vista la complessità e la delicatezza dell’argomento spero di non far danni con queste considerazioni. La liberazione di Silvia Romano. Regola numero 1: rispettare le vittime di violenza (perché un rapimento, se è tale, è una violenza e la vittima è chi la subisce, la parte debole). Premetto che non sappiamo ancora troppe cose e comunque non sta a noi il giudizio finale. Gli inquirenti hanno aperto un’inchiesta, vedremo, spero senza veli… (islamici o nostrani che dir si voglia).
Da semplice cittadino milanese avrei poche cose da dirle con affetto: Cara Silvia, 1)-Bentornata! Ciao! Sii grata di quanto è stato fatto per te. 2)-Goditi il ritorno a casa, riposati e prenditi del tempo per ripensare a tutta la tua vicenda. 3)-Non dar corda alle cattiverie e alle idiozie. Sii onesta e leale con la tua esperienza. Stai molto attenta a giornalisti e politici. Fidati solo dei tuoi familiari e degli amici provati. (E, anche loro, meno fanno dichiarazioni e meglio è. Son già partiti maluccio…). Sii riservata e accorta. 4)-Cerca di comprendere lo sconcerto che la tua decisione di aderire ad una religione, –appresa forse in una versione bastarda e politica insegnata dai tuoi sequestratori terroristi (quindi probabilmente poco misericordiosa e tantomeno incline al dialogo e alla pace), “estranea” (cioè non radicata nella nostra tradizione e neppure in quella della maggioranza dei fratelli credenti nell’Islam con i quali c’è già una lunga storia di dialogo e buona volontà tra credenti, da proseguire), che presenta perciò aspetti culturali e civici problematici o inaccettabili e condannabili, – ha potuto provocare in molti, perché il rispetto sia reciproco. Quindi, riservatezza e non ostentazione forzata.
Come metodo, non concordo con le domande brutalmente dirette alla ragazza, per estorcerle tutto e subito, per svelare finalmente cosa c’è dietro alla sua Sindrome di Mogadiscio (che ha colpito quasi tutti gli ostaggi liberati dalle “sgrinfie” dei terroristi in questi anni). Resto anche basito di fronte alle “fughe di notizie” dagli interrogatori. Ma è possibile? Intercettazioni? Cimici? Non esiste più il segreto istruttorio? Se Silvia vorrà, in futuro, raccontare qualcosa delle sua esperienza, ben venga. Magari in un libro scritto con la maturità degli anni. Se no, che cosa? Uno scoop giornalistico che arricchisce solo qualcuno e la fa sbranare nell’arena dalla folla assetata di sangue? La ragazza va protetta. Pietas. Potrebbe essere mia figlia…
Veniamo alla politica…
1)- Non è che per apparire eroi occorra sempre essere in video; ok che siamo in campagna elettorale continua da anni, ma a volte un po’ di riservatezza e rispetto, appunto, non guasterebbe. I nonni la chiamavano prudenza. È una virtù. C’entrano anche l’intelligenza e la scaltrezza (ma forse è troppo pretenderle…). Se no, per la smania di apparire, ci si può trovare in situazioni nefaste, nelle quali il protagonista vero non sei tu. E lo vedono tutti chi sta gongolando… Chi ha orecchie per intendere… ( cfr. per esempio @LeoneGrotti su Tempi ). Le domande scomode al Governo quindi vanno fatte e non mi pare si possa ridurre tutto alla faida politica tra Guelfi e Ghibellini di cui siamo storicamente maestri. (cfr. per esempio Fausto Biloslavo per quanto riguarda le domande al Governo ).
2)- La riservatezza avrebbe potuto difendere meglio la ragazza invece di darla in pasto all’opinione pubblica, stampa, giornali, tv e soprattutto i social. Insomma ci sono cose che è meglio fare, diciamo, segretamente. (Se no, perché esistono i servizi segreti e l’Intelligence?). Con tempi lunghi. In luoghi nascosti. Con estrema discrezione. Per il bene di tutti. (Tanto, …dài, di robe che ci nascondete, di “omissis” ce ne sono un casino, e magari invece proprio quelle lì dovrebbero venire alla luce, dopo anni di deviazioni e insabbiamenti).
3)- Oltretutto, dopo, ci si deve faticosamente arrampicare sugli specchi per negare il pagamento del riscatto pro Jihad. Ok, se lo dice il Ministro sarà vero. Non abbiamo ancora prove contrarie, mi sembra… o no? …boh, magari una cifretta bassa? (cfr articoli citati in fondo).
Comunque su questo aspetto, secondo me, la vicenda di Aldo Moro di 42 anni fa esatti dovrebbe insegnare che la vita dell’ostaggio è la prima cosa da salvaguardare con ogni mezzo. Di questo penso non ci si debba vergognare mai. Dopodiché però non smettere di ricercare la Giustizia, e combattere la criminalità senza demordere mai, quello sì (…e i riscatti pagati -come, in bitcoin?- lasciano delle tracce, o no?).
…e al mondo dell’informazione:
1)- Cari giornalisti e pubblicisti. Ok, vi pagano (ora molto meno di una volta e solo chi ha anzianità di servizio) per essere sempre sulla notizia, dare subito giudizi, spesso per forza affrettati. A volte, se la notizia non fa il boom, un po’ di pepe dovete mettercelo voi. Ma non è che si può piegare tutto all’interesse di parte solleticando solo la pancia dei vostri fedeli e schierati lettori. Suvvia! Poi, la qualità dell’informazione scade al livello di un Tweettaccio qualsiasi e vi lamentate che i lettori vi abbandonano. Un po’ di rispetto per le persone di cui trattate! (Soprattutto valutate l’età, la condizione esistenziale -rapita, plagiata, isolata per mesi, -il tipo di resistenza e di protezione sociale. Facile prendersela coi deboli!).
2)- Capisco anche che dopo tre/quattro mesi in cui si parla solo di CORONAVIRUS, non vediate l’ora di cambiare rapidamente argomento passando al CORANOVIRUS, se no le vendite calano e si perdono posti di lavoro…
Appello agli insultatori seriali da “social”: Avere rispetto è richiesto a tutti, anche a chi brandisce e si nasconde dietro un ID di un profilo Twitter o Facebook: esiste una deontologia, un bon-ton anche nell’uso di questi mezzi. Nel non farne uso si va dalla maleducazione terra-terra al Cyberbullismo. Che è perseguibile penalmente. (Chissà perché continuiamo a chiamare “social” un fenomeno che diventa spesso una palestra di anti-socializzazione…)
Fortunatamente ho potuto intercettare validi articoli (secondo me) come su Il Mattino e su Liberopensiero a firma di Simone Martuscelli , tanto per fare un esempio e interventi molto umani; uno su tutti quello su Facebook di Toni Capuozzo che condivido pienamente (e spero che mi perdoni la citazione in questa sede).
Chiedo ovviamente scusa se qualcuno si fosse sentito offeso per questo Post più tragico che comico. Capisco che è facile cascarci, ma, credetemi, non volevo mancare di rispetto a nessuno.
Su suggerimento di Marco F. ho realizzato questa vignettina sulla piega giudiziaria presa dalla vicenda Covid. È l’unica cosa che fa amaramente sorridere in questo post seriosissimo, vi avviso.
In Italia, (ma anche in Francia, per esempio) se non troviamo subito dei capri espiatori a cui farla pagare anche per ciò di cui non sono responsabili, non ci mettiamo il cuore in pace. In realtà con questo sistema affrettato siamo esentati dal dover cambiare qualcosa, resta tutto così com’è. Al massimo peggiora.
Ho parlato di “piega giudiziaria”; in realtà è una “piaga giudiziaria”. Anzi, secondo me il giustizialismo è proprio il modo più appropriato per non voler risolvere radicalmente i problemi. La mannaia (in Francia la ghigliottina) staccherà qualche testa di secondaria importanza, penultima nelle catene di comando e la sola vista del sangue ci inebrierà e ci appagherà momentaneamente.
Qualcuno, (basta che non sia io, eh?!), deve pagare, al più presto, poi vedremo! Salvo poi, col tempo, scoprire che il marcio era da ben altra parte, o comunque era condiviso. E la verità era solo parziale, non intera, Allora, pronti, un altro Pogrom e alla via così. Siccome non riusciamo a distinguere il “peccato” dal “peccatore” pensiamo in maniera rozza e primitiva che tarellando il secondo, automaticamente venga eliminato anche il primo fattore. La persona invece non è mai definita solo dal suo difetto, per grave che sia.
Il frutto di questo modo di fare è un incremento della dietrologia, una sfiducia generalizzata nella Politica e nel cambiamento (perché il marcio e l’opportunismo si annidano dappertutto), quindi il prevalere di un lagnoso lamentarsi di tutto e della pretesa individuale elevata a diritto. Il vero risultato finale è che, appunto, non cambia nulla. Non può migliorare nulla. Strutturalmente intendo.
Affrontare i problemi significa imparare a vivere nella complessità totale, ad accettare che non tutti i tasselli entrino di colpo nelle loro caselle, ad analizzare con metodo e con calma quanti più dati possibili, tutte le interconnessioni secondo tutti i loro fattori, almeno tendenzialmente. Poi verificando lealmente le ipotesi di lavoro che si considerano più adatte a risolvere meglio la complessità individuata. Ed è un lavoro che si può fare solo insieme a tutti gli attori in gioco e con l’apporto di gente che non parla solo perché si è trovata per caso la lingua in bocca.
Il “capro espiatorio” tendenzialmente semplifica troppo, è più comodo e veloce, ma acceca. E’ smart, ma è una pirlata. E’ una visione tendenzialmente miope. Al massimo è una questione di potere: a una parte si sostituisce quella opposta. Che si troverà poi con gli stessi problemi mai affrontati che saranno causa della successiva alternanza.
(Almeno la si buttasse in politica… forse ci sarebbe qualche occasione in più di parlarne. Qui la si butta subito in galera, non c’è più spazio per null’altro).
Però, cari italiani e care italiane (mi vedo Ciampi imitato da Fiorello), noi siamo un popolo di santi (? boh, …qualcuno c’è), navigatori (oramai solo in Internet), eroi (beh, a volte… ne abbiamo visti negli ospedali in questi giorni), allenatori di calcio (mala tempora currunt…) e soprattutto di autoeletti giudici togati. Ah, come ci piace a noi la toga… W la toga! (lo scranno più alto ci intrippa). Ok, però non deve far rima con Foga, Droga, Demagoga…
Sbloccato lo sport individuale di squadra. Chiunque potrà tirar palle nel nostro campo. Già nella fase uno di palle ne sono piovute parecchie, (…che palle!), ma lasciamo perdere… Livio mi ha suggerito questa vignetta sulla riapertura del tennis: una mascherina al posto della rete impedirà la diffusione del virus.
Se però il trend dei contagi vedrà rialzarsi la curva, verranno tempestivamente introdotte nuove regole: Il giocatore A giocherà fisicamente da solo, gettando la pallina in campo avversario, ma il giocatore B, non potendo esserci se non da remoto, con un messaggio Whatsapp o uno Zoom avviserà il giocatore A dell’arrivo della pallina in una determinata area del campo da gioco, dandogli le coordinate geografiche del suo punto d’impatto.
Al che, il giocatore A correrà subito a rispondere in campo B e rispedirà la pallina nella sua primitiva area di gioco. (L’abilità di A è evidentemente quella di far girare le palle il più velocemente possibile. L’abilità del giocatore B è riuscire a fare quante più segnalazioni errate all’avversario A). E così via negli scambi, finché uno dei due (per così dire) avrà infilzato con un dritto o un rovescio ben assestato l’avversario.
A causa di questo “doppio gioco” sono previsti crolli mentali improvvisi e crisi di identità devastanti tra i “novelli Panatta” di oggi. A questo proposito potranno riaprire in contemporanea anche gli studi psichiatrici e potrà assistere il giocatore, a distanza di sicurezza e fuori dall’area di gioco, anche uno psicologo dello sport indicato dalla federazione.
Con queste modalità è ovvio che non si potrà giocare il Doppio – doppio gioco. Dalle prime sperimentazioni si è notato che finora nessun giocatore è stato vincitore su se stesso e neppure sconfitto da se stesso e l’unica a finire battuta è stata la terra.
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