Archivio dei tag smalti

DiGiancarlo Paganini

San Benedetto da Norcia

Il santo protettore della Fraternità di Comunione e Liberazione

La nascita di un’idea

Stiamo attraversando un cambiamento d’epoca, come accadde a San Benedetto da Norcia, con tutte le difficoltà, le angosce e le nuove prospettive che questo comporta. Agli inizi di Giugno, dopo gli Esercizi di Rimini e il memorabile intervento di Davide Prosperi all’Assemblea dei Centri Culturali ho pensato che non potevo più attendere ad esprimere il mio ringraziamento a lui e alla Fraternità per i passi che stiamo facendo con la sua guida.

Quale modo migliore per esprimere questo desiderio in modo personale e, se non artistico, almeno artigianale, con uno dei miei sbalzi? Magari raffigurante proprio San Benedetto da Norcia, il santo protettore della Fraternità di Comunione e Liberazione.

L’anno scorso c’era già stato il precedente del regalo dell’Icona con la scena della “Presentazione al tempio” fatto a Padre Lepori per ringraziarlo degli Esercizi del 2022-2023.

Una figura poco raffigurata

Mi metto a cercare in Internet qualche immagine di dipinti o affreschi che rappresentassero il santo. Strano!. Non ci crederete, ma non ho trovato molto e poche immagini mi sembravano belle e convincenti. Un paio di affreschi medievali soprattutto e due tavole: una di Mantegna e una di Daddi. Nell’archivio di bozzetti di mio papà Ettore, nulla… e inoltre volevo fare qualcosa di più originale. Farò dunque una sintesi di quelli più convincenti. Quindi parto innanzitutto dall’affresco e lo ridisegno apportando alcune modifiche (la mano destra, per esempio da dove sbuca? E il libro della Regola che diavolo di prospettiva ha?).

L’affresco prescelto come modello

Scoperte en passant

Cercando qua e là trovo sul sito www.acistampa.com anche un’interessante medaglia simbolica di san Benedetto, con degli acronimi che non conoscevo, e che metto qui: fanno pensare, no? Non lo sapevate? Sapevatelo!

La medaglia di San Benedetto, con tutti i suoi acronimi

Allora si inizia

Ridisegno al tratto il mio san Benedetto, lo scannerizzo e lo inquadro in Illustrator in una architettura dal sapore medievale. Lo stampo nella misura desiderata e lo applico su una lastra tipografica di alluminio (di recupero, contro lo spreco come al solito e opportunamente ripulita).

Il disegno applicato alla lastra

Con i miei attrezzi da toreuta (Punte di biro e bastoncini di bambù opportunamente modellati) inizio a sbalzare e cesellare sul fronte e sul retro la figura.

Prima “incisione” dello sbalzo da cesellare fronte e retro
A metà dell’opra

Sbalzo terminato in una giornata

Ed ecco allora lo sbalzo terminato, ancora da piegare e sagomare sul supporto di legno compensato dopo aver tagliato le parti di lastra in sovrappiù negli angoli.

Sbalzo terminato, da rifinire

Fatta questa operazione di taglio, riempimento con colla di montaggio e Attack per fissare sul retro le alette, lo sbalzo mi si presenta, come al solito bello lucido ma dall’effetto un po’ “piatto”.

Sbalzo montato sul supporto ligneo

Lo renderò più “anticato” e definito con la stesura della mia mistura nera da brunitura. Poi ripulisco l’aureola dalla tintura.

Lo sbalzo terminato e brunito, con l’aureola ripulita, pronto da dorare

Dorare, please!

Questa volta faccio un’operazione mai fatta da me in precedenza su questo genere di Icone: dorerò l’aureola con la foglia d’oro: stendo una mano di “missione” Divolo per fare aderire la foglia. L’attesa è di tre ore prima di poter dorare. (La parola “missione” mi colpisce ogni volta, …ok, è una vernice che serve per mettere la foglia d’oro, ma quanti altri significati molto più pregnanti ha, visto che qui si parla di un’Icona?)

La missione a vernice Divolo e le foglie d’oro da applicare all’aureola

Dopo, passo sopra tutto una mano di vernice Macota per fissare il risultato. (Purtroppo gli imprevisti con la doratura sono sempre dietro l’angolo, così dovrò riprendere, con lo stesso metodo, alla fine un segno che salta fuori sulla destra dell’aureola. Però, dài, l’effetto non è male. Potrei anche fermarmi qui. No?

L’icona brunita e con la doratura dell’aureola eseguita

Invece vado avanti

Decido di smaltare. Ma anche qui incontro dei problemi legati all’età degli smalti (un anno, mica secoli…), che evidentemente si asciugano un po’ nelle boccette. E non è che costino pochissimo… La cosa richiede quindi attenzione particolare. Faccio una prima stesura poi casomai andrò avanti. Col nero valorizzo alcuni dettagli della figura per dare ulteriore profondità.

Prima mano di smalti

Non mi basta e quindi passo la seconda mano

Seconda mano di smalti

Poi faccio una cosa di cui mi pento: passo una seconda mano di Macota per proteggere l’icona. Peccato che sul turchese faccia una reazione strana, raggrinzendo un po’ lo smalto. Mai fatto in vita sua. Sono gli imprevisti del mestiere. Non si può tornare indietro. Non c’è control Z o Undo. Le cose fatte a mano non perdonano…

Incorniciato

Incornicio l’Icona di san Benedetto da Norcia e lo accompagno poi con un biglietto per Davide e la Fraternità. Grazie, Davide!

L’icona finita, montata nella sua cornice e il fondo di velluto scuro

Un Post Scriptum

Ho consegnato l’Icona a Davide alla fine dell’ultima Diaconia diocesana del 18-6-24. Lui mi ha ringraziato ricordando che “Questo è il secondo regalo che mi fai quest’anno!”, alludendo alla registrazione di don Giussani che gli avevo spedito un paio di mesi prima (audio del 1979, col racconto vivacissimo agli studenti di GS del suo primo incontro ufficiale a Roma con Papa Giovanni Paolo II), dai quali aveva tratto spunto, facendolo anche ascoltare, per alcuni interventi epocali, come quello all’Assemblea dell’Associazione Italiana Centri Culturali del 18-5-24, pubblicato poi col titolo: “Cultura: essere per Cristo”.

Allora gli ho detto: “Sì, ma quello era un regalo “usato”, di seconda mano”. Perché già lo avevo inviato nel 2015, appena ritrovato sistemando degli armadi di casa, a don Julian Carròn e all’archivio del Movimento, (come gli avevo fatto presente quando gliel’ho fatto pervenire via mail per ispirazione “soprannaturale”). “Questo invece è inedito, solo per te, e attraverso te a tutta la Fraternità, per gratitudine al cammino che stiamo facendo insieme, con la tua guida”.

Considerazioni finali

Ho riincontrato Davide pochi giorni dopo, alla convivenza della Diaconia a La Thuile e mi aspettavo che mi dicesse se gli era piaciuto il regalo, come aveva reagito, insomma. Ero molto in dubbio se chiedergli qualcosa o no. Incrociatolo finalmente in fila a colazione gliel’ho chiesto e lui mi ha detto di sì, che gli era piaciuto tantissimo e, anzi, l’aveva appeso in ufficio in sede, e poi mi ha fatto i complimenti, volendo sapere come l’avevo fatto, ecc.

Leggendo l’altro giorno un passaggio degli Esercizi spirituali della Fraternità 2024 ho trovato questo testo a pagina 56: “… non è questione di misura, ma di compagnia e, ultimissimamente, di amore, cioè di abbandono di sé, di dono di sé. È meglio dire abbandono di sé perché chiarisce l’idea di dono; nel dono uno riserva sempre il diritto ad essere stimato perché ha dato, il diritto alla gratitudine, e questo fa perdere tutto; mentre nell’abbandono di sé, no, è puro. L’abbandono di sé: quanto più si ama tanto più uno abbandona sé stesso, afferma soltanto l’altro».109 Nel distacco della povertà si conosce e si ama. Nella povertà, dunque, non sei più attaccato alle cose, alle persone, per una tua sicurezza, ma solo in vista del loro destino, perciò del loro bene e della loro verità: «Quanto più si vuol bene, tanto più diventa lieve, leggero, libero il rapporto»,110 senza pretesa”. (109 e 110 da L. Giussani, Si può vivere così? p. 269 e 277).

Che dire? Touché! Quanta strada ho ancora da fare, no? Ma ogni passo, anche quello che dà la misura di un limite e di una meschinità, fa maturare un’esperienza e questo io desidero sopra tutto imparare: L’abbandono di sé, puro.

Avanti!

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DiGiancarlo Paganini

Madonna con Bambino (Archivio n°0202)

Un’icona sbalzata e smaltata su alluminio effetto argento, completamente resinata

Evviva!!! Una buona notizia per i miei affezionati amici followers: ecco a voi una piccola icona della Madonna con Bambino (misure finita: 9,8 x 14,8 x 1,3 cm) smaltata e resinata fronte-retro che metto in vendita a soli 350 euro. (Per i milanesi non c’è problema, per gli altri vanno calcolate in più le spese di spedizione postale). Quindi, affrettatevi, amici, non fatevi sfuggire questa ghiotta occasione!
Ottobre, come Maggio, è il mese della Madonna, per cui un affettuoso omaggio alla nostra mamma celeste è più che doveroso, no?

Chi fosse interessato mi contatti privatamente e mi comunichi il suo interesse per l’acquisto di quest’opera adatta a essere regalata o a divenire ispirazione di devozione personale, comunitaria o familiare alla SS. Vergine Maria.

Troppo cara? NO.

La Madonna certamente sì, il prezzo no. Giudicate voi: oltre al valore artistico implicito nell’opera, il cui disegno della Madonna con Bambino, (opportunamente modificato secondo le mie esigenze), è tratto con la sigla n° 0202 dall’Archivio dei disegni di mio padre Ettore Paganini, in quest’opera unica c’è la lavorazione a sbalzo su lastra di metallo, la brunitura, la smaltatura e la ricopertura di resina epossidica che garantisce al prezioso manufatto una durata pressoché infinita nel tempo ma ha il difetto di costare un po’.

Il disegno d’archivio n°0202 della Madonna con Bambino tratta dall’archivio paterno

A proposito di tempo

Ecco, a proposito di tempo, va considerato anche il tempo richiesto per realizzare l’opera (10 giorni), di cui la parte dedicata alla resinatura e alla levigatura, (di cui parlerò più avanti), occupa una parte considerevole, fatta anche di necessari tempi di attesa perché le reazioni chimiche si compiano e stabilizzino.
Considerate che mi accingo a realizzare questo progetto il 20 di Ottobre, dopo che mi sono reso conto che non ho nulla di pronto che possa essere venduto nel caso qualcuno mi chiedesse un’icona da regalare o da avere in casa. Solo oggi, il 30 di Ottobre, posso dire di aver terminato l’opera.

Ma andiamo con ordine.

Il disegno applicato sulla lastra di alluminio (qui con le alette già tagliate)

Fase di sbalzo

Dopo le necessarie fasi di pulizia della lastra, nella giornata del 20 porto a termine la fase di sbalzo. Qui lo sbalzo dal fronte e dal retro.
Come sempre la difficoltà più grande la sperimento sbalzando e “cesellando” i volti: basta un nonnulla perché l’espressione cambi e sia difficile poi recuperare le fattezze desiderate. Il 20 sera monto la lastra sul supporto, tagliato in misura, di masonite. Metto tutto sotto pressione per tutta la notte.

Il fronte dello sbalzo, col cesello delle figure.
Il retro dello sbalzo sulla lastra tipografica. Sul fronte è ancora attaccato il disegno
La lastra pronta per essere montata sul supporto di masonite (piegando e incollando le alette, sul retro). L’operazione precede necessariamente la fase della brunitura.

La brunitura

Il 21 ottobre mi dedico alla brunitura chimica della lastra della Madonna con Bambino, ottenuta, dopo profonda pulizia e sgrassatura, stendendo il mio intruglio alcoolico nero (dalla composizione tanto segreta che non me la ricordo neppure io) e ripulendo poi la superficie massaggiandola vigorosamente con straccetti di carta da cucina e un po’ di alcool denaturato. La lastra deve essere già stata montata sul suo supporto rigido e irrobustita con colla di montaggio dietro le cavità principali, per evitare di sfondare i volumi rialzati in sbalzo.

L’icona in alluminio, montata sul supporto, patinata con la brunitura alcoolica ad effetto argento antico.

Se andate a leggere i precedenti post delle icone realizzate, ad esempio questa della Madonna ad hoc per Gianni, trovate il procedimento che uso ormai in modo “consolidato” sia sull’alluminio che sull’ottone, dando, evidentemente risultati diversi. Dopo la brunitura fisso il risultato con vernice trasparente MACOTA, per evitare gli errori commessi nell’icona della Presentazione al tempio

Fase di smaltatura

Con gli smalti per vetro riempio le campiture delle aureole e del riquadro alle spalle della Madonna con Bambino. Lascio asciugare, ed ecco il risultato. Ancora una volta devo decidere se resinare o no, visti i rischi (sempre dietro l’angolo) a cui si va incontro in quella fase. Ma oramai la strada è tracciata: anche saper eventualmente correggere errori ed imprevisti (che inevitabilmente si presentano) fa parte di una professionalità acquisita e consolidata.

Smaltatura terminata

Resinatura del retro

Come l’ultima volta decido che il sistema migliore per resinare è farlo in 2 parti: prima il retro. Dopo aver applicato un foglio di adesivo oro sopra le alette e su di esso la mia etichetta protetta da adesivo trasparente e segnato con un pennarello il numero 0202 sulla lastra, costruisco attorno al perimetro una micro-cassaforma leggera con scotch di carta che aderisce ai bordi, alla quale associo a filo nella parte libera rimasta adesiva un tiro di scotch trasparente normale spalmato di distaccante. In questo modo la resina (2 mm circa) proteggerà il retro, potrò staccare il bordo contenitivo senza problemi e procedere poi con la resinatura in cassaforma rigida del fronte.

2 errori pazzeschi

Primo errore: quando colo la resina (iCrystal della Resin Pro) mi sembra che il piano non sia in bolla perfettamente e allora infilo da una parte, sotto all’ambaradan, un piccolo spessore di un millimetro: troppo! Ma me ne accorgerò solo quando smonto la cassaforma. La colata non è in piano. Inoltre in una zona abbastanza ampia la resina risulta non perfettamente consolidata: forse, accidenti, non ho mescolato perfettamente i due componenti o la resina è un po’ vecchia. (E quindi, comunque, va fatta una ulteriore colata correttiva). Devo aspettare ancora una giornata almeno perché la resina si stabilizzi.

Secondo errore: Rifaccio l’operazione, dopo aver comunque levigato i bordi e riportato i margini al piano. Peccato che il complesso di oggetto e cassaforma, appoggiato un po’ rialzato su un piccolo cuscinetto di plastica spugnosa (per evitare che sporchi il davanti dell’icona nel caso dovesse colar fuori qualcosa dallo scotch/cassaforma) su un’asse che tengo come superficie contenitiva, non faccia bene il suo mestiere e da un microscopico pertugio in un angolo la resina cola dalla cassaforma, trova la spugnetta di plastica troppo larga e fa da colla tra quella e il fronte dell’icona. Il giorno dopo quando spacchetto la cassaforma: NOOOOO!!!! Un disastro, mani nei capelli e imprecazioni (…che, trattandosi di un’opera a carattere devozionale, non è proprio il massimo…).

Mai perdersi d’animo

Calma! Con un cutter affilato stacco delicatamente la maggior parte della spugnetta Bianco/trasparente aderita all’icona. Ma devo fare attenzione a non arrivare a grattare e rovinare la cornice brunita. Quando vedo che il rischio è troppo grande lascio perdere. La spugna è faticosamente eliminata e ciò che resta è solo resina raggrinzita. Però, penso, resina + resina, l’effetto potrebbe venir “riassorbito” dalla nuova colata sul fronte. Nell’esperienza ho visto che potrebbe essere una soluzione plausibile, anche se la tentazione di cercar di eliminare tutte le imperfezioni subito è grandissima. (Ma potrebbe avvenire come nella parabola del loglio e del buon grano, quindi meglio non aver la pretesa di sistemare tutto subito e sradicare con la zizzania anche il buon grano). Come recita il proverbio: “Il meglio è nemico del bene”.

L’errore della colatura nell’angolo in basso a sinistra. Bel danno, eh? Qui l’icona, col retro già resinato e piallato, è nella cassaforma in attesa della nuova colata di resina.

Resinatura del fronte

Insomma, si lavora sempre rischiando sul filo del rasoio: alcune cose si possono recuperare, altre no. Se la resinatura non dovesse correggere l’errore il danno sarebbe stavolta irrecuperabile. Allora si rischia. Fatta la nuova cassaforma (e qui bisognerebbe aprire una parentesi sugli accorgimenti che ho usato per proteggere il retro già finito, ma non la apro), mettendo i miei bravi distanziatori che consentono di avere resina anche nei bordi esterni all’icona, scelgo questa volta una resina nuova (La “Liquidissima” di Resin Pro) che, almeno dal nome, promette di arrivare a coprire facilmente tutte le superfici e creare poche bolle.

Mescolo al meglio che posso, a bagnomaria nell’acqua calda, dopo aver fatto il calcolo dei due componenti (questa resina è diversa dalle altre usate in precedenza), verso in un colino di tulle auto-costruito per evitare che si depositino grumi o cristallizzazioni non voluti (come accade spesso con la iCrystal) e spando uniformemente su tutta la superficie. Qualche bolla vien su e la elimino con lo spillo e il phon caldo.

La colata appena versata (il 26-10) nella cassaforma di legni e silicone

A volte il troppo stroppia

Recitava il testo di una vignetta del mio amico Livio:” Non dobbiamo ripetere gli errori del passato!” “Tranquillo, ne inventeremo di nuovi!”. Non ci facciamo mancare nulla: per togliere una bollicina o un pelucco capitato lì per caso sulla resina che ormai sta reagendo con lo spillo muovo un po’ la superficie nell’angolo in basso a destra. Al momento sembra che tutto si rimargini fantasticamente. In realtà a reazione avvenuta noto che si è creata una piccola imperfezione, come una specie di moto convettivo interno. Vediamo se lucidando si elimina. Ma il resto della superficie è perfettamente lucida, sarebbe un peccato rovinarla, comincio allora a levigare a dovere i bordi e spianare tutta la parte rialzata della “cornice”. Prima lucidatura.

Risultato dopo la prima lucidatura
Risultato dopo la prima lucidatura (27-10)

Non mi piace, stavolta devo levigare sul serio

Il difetto si vede troppo, devo scavare un po’ di più partendo da abrasivi almeno di 400° per arrivare salendo fino ai 10.000° e al polish con tampone di gommapiuma e feltro lucidante. Ci vuole ancora del tempo per essere sicuri della totalmente avvenuta solidificazione della resina. Mi piange il cuore al pensiero di dover passare gli abrasivi sulla lucidissima superficie naturale della resina, ma …”quanno ce vo’, ce vo'”!

Nuova lucidatura

Con la roto-orbitante ci dò dentro per oltre un’ora e alla fine mi ritengo abbastanza soddisfatto: solo a guardare “di sguincio” e controluce si intravvede ancora qualcosina, ma a questo punto, vista la profondità della leggerissima imperfezione, mi rifaccio al suddetto proverbio del meglio nemico del bene e considero finalmente terminata l’opera. 30-10-2023. Che sudata! Bella però, neh!?

Finita!!!!

Il supporto per comodino

Il 14-12-23 introduco una novità per facilitarne l’utilizzo. Praticando due forellini sul retro consento a chi acquisterà la preziosa Icona di poterla appendere alla parete con un chiodino che entri nel buco superiore. Contemporaneamente fornisco anche il semplice supporto metallico inserito nei due forellini per posizionare l’icona sul piano di un mobile. Spero che la soluzione risulti gradita a chi la acquisterà.

Penso anche che per le prossime icone resinate utilizzerò il medesimo sistema, semplice ma efficace.

Il supporto montato sul retro

Post Scriptum (che avrei voluto evitare…)

Luglio 2024: la bella icona è posizionata su un mobile all’ingresso di casa. Un giorno di fine giugno mi accorgo che nelle campiture blu del fondo sta cambiando qualcosa. Sotto la resina. Come se si fosse creata una piccola bolla o un distacco tra resina e smalto epossidico che modifica il blu in un turchese. Cavoli, che peccato, mi dico, una imperfezione che rovina un po’ l’effetto finale! Eh, perché non so ancora cosa accadrà di lì a qualche giorno. Sarà il caldo milanese di luglio, sarà un difetto nella colatura o nella reazione di indurimento della resina (ma viene fuori dopo 10 mesi?), sarà, sarà…. Che disastro! lo smalto si è come staccato da sotto la resina e si sta espandendo e allargando oltre tutte le previsioni!

Mai successa una roba del genere, e spero, ovviamente, che non succeda mai più: ma da ora in poi, chi può più fidarsi della resinatura? Mi toccherà provare a cambiare marca dei prodotti. Ovvio che conciata così non posso più venderla, mi spiace molto. Mi toccherà rifarla.

L’icona irrimediabilmente rovinata. Sigh!
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DiGiancarlo Paganini

San Giuseppe. Un dono. In tutti i sensi.

E’ finalmente giunta l’ora di preparare un regalo (San Giuseppe. Un dono) a cui pensavo da tempo, ma che ha sempre trovato sulla strada della sua realizzazione l’opposizione della mia pigrizia atavica e la mancanza di tempo, di ispirazione, ecc. Ora i tempi (e le tecniche) sono maturi ed è evidente che non posso dilazionare oltre questo lavoro a sbalzo e smalti su alluminio. L’amicizia, per esprimersi, a volte ha bisogno di segni, anche semplici, tutto qui. Ora urge. Basta magliette, polo e indumenti tecnici, spazio all’arte!

Un soggetto adeguato

Sfogliando tra le opere di mio padre Ettore, recentemente mi sono imbattuto in una bella composizione di smalti sulla Vita di san Giuseppe (era custodita in casa di mia mamma, ora di mio fratello Marco), in cui troneggia splendida la figura di San Giuseppe col bambino in braccio. Mi piaceva la semplicità delle figure e la ricchezza dell’aureola, che esprimevano affetto e cura, amore del Figlio verso il padre putativo, partecipazione dell’autore alla vocazione paterna e a quella artigiana del santo protettore della Chiesa. Nell’originale che qui vi mostro, (il disegno preparatorio è il n° 0117) il contorno delle vicende evangeliche dell’infanzia di Gesù (Sposalizio con la Vergine Maria, Fuga in Egitto, Giuseppe lavoratore che insegna il mestiere al figlio, gloria di san Giuseppe protettore della Chiesa universale) arricchivano di significato le due figure centrali. Però sono rimasto attratto soprattutto da queste e mi così mi sono tornate alla mente al momento di decidere cosa rappresentare nel regalo di compleanno per Guido.

La composizione “Vita di san Giuseppe” 0117 a formelle di rame smaltato a gran fuoco

Poteva essere altro?

Avevo pensato anche all’ipotesi di una “Madonnina”, ma tutto considerato alla fine la scelta è caduta su questa figura, che mi sembrava più adatta a Guido, padre e nonno, lavoratore indefesso come “carpentiere costruttore di opere” ossia direttore di enti assistenziali e caritatevoli, amico vero da una vita e per la vita. Per adeguare il tutto alle misure desiderate (circa 10 x 21 cm) parto dalla foto dell’opera a smalto e non dal disegno: in Illustrator sistemo la geometria dell’aureola e del vano architettonico stondato di fondo, stampo la bozza e la applico sulla lastra di alluminio. Tutto secondo la norma, il procedimento che ho messo a fuoco nel tempo. E’ il 4-7-23.

La stampa del particolare con san Giuseppe, applicata alla lastra metallica

Da certi errori non imparo mai

Forse preso dalla fretta di iniziare mi dimentico però di fare un’operazione che una volta facevo sempre sulla lastra di alluminio, prima di cominciare lo sbalzo: pulire a fondo strofinando forte con paglietta fine, alcool denaturato, sgrassatore, acqua e Cif, e infine diluente e poi ancora alcool isopropilico, la superficie della lastra tipografica, che, dalla parte non emulsionata è ricoperta da un sottilissimo, quanto tenace, strato di una specie di vernicetta trasparente che fa brillare a specchio la superficie, ma trattiene fastidiosi segni della calandratura della lastra che poi salteranno immancabilmente fuori rovinando l’effetto finale. Invece occorrerebbe partire dalla lastra già ripulita da tutti i segni (resta, è vero, un po’ opaca e non più lucida): se no a sbalzo fatto sarà difficilissimo, se non impossibile ottenere un buon risultato. Come una stupida gazza ladra mi faccio irretire dallo “sbarluccichio” della superficie, non vedo i difetti e inizio lo sbalzo. Con baldanza ingenua, anzi sciocca. La pagherò poco più avanti. Tranquilli, la materia non perdona e la realtà è testarda.

Lo sbalzo

L’8 luglio lo sbalzo è quasi terminato. Non ci ho lavorato con continuità. I lavori di impermeabilizzazione del terrazzo e i muratori da seguire son cose che portan via tempo, specialmente ad un “Umarell” professionista come me. Purtroppo i difetti della lastra sono così evidenti che devo cercare di toglierli a sbalzo quasi finito, col rischio di schiacciare i volumi. Qui vediamo il retro e il fronte della lastra, che, dalla metà in giù, è tutta segnata dal difetto di righe e striature orizzontali.

Il fronte della lastra, difettata nella metà inferiore

Poche idee, ma ben confuse

Imbottisco allora il retro dello sbalzo per rinforzarlo ed evitare che si schiacci durante il tentativo di lucidatura. Intanto, a furia di passar paglietta e detersivi qualcosa del fondo migliora. E’ già qualcosa non dover rifare tutto, non vi pare? A questo punto devo anche decidere come finirò l’opera: patinata tipo argento e anticata come la precedente? Smaltata tutta o solo in parte? E quali parti, nel caso? Resinata, come da consolidato trend degli ultimi mesi o no?

Il retro della lastra imbottito di colla da montaggio e carta a proteggere

Brunitura, è deciso

Passo quindi la stesa di tintura per la brunitura. Effetto: alla luce led, mica male. Alla luce del sole uno schifo: troppo scura e macchiata, con assurdi aloni dorati sulle linee di disegno principali (strana reazione, da studiare un domani) e continuare a strofinare con alcool denaturato non porta a nessun miglioramento. Boh, ci penso su nel tentativo di trovare il modo di migliorare la resa. Intanto taglio le alette per il montaggio sul supporto (e questa volta taglio per il supporto un lastra di masonite spessa 6 millimetri, col vibrarazer). Qui la prima brunitura, molto scura, macchiata ed evidente.

Soprattutto da metà in giù si notano imperfezioni e macchie

Allora si rifa

E’ irrecuperabile, forse l’unica possibilità è ripulire lo sbalzo e rifare la brunitura. Il 9-7 tento con l’alcool isopropilico, ben diverso da quello denaturato (che al confronto è acqua fresca). In un battibaleno siamo tornati alla situazione ante brunitura. A questo punto monto lo sbalzo sul suo supporto di masonite, con colla di montaggio tra sbalzo e masonite e Bostick per fissare le alette posteriori. Metto sotto pesi per sigillare bene il tutto durante tutta la mattinata. Al pomeriggio ripulisco e sgrasso per bene il tutto e ri-distendo la mistura un po’ più diluita e con un attrezzino tipo spatola fatto di gommapiuma per spalmare uniformemente il liquido. Poi sfregamento come di norma. Una passatina di vernice protettiva Macota per fissare la brunitura e non incappare nell’errore dell’ultima volta, quando lo smalto ha sciolto la patina scura, sporcandosi. Ecco il risultato, assolutamente migliore del precedente, anche se non perfetto.

La seconda brunitura. Nella cornice inferiore si notano ancora delle striature che non sono riuscito ad eliminare. Ma il meglio è nemico del bene…

Smalti e ultimi particolari prima del montaggio in cornice

A questo punto posso procedere, con tranquillità, con gli interventi a smalto epossidico: rinforzo col nero i tratti del disegno principali e stendo gli smalti sull’aureola, cercando di non discostarmi troppo dalle cromie dell’originale paterno. Et voilà! Sono indeciso se smaltare anche il fondo. Poi, un po’ per pigrizia, un po’ perché già molto soddisfatto dal risultato raggiunto mi fermo qui.

La formella terminata, pronta ad essere incorniciata

A questo punto come lo monto o lo finisco?

Non è che posso regalare una formella così nuda e cruda. O la resino (tentazione fortissima) o la incornicio. Anche in questo caso propendo per la seconda ipotesi, la prima è troppo rischiosa: non avrei tempo di rifare alcunché nel caso andasse storto qualcosa. Mi sovviene che in cantina ho ancora qualche cornice ereditata dallo zio Michele. Trovata, misure perfette, nonostante debba sostituire anche per questa la controcornicetta dorata interna, tagliare un nuovo pannello di legno o simile, creare una controcornice distanziatrice che mi dia lo spessore sufficiente per distanziare la formella dal vetro (almeno 6 millimetri). Mi faccio i complimenti perché, non buttando mai nulla, posso recuperare dei profilatini a sezione quadrata di legno che sembrano fatti apposta. Tagliati, incollati, perfetti. Panno blu scuro (come quello della Presentazione al tempio) a rivestire il fondo; misure, biadesivo e 4 chiodini a fissare la formella sul fondo. Ottimo, il regalo è pronto. Il primo di Agosto si avvicina… Auguri, Guido!

Buon compleanno!

Oltre a noi Paganini partecipano di cuore agli auguri anche gli amici, Francesca e Mauro, Anna e Ignazio, Alberto e Manuela e Chiara.

DiGiancarlo Paganini

Una Madonna con Bambino in miniatura

Per un regalo di prima Comunione

La richiesta di mia figlia Lucia

Siamo al 15 maggio 2023, e Lucia, passando da me, vede un’altra icona molto particolare in lavorazione (di cui parlerò nel prossimo Post di questa categoria) e mi chiede a bruciapelo se me la sento di realizzare una piccola Madonna con Bambino per un regalo di prima Comunione (per il 28-5-23). Si tratta della sua figlioccia di battesimo.

Piccola piccola, per favore

I tempi non sono larghissimi, e neppure le dimensioni devono esserlo. Anzi, mi raccomando, piccola piccola. Le sottopongo due ipotesi tra i disegni d’archivio di mio padre Ettore. Per entrambe penso ad una dimensione finale di 7,5 x 10 cm. La scelta tra la 0189 e la 0190 cade sulla prima: e 0189 sia!

i due disegni d'archivio tra cui scegliere il soggetto da realizzare

Al lavoro, dunque!

Già, devo sbrigarmi, anche perché, ormai “infularmato” (espressione paradialettale lombarda) dalla tecnica delle resine, (come per la prova ben riuscita della Madonna della Resina) me la immagino come un bel quadrello di resina che ingloba totalmente lo sbalzo, ma non ho in casa resina a sufficienza per realizzare entrambe le icone in lavorazione, e per ottimizzare i tempi penso che le colate dovranno essere fatte contemporaneamente. L’altra “icona reliquiario” è già in uno stato di lavorazione più avanzato, ma per un errore, purtroppo facile in questa tecnica, devo correggere la colata sul retro a cui è rimasto uno spazio non coperto (accidenti!). Quindi comunque dovrò ordinare nuova resina e qualche disco di levigatura. Intanto che passano i giorni per la consegna del materiale, mi porterò avanti con lo sbalzo e la smaltatura con smalti epossidici. Al lavoro, dunque!

Il disegno d'archivio sulla lastra di ottone
La stampata applicata sulla lastra di ottone, con lo sbalzo già impostato

Lo sbalzo procede velocemente

Il giorno 18 siamo già a buon punto: lavorando sul fronte e sul retro i volumi prendono consistenza e, come sempre, le parti più difficili sono i volti, perché basta un nonnulla per dare espressioni che non sono esattamente quelle desiderate. In questo lavoro i margini di correzione sono veramente minimi. Non c’è il CTRL Z. Una volta che hai rovinato l’ottone difficilmente si rimedia, per questo la tensione è sempre al massimo.

Retro e fronte dello sbalzo, con le alette ancora da ripiegare sul supporto rigido
Retro e fronte dello sbalzo, con le alette ancora da ripiegare sul supporto rigido

Sbalzo terminato, si smalta

Lo sbalzo mi soddisfa sufficientemente. Ho acquistato recentemente altri smalti epossidici per vetro “Ideavetro” della Maimeri, più densi di quelli della Maribù. Sono quindi diversi da trattare dai primi; hanno il vantaggio di avere un colore trasparente medium utilissimo a usare gli altri colori più diluiti o trasparenti, anche perché tra loro si mescolano perfettamente. Per ora li ho usati solo in alcuni particolari, come le aureole. Ve li mostro.

I colori per vetro Idea Vetro della Maimeri
I colori per vetro Idea Vetro della Maimeri

Piego e fisso la lastra con colla di montaggio sul suo supporto di masonite. Sfriso radialmente le aureole con una punta affilata, in modo da aumentarne la riflettanza. In breve anche la smaltatura termina. Stavolta ho scelto di smaltare, come nei miei primi lavori di questo genere, il fondo, l’aureola e non la figura. Mi concedo solo di rinforzare leggermente gli occhi delle due figure.

Lo smalto della Madonna con Bambino, numero 0189, pressoché terminato
Lo smalto pressoché terminato

Fin qui tutto (abbastanza) bene…

I problemi si concentrano in questa seconda fase, quella della resinatura. Sbaglio tutto lo sbagliabile perché metto a bagnomaria in acqua bollente (invece che semplicemente calda) il contenitore di vetro con le resine (I-Crystal della Resin Pro) da mescolare e da versare negli stampi delle casseforme preparate. Questo “colpo di genio” fa sparire di colpo le bolle, ma accelera la reazione delle epossidiche (anche perché il vetro mantiene il calore con continuità) che di colpo tendono a indurirsi e a diventare filamentose e a fare grumi. Me ne accorgo purtroppo mentre verso a riempire. Così devo cercare di spianare a mano con varie punte gli gnocchi di resina rappresa e facendo ciò creo delle bolle e delle asperità che non volevo… aaarrrgggghhhh! Disastro. La sola speranza è che intanto che sono ancora abbastanza elastiche si ricompongano prima dell’indurimento finale. Ultima ratio, la terza e ultima fase di finitura: pareggiare levigando con abrasivi e la fase di lucidatura finale.

Considerazioni filosofiche di medio Post

C’è sempre una certa dose di ascesi da sperimentare in questi lavori artigianali (che coinvolgono progettualità e manualità):
1) Capisci che impari poco per volta, che hai sempre da imparare e che non imparerai mai abbastanza.
2) Capisci che anche quello che pensi di aver già imparato e di poter padroneggiare, può sempre essere rimesso in discussione da stupidi particolari della realtà che non avevi considerato per supponenza.
3) Capisci che ci vuole umiltà per piegarsi alla materia, cosa che non è nelle mie corde più immediate ed istintive: “Deve obbedire, porcaccia la miseria, non è che comanda lei!”
4) Se non sei padrone neppure di cosette così banali ed elementari, pensa un po’ cosa ne è di te… La vita te la dai tu? La salute te la dai tu? Il mondo te lo dai tu? Ecc… No, però persino i capelli del mio capo sono contati.
5) Se proprio non sei costretto a buttare via tutto (cosa che è già successa) vuol dire che forse c’è una soluzione, in fondo basta trovarla. Ci vorrà del lavoro ulteriore. E comunque la perfezione non è di questo mondo e arrivare a un buon compromesso è un’arte.

Di lavoro ce n’è un sacco ancora da fare

Infatti. A indurimento finale tolgo il blocchetto dalla cassaforma e purtroppo devo constatare che molti difetti sono rimasti e ne scopro anche altri che non avevo notato. Mi pento di aver voluto resinare: ma chi me l’ha fatto fare? Lasciavo com’era lo smalto, passavo un po’ di vernice protettiva Macota ed era a posto. No? Evidentemente, no. Ormai sono in ballo e devo ballare, devo portare a casa il risultato, cioè devo finire il regalino nel migliore dei modi. Inizio a rifilare il grosso dei bordi col cutter, poi passo a levigarli a mano con carta grossa tipo grana 80 e poi scendo fino alla 120, 240 e 360. Ora però devo passare alla levigatrice rotoorbitante: c’è ancora un sacco di materiale da eliminare per arrivare a mettere in piano la superficie. Arrivo fino alla grana 1000. Tutto molto poco trasparente evidentemente. Ma capisco che il danno della bolla alla sinistra del volto si è solo ridotto ma non eliminato. In alto a destra c’è un avvallamento che andrà pareggiato. La fotografo comunque e la mando sulla chat di Resin Pro di whatsapp, chiedendo consigli. L’unico è quello di partecipare alla masterclass sulla lucidatura (37,90 euro).

La foto della Madonna con Bambino levigata fino a grana 1000. Si notano tutti difetti.

Devo tornare indietro con le grane

Nel doppio senso che le grane non mancano mai, ma anche che devo ritornare almeno alla grana 360 o 500 per levigare più a fondo per eliminare quanto più possibile i difetti. Olio di gomito e un’altra mezz’ora di paziente levigatura, tornando indietro più volte. Quando capisco che anche proseguendo non otterrei miglioramenti significativi passo alla 800 poi insisto parecchio con la 1000, poi la 1500, la 2000, la 3000 e la 4000, quella che dà il tocco finale prima della lucidatura col Polish per resine. Va passato prima con platorello di gommapiuma e poi lucidato col platorello di lana. Ti senti bene quando vedi che il tuo oggetto torna miracolosamente a risplendere! Una cosa che ho capito è che finché noti graffi (a luce radente) che con la grana fine che stai usando non vanno via devi rassegnarti a regredire di grana fino a che non li elimini, solo allora puoi procedere verso le grane più fini. E ricordarsi di pulire sempre la superficie tra un abrasivo e l’altro.

E’ stata dura, ma alla fine sono riuscito ad arrivare ad un buon compromesso qualitativo

L’oggetto è bello, sta bene nella mano, anche i colori sono ok, tutto sommato mi piace. Mando la foto a Lucia e solo allora mi ricordo che alla bambina piaceva il lilla/violetto/indaco. Orpo!, troppo tardi: non ve n’è traccia… Lucia mi perdona. (La bambina non so). Penso comunque ad una soluzione trasversale.

E’ rimasta una bollicina a sinistra della guancia, un piccolo “pastrugno” inglobato in basso a destra e alcune bollicine nel bordo destro

Tocco finale e scatola per il regalo

Sistemo ora il retro (era venuto bruttino e con un sacco di difetti). Lo ricopro di adesivo d’oro e gli metto la mia etichetta

Poi creo, dalla copertina in cartone rivestita di similpelle verde di una vecchia agenda planning, la scatolina imbottita di raso violetto per la confezione regalo. Tutto molto apprezzato. (Soprattutto dagli adulti… Lo sapevo che la bambina senza il lilla non sarebbe stata pienamente felice)

la confezione regalo
La Madonna con Bambino terminata
DiGiancarlo Paganini

Pseudo – Icona della Natività

Un presepe 3D ispirato alla grande tradizione delle Icone cristiane orientali

Pseudo Icona della Natività, finita
La Pseudo – Icona della Natività, completata

Presento in questo articolo il Presepe 3D (tridimensionale), opera a sbalzo e smalti su alluminio che ho terminato oggi, 24-11-20. Ho già illustrato in un precedente articolo (UNA ICONA DI PROVA. SAN GIUSEPPE NEL PRESEPE – datato 3 febbraio, a cui vi rimando) la genesi di quest’opera che, avvicinandosi il Natale, ha avuto una notevole accelerazione negli ultimi due/tre mesi. Non mi ripeto circa genesi e progetto iniziale. Da quell’articolo si capisce anche perché alla parola “Icona” antepongo il prefisso “Pseudo”.

Qui invece cercherò di documentare lo sviluppo temporale e la conclusione del progetto. (Per problemi legati alla seconda ondata di Covid quasi certamente il progetto pensato da don Luigi Conti non potrà andare in porto secondo tutti i suoi desiderata; forse il presepe verrà solo esposto isolato singolarmente nella Parrocchia milanese di Gesù Buon Pastore, senza il contorno delle scene realizzate dai bambini del catechismo.

Il senso di un’opera

Ho concepito il presepe in funzione catechetica e mi piacerebbe che venisse usato sempre per far incontrare ai bambini, attraverso la loro naturale curiosità e le loro domande, un riflesso del fascino del mistero del Natale.

Il progetto di don Luigi, col contorno dei presepi dei bambini

Comunque, alla fine, il presepio lo regalerò al caro don Luigi, che ha terminato il suo compito di parroco nella nostra parrocchia, per andare a svolgere il suo ministero sacerdotale al quartiere Feltre).

Durante il Lockdown precedente, pensavo di avere molto tempo a mia disposizione per pensare e iniziare a realizzare il progetto. In realtà il tempo è volato (ho battuto un po’ la fiacca…) e ho anche dovuto far marcia indietro e cambiare idea su un po’ di cose. Ero partito ai primi di febbraio, immaginando una Teotokos in un modo che poi non mi avrebbe convinto. Eccolo:

La Madre di Dio, nel primo abbozzo. Su un letto ligneo e con grande materasso. Era un po’ lignea anche la figura. Soprattutto non si sarebbe integrata al resto della composizione che andava chiarendosi in me, grazie ai primi abbozzi complessivi.
Il san Giuseppe dubbioso. Lo approvo subito senza cambiamenti

Il disegno del San Giuseppe meditabondo, del quale avevo già fatto una prova di sbalzo parziale, invece mi soddisfa, per cui diventa la pietra angolare su cui proseguire con il resto

Lo stile dei disegni

Altro aspetto da sottolineare circa lo stile del disegno. Se fino ad ora mi ero molto appoggiato all’archivio di bozzetti di mio padre Ettore, in questo caso dovevo per forza cambiare stile, cercando di adeguarmi il più possibile ai “tipi” tradizionali approvati dalla tradizione ecclesiastica orientale. Né un’Icona della Natività, né alcuna altra Icona, si può inventare “a muzzo”. (Allegherò di seguito una sintesi delle regole del buon iconografo).

Quindi, per sopperire a questa difficoltà, ho cercato di avvicinarmi ad Icone già realizzate da altri autori, cercando utilizzarne i proto-tipi e poi di armonizzare il tutto. So che certamente, per i veri scrittori di Icone, ho fatto una schifezza sotto diversi punti di vista (Quasi tutti). Lo so anch’o, ma mi piace lo stesso.

Il progetto generale, a partire dal contenitore

Prima cosa: realizzare il contenitore che conterrà il presepe. Senza questo passaggio è difficile rendersi conto del lavoro da fare, delle misure vere. Siamo a fine Agosto, inizio già a sentire il fiato sul collo del Natale che incombe… mi conosco e so che di tempo perso ce ne sarà parecchio, meglio portarsi avanti. Fatta la lista della spesa per recarmi al Brico a farmi tagliare i pezzi di legno necessari. Poi inizio a verniciare e a montare lo scatolotto.

I pezzi necessari per l’assemblaggio. Alla fine le misure esterne, comprensive di profili di alluminio sono: 41,5×26,5×27,2 cm
il montaggio del contenitore. Alcune pareti sono già state dorate, come si conviene ad ogni Icona che si rispetti. Peccato che il procedimento che uso sia molto maccheronico: niente fondo preparato a gesso e colla di coniglio, niente foglia d’oro, niente olifa.
Vernice spray acrilica su fondo ligneo preparato con tinta bianca da pareti.

La composizione generale

Mancava, oltre alle prove fatte, un progetto della composizione generale, eseguito nelle misure esatte della commissione. Un fatto non da poco. Me ne sono reso conto a mie spese dovendo poi far fronte alle misure piccolissime delle immagini da realizzare a sbalzo e poi da ritagliare sulle lastre di alluminio col cutter: un’impresa veramente faticosa! Da calli alle dita!

Misure alla mano, inizio a impostare a computer, con Illustrator, la scena complessiva, facendo un po’ un puzzle dei vari elementi schizzati. Ecco il risultato finale. Ovviamente qui è in 2D. Lo dovrò adattare al 3D, quindi, per esempio la montagna di fondo dovrà essere allungata parecchio dovendo svilupparsi poi sia nel piano verticale che in profondità, cioè in diagonale nello spazio. (La stamperò deformata in verticale, calcolando più o meno la sua vera estensione).

La composizione finale

Ci metto un bel po’ a creare la composizione con la nuova Madonna (l’immagine più bella, che ho utilizzato l’ho tratta non da una icona orientale su legno, ma da un affresco di ignoto italiano della Basilica di san Francesco in Assisi, per dire che l’unità della Chiesa, anche come sensibilità artistica, non era ancora frantumata nel 1290…) e gli altri personaggi che animano la scena. Diciamo che, tra tutto, che arriviamo già a fine settembre.

Gli sbalzi. I primi personaggi

La prima ad essere sbalzata, 10 settembre, anche per l’importanza è la Teotokos, nella nuova versione. Seguirà il nuovo san Giuseppe dubbioso intero e seduto sulla pietra (13-9). Erano i personaggi che avevo già deciso per primi come avrei dovuto farli, non ho dovuto attendere la fine dell’intera composizione generale. Decido che seguirò più o meno la stessa tecnica messa a punto per l’ambone di Mirasole a Opera (con la differenza che qui smalterò anche le figure e non solo i fondi). Gli smalti che uso, visto che me lo chiedono in molti sono quelli per vetro GLAS Art della Marabu.

Gli smalti Glas e Glas Art della Marabu

Ma qui, inoltre, dovrò fare delle “statuine” che stiano in piedi da sole e che mantengano una certa consistenza anche dovendole scontornare. Quindi dietro lo sbalzo dovrò incollare uno spessore di cartone che non sia impossibile da ritagliare e mantenere un appoggio (a L) che possa venire fissato, con colla a caldo, al fondo.

La Teotokos appena sbalzata
Tagliata e incollata sulla base di cartone
… e smaltata. Mi accorgerò solo alla fine che le mancano le tre stelle sul mantello, segno della perenne verginità: prima, durante, dopo il parto. E quindi verranno aggiunte a Madonna già installata nel presepio.
Il san Giuseppe sbalzato e scontornato, incollato sul suo cartone posteriore.
Il san Giuseppe smaltato. Trovo notevoli le ombreggiature create dallo smalto. che rendono superflui i tocchi di luce tipici delle Icone. (Lumeggiature dorate = assist)

Il fondo montuoso

Passo poi alla realizzazione della montagna e della grotta. Elementi che mi pongono diverse difficoltà realizzative. Come ho già accennato stampo l’elemento deformato in altezza e lo sbalzo mettendo a frutto il mio background professionale di grafico cartografo sfumista-montagnista (non si butta via nulla… come il maiale). Poi ne accentuerò l’effetto rilievo ombreggiato anche con il colore di smalto. Taglio l’apertura della grotta col cutter. Devo pensare a come dare struttura portante alla lastra sottile e quindi uso abbondante colla di montaggio con l’associazione di un cartone molto spesso sul retro. Per tenere il tutto in posizione obliqua nello spazio e nel volume generale creo, sempre col cartone, uno scatolato che scorre, sia tra due sostegni fissati al rilievo di fondo, sia tra due binari fissati alla scatola di legno e viene fissato ad essi per mezzo di chiodi estraibili, in modo che se dovessi intervenire posso sempre farlo smontando tutto l’ambaradan senza problemi. Nello scatolato portante introduco e incollo un foglio di stagnola da cucina stropicciato e dipinto di nero che simuli l’effetto roccia di una grotta buia. Perfetto.

Le montagne appena sbalzate. Va ancora ritagliata la grotta e rifinito il bordo superiore che piegherò sul cartone incollato. Nella parte inferiore prevedo uno spazio di terreno, libero posteriormente e incurvato, che arrivi quasi al bordo dello scatolotto.
Le prove per mettere in posizione le montagne nello scatolotto.
Il tutto, quando sarà ritagliato e messo in posizione, andrà poi lucidato e smaltato.

Il Bambino, la mangiatoia e gli animali nella grotta

Bene, tocca ora al Bambino in fasce, alla mangiatoia/sepolcro e agli “animalia” (…ut animalia viderent Dominum natum…) da inserire poi all’interno della grotta.

Sbalzo prima il Bambino fasciato e poi la mangiatoia, che in realtà ha la forma di un sepolcro marmoreo, a simboleggiare il destino di crocefissione di Cristo, motivo della Sua venuta tra gli uomini. Il sepolcro è proprio tridimensionale, ma lo realizzo con una prospettiva forzata, innaturale, per dare più profondità e assomigliare di più a quelle prospettive “rovesciate delle icone. Bambino e sepolcro vanno montati su un supporto scatolato che andrà inserito all’interno della grotta, in modo da emergere alla giusta altezza.

Lo sbalzo di Gesù bambino e del suo sepolcro
Il bambino montato sulla mangiatoia e già smaltato. E’ veramente una miniatura microscopica, difficilissima da sbalzare!
Il supporto scatolato di cartone sul quale sono montati i due elementi e sul quale andranno applicati anche i due animali della stalla.

Ora tocca all’asino e al bue. Li sbalzo, li smalto e provvedo a creare dei supporti per fissarli tra la parete di fondo della grotta e il supporto del sepolcro.

Asino e bue sbalzati, scontornati e smaltati
Il supporto di cartone sul retro del bue, simile a quello dell’asino. Tutte le facciate posteriori dei personaggi vengono in seguito verniciati d’argento, anche per proteggere il cartone dagli influssi dell’umidità che potrebbe incurvarli

Il 26-10-20 siamo a questo punto. Ne manca ancora parecchio di lavoro!

Stato dell’arte al 26-10-20. Grotta finita con i suoi abitanti e le rocce di carta stagnola dipinta, montagne a posto, Maria e Giuseppe finiti e posizionati. Il tutto è ancora non fissato definitivamente, per consentire modifiche e migliorie dell’ultima ora.
Vista dall’alto del particolare della grotta della Natività. La Madonna Teotokos è solo appoggiata e fissata con nastro adesivo sul retro. Alla fine dovrò applicare un sostegno più alto e complesso per aumentare l’inclinazione in verticale

Gli altri personaggi

31-10-20. Viene la volta del pastore tentatore (Tirso) e del suo compare. Tirso viene anche identificato col demonio che inocula a san Giuseppe tutti i dubbi del mondo a riguardo di questa nascita mirabile. Ci sono varianti dove la figura è identificata con Isaia che indica il germoglio che nasce dal tronco di Iesse.

Il bastone secco e spezzato ha questo significato:
”Come questo bastone non può produrre fronde, così un vecchio non può generare e una vergine non può partorire”. La tradizione vuole che il bastone sia rifiorito, proprio per indicare che nulla è impossibile a Dio.

Tra l’8 e il 9 novembre tocca ai 4 angeli annunciatori. Sbalzare le ali e i volti ha richiesto molta perizia. Però alla fine, smaltati, mi sembrano luminosi, come il loro essere. Troverò poi alcune difficoltà durante l’assemblaggio al bordo superiore della montagna, specie per l’angelo col cartiglio, che mi vedrà costretto a piegargli un po’ un’ala, ma… vabbé…

I 4 angeli che si rivolgono ai magi e ai pastori. La linguetta inferiore sporgente è ciò che mi permetterà di fissarli alla montagna.
Ed ecco gli angeli montati sul monte. Appare da un lato la stampata dei magi nella loro posizione. Mi sono serviti per posizionare correttamente l’angelo in basso a sinistra. Siamo a sera del 9-11-20

Una parentesi “luminosa”

Il 10-11-20 apro una parentesi che si protrarrà per diversi giorni, perché il soffitto deve ospitare un piccolo impianto di illuminazione a led, nascosto da quinte nere, alimentato da pilette a pastiglia, con 20 microscopici led.
E qui i veri scrittori di icone inorridiranno, a ragione: la luce dovrebbe essere quella del Tabor, (la Trasfigurazione) provenire cioè dall’oro di fondo. Già, bravi, ma non essendo una tavola 2D, mi risulta difficoltoso far emergere dal buio gli elementi che più si posizionano sul fondo dello scatolotto. L’idea, comunque, sarebbe quella di valorizzare con degli spot di luce proiettata alcune figure, i cieli e il raggio di luce dello Spirito santo.

In realtà non sono del tutto soddisfatto del risultato, per diversi motivi: la pochezza e la debolezza dei punti luce, la luce sostanzialmente fredda che ho dovuto ritoccare con lo smalto giallo o arancio in alcune zone, le pilette che si scaricano troppo rapidamente, i troppi riflessi generati, san Giuseppe è troppo avanzato e irraggiungibile, ecc. Cercherò di migliorarlo, magari inserendo un alimentatore.

I mini led posizionati nei punti strategici. Le quinte sono ancora da dipingere di nero e fissate col nastro adesivo. Ma siamo ancora all’inizio, lo studio andrà avanti per un bel po’.
il 16-11 le luci sono a buon punto e viene posizionato anche il raggio dello Spirito e la stella
Qui si vede il coperchio rovesciato con l’impianto luci quasi definitivo. Sotto i led ho posizionato dei mini-riflettori di alluminio per concentrare le luci. E’ una foto in fase molto avanzata (23-11), quasi alla fine e lo si nota da quasi tutti i personaggi al loro posto. Si notino il semicerchio dei cieli, la stella e il raggio di luce. Di plastica e piegati in avanti.

Avanti coi personaggi

Nel frattempo proseguo con la realizzazione degli altri personaggi: pastore, pecore e levatrici che fanno il lavacro al bimbo appena nato, sono sbalzi del 19-11.

Le altre 2 pecore sbalzate non le ho fotografate, Queste figure sono del 19-11

A queste seguono i Re magi, che completano i protagonisti del presepio. Qui le vediamo tutte finite, smaltate e in posizione. La sezione levatrici che fanno il bagno a Gesù mi ha dato molto filo da torcere, per via di tutti gli intagli da apportare per scontornare le figure. Siamo ormai al 21-11.

Le ultime scene e figurette finite

Gli ultimi dettagli

Credete che sia finita così? No, mi sento in dovere di stendere un testo, (che incollerò qui in coda), dove spiego al nuovo pro-parroco don Matteo, a don Luigi e a chi lo desidera, lo studio che ho fatto e i significati di ogni figura e dell’Icona in generale. Facendo ciò mi accorgo (ohibò!) che ho tralasciato le tre stelle sul mantello della Madonna, simbolo della sua verginità prima, durante e dopo il parto e i due arbusti, testimoni vegetali del mondo naturale e parte della trasfigurazione di tutto il creato in cosmo, nuova creazione. Devo assolutamente porvi rimedio. In fretta e furia tiro fuori questi due gioiellini che sembrano spille di smeraldo.

Alberelli sbalzati e smaltati
Alberelli sbalzati e smaltati. 23-11-20

Verso la conclusione

Bene, ora è il momento di rimontare definitivamente tutto e predisporre l’alloggiamento per il vetro sintetico antiriflesso che ha la funzione di proteggere il fragile manufatto dalle mani di pazzi e malintenzionati che girano dalle nostre parti e che hanno fatto già gravi danni in parrocchia.

(L’anno scorso sono state rubate le statue grandi del presepe tradizionale e rovinato il coperchio smaltato del fonte battesimale…).

Fisso con due vitine con bullone passanti attraverso il compensato del pavimento il bordo anteriore della montagna e le figurette in primo piano al pavimento. Al Brico poi acquisto sia il vetro sintetico (da tagliare col cutter in misura) che un listellino angolare di alluminio che taglierò in misura e metterò sul fronte sui lati lunghi, come guide per la lastra. Non lo trovo anodizzato oro, quindi lo vernicio a spray con lo stesso oro acrilico del fondo. Acquisto anche delle piccolissime viti autofilettanti per l’assemblaggio dei pezzi allo scatolotto. Lateralmente metto due piccoli fermi angolari da avvitare sui fianchi di legno per fermare il vetro in posizione.

Prima di chiudere il fronte, ovviamente scatto un po’ di foto.

Post scriptum: Il 27 novembre il presepio viene esposto in parrocchia. Gesù Buon Pastore via Caboto, 2 Milano: eccolo.

A QUESTO PUNTO NON MI RIMANE CHE AUGURARVI BUON AVVENTO E BUON NATALE!

Presepio pseudo icona terminato
Con illuminazione esterna
Con illuminazione interna attiva

Il testo dello studio

PSEUDO-ICONA DELLA NATIVITÀ

PREMESSA

LE ICONE NELLA TRADIZIONE CRISTIANA ORIENTALE (Rif. *)

Le icone, per la Chiesa d’Oriente, sono molto di più di quello che sono per noi le immagini sacre: sono inscindibilmente legate alla proclamazione della retta fede (ortodossia). Ciò dipende dal legame, (stabilito dal VII° Concilio – Nicea, 787 d.C. – l’ultimo riconosciuto valido dalla Chiesa Orientale), tra l’espressione pittorica delle realtà spirituali e il dogma dell’Incarnazione, mediante il quale l’Invisibile si è degnato di assumere il visibile e di rivelarsi attraverso l’umanità di Cristo.

L’icona ha quindi un valore profondamente spirituale: non solo linguaggio figurato in aiuto della memoria, ma invito espresso in luci e colori a quella tensione spirituale, a quella TRASFIGURAZIONE del singolo e del creato, che i Padri orientali hanno espresso con il termine “Theosis”, ovvero deificazione o divinizzazione. (1)

Da Calcedonia

Il Concilio di Calcedonia (451 d.C.) elaborò il simbolo della retta fede della Chiesa sull’Incarnazione: “… Il Figlio, Nostro Signore Gesù Cristo è uno e medesimo. Questi è perfetto nella Sua divinità e nella Sua umanità, vero Dio e vero uomo, composto di anima, un’anima razionale e un corpo. Egli, Uno e medesimo, è della stessa sostanza del Padre secondo la divinità ed è della nostra stessa sostanza secondo l’umanità, si è fatto in tutto simile a noi eccetto che nel peccato. Nato dal Padre prima di ogni tempo, rispetto alla divinità, per noi e per la nostra salvezza nacque da Maria Vergine e Madre di Dio, rispetto all’umanità. Noi crediamo uno solo e medesimo Cristo, Figlio e Signore, unigenito in due nature, senza confusione o cambiamento, senza divisione né separazione. Ma la differenza delle nature non è mai cancellata dalla loro unione, anzi ciascuna di esse conserva la sua proprietà concorrendo entrambe a costituire una sola persona o “ipostasi”. (2) Noi non lo crediamo uno in due nature separate e distinte, ma un solo e medesimo Figlio, il Verbo divino, Nostro Signore Gesù Cristo”.

Considerazioni storiche

Non sono affermazioni da poco, per noi sembrano scontate o superate, al nostro sguardo superficiale. Pro o contro questo credo si sono guerreggiate lotte sanguinose, per esempio tra iconoclasti (che non ammettevano una rappresentazione del Mistero eterno in forma sensibile e/o artistica, combattuta come idolatria) e coloro che invece, proprio in virtù dell’apparizione in terra dell’uomo-Dio Cristo, mistero incarnato fattosi nostro prossimo, non solo la ammettevano ma, anzi, la incoraggiavano.

San Giovanni Damasceno, intorno al 730 d.C., contro gli iconoclasti afferma: “ …Noi però possiamo rappresentare il Dio che si è incarnato, si è mostrato nella carne sulla terra, si è mescolato agli uomini nella Sua ineffabile bontà, ha assunto la natura della carne, la densità, la forma, i colori”.

Non si tratta quindi di idolatria, ma di “illustrare quando l’invisibile diventa visibile nella carne,… la rassomiglianza dell’invisibile”. “Come gli Apostoli hanno visto corporalmente Cristo, le sue sofferenze, i suoi miracoli e hanno inteso le Sue parole, anche noi desideriamo vedere e intendere per essere felici”. “…noi contempliamo le Sue fattezze corporali, i suoi miracoli, e i suoi patimenti, ne siamo santificati, resi pieni di ardore, di letizia e di beatitudine, a esse rendiamo onore, venerazione, adorazione e, per quanto ne siamo capaci, cogliamo nello spirito la gloria della Sua divinità. Noi siamo duplici, fatti di anima e di corpo, (…) ci è impossibile andare allo spirituale senza il corporeo”.

La natura umana ha bisogno di segni sensibili per poter giungere all’intelligibile, quindi necessita di segni quali la scrittura e la raffigurazione iconica. La Chiesa che porta con sé l’autocoscienza sicura della fedeltà alla tradizione può giustamente giudicare quando le immagini hanno diritto di portare il nome di proto-tipo. Così accolse e approvò i tipi che divennero canonici (…) non permettendo all’artista di progettare forme e composizioni non suffragate dalla tradizione stessa; l’artista cioè non è libero di rappresentare quello che vuole. Ma lo è nell’esecuzione artistica, nelle tecniche e nella padronanza degli strumenti.

I canoni

I precetti tecnici canonici per l’esecuzione di una icona sono: a) tavola di legno, b) colori a tempera, c) bidimensionalità, d) riduzione del paesaggio e dello sfondo ad un semplice accenno, e) fondo oro e assenza di ombre proiettate, f) uso della prospettiva inversa, g) conformità ai tipi canonici approvati, h) bordo della tavola come cornice dorata in rilievo, i) preghiera fedele dell’iconografo.

Note
1) Dalla presentazione di Mons. Enrico Galbiati al volume “Il mistero e l’immagine” di Pietro Galignani. 1981, La Casa di Matriona. (*) Questo libro è la mia fonte per questo testo.
2) Nel Cristianesimo il concetto neoplatonico di ipostasi svolse un ruolo fondamentale nella formulazione della dottrina trinitaria: i caratteri specifici di Padre, Figlio e Spirito Santo furono definiti come ipostasi (sostanza personale), ma posti a un livello paritario e non più gerarchico. Il termine “ipostasi” fu così consacrato dal concilio di Calcedonia (451) che affermò l’esistenza in Cristo di un’unica ipostasi-persona in due nature: umana e divina.

LA PSEUDO-ICONA QUI REALIZZATA

Per la genesi dell’opera, per la tecnica usata e per un mucchio di altri motivi, questa che vediamo qui non possiamo quindi chiamarla Icona della Natività. Commissionatami a febbraio 2020 da don Luigi come parte del suo progetto di presepio del Natale 2020 (molto più complesso e più articolato anche dal punto di vista teologico), che doveva essere tridimensionale, inserito in una scatola di legno centrale e poi accostata alle altre realizzate dei bambini del catechismo, mi ero ispirato come idea portante alle rappresentazioni della tradizione orientale, perché affascinato dalla profondità di tale teologia e dalla misteriosità di talune figure e atteggiamenti dei personaggi raffigurati che per noi, per la nostra tradizione occidentale, erano divenute un po’ estranee negli ultimi secoli. (Molte testimonianze artistiche del nostro passato ci ricordano invece l’unità di un tempo antico(3)). Mi ricordavo ciò che san Giovanni Paolo II una volta (13.10.1985) disse all’incirca: “La cristianità ha due polmoni, Oriente e Occidente, e deve ricominciare a respirare con tutti e due”. Quindi, nel desiderio di riscoprire una ricchezza complementare e necessaria ho iniziato a guardare diverse icone della Natività e ad immaginare come realizzare quest’opera. 

Non è su legno, non è dipinta a tempera, non è bidimensionale, ha una sua illuminazione e non solo l’oro del fondo… insomma per i puristi è una porcheria. Io spero che però, attraverso la mia personale ricerca, il mio lavoro (ce n’è dentro tanto) e la mia tecnica a sbalzo su alluminio e smalti sintetici da vetro, qualcosa di vero e prezioso passi comunque. L’ho pensato espressamente come presepio con finalità catechistiche, pensando ai bambini dei miei corsi di iniziazione cristiana, innanzitutto. E come tale desidererei che venisse sempre usato.

Affresco Natività Assisi
Nota 3) Ci sono rimasti numerosi esempi antichi nelle nostre terre che testimoniano di questa unità espressa anche nella figurazione iconografica: gli affreschi absidali in Sancta Maria foris portas a Castelseprio (VA), il portale della cattedrale di san Zeno a Verona e l’affresco di anonimo italiano nella Basilica di s. Francesco ad Assisi (nella foto) da cui ho preso gran parte dell’ispirazione, giusto per citarne tre.

Analizziamo forma e contenuti allora.

1- Resta l’uso, anche se imperfetto per via del 3D, della prospettiva inversa: la realtà cioè non è vista in modo naturalistico fisico-temporale, ma spirituale; la composizione (in questo caso della Natività), essendo una Teofania (manifestazione sensibile di Dio) nasce da un punto centrale e si sviluppa intorno ad esso. La grandezza delle figure non è data dalla lontananza o meno dall’osservatore, ma dalla loro importanza ed essenzialità. Così come per le loro fattezze e le proporzioni, non desunte dal loro essere fisico ma, allegoricamente dalla loro essenza spirituale, essendo l’uomo concepito come immagine di Dio.

2- Resta anche il trattamento non realistico del tempo, dello spazio e delle narrazioni: spesso in contemporanea avvengono più fatti. (Il bambino appare due volte nella stessa composizione, nella mangiatoia e lavato dalle levatrici). Così il fedele diventa “contemporaneo” al Mistero rappresentato: il tempo viene fatto “esplodere” nell’oggi di Dio e così pure lo spazio, che rappresenta un mondo trasfigurato: è il luogo di Colui che non ha luogo, che è incircoscrittibile e si lascia circoscrivere.

3- Purtroppo qui la concezione canonica, “Taborica”, della luce che promana dall’oro dell’icona non è stato possibile mantenerla. La tridimensionalità la impedisce e quindi ho dovuto supplire, per rendere visibili i particolari, con una illuminazione a soffito, nascosta da quinte, ma presente.

LE FIGURE

1)- La Madonna o Teotokos (Madre di Dio). La Deipara campeggia al centro della composizione tagliandola di sbieco. È la figura più grande di tutte. È Colei che accoglie il Verbo e questo fa di lei la “Piena di Grazia”, la massima realizzazione dell’umano. Col capo avvolto dall’aureola della luce divina riposa su un letto (ne ho trovati di diverse fogge e colori e ho scelto il bianco che mi sembrava più luminoso del purpureo e contrastava con le sue vesti: la tunica azzurro intenso e il mantello porpora, che simboleggiano rispettivamente la sua creazione a immagine di Dio e la sua deificazione nell’accettazione del suo coinvolgimento nel mistero della salvezza, cioè la sua trasformazione interiore, la sua piena somiglianza con Cristo, che dona a Lei per grazia quello che Egli possiede per natura). Per inciso, è l’inverso dei colori con cui è tradizionalmente raffigurato Cristo nelle Icone: Dio rivestito di carne umana. La Teotokos  porta sul capo e sulle spalle le tre stelle del mistero della sua maternità verginale: vergine prima, durante e dopo la natività.

2)- Al suo fianco Gesù appena nato, il Dio fatto uomo giace, avvolto in fasce molto strette come quelle di un defunto, in una mangiatoia di pietra, molto somigliante ad un sepolcro. Il bambino circondato dall’aureola dorata, l’asino e il bue che lo guardano stanno all’interno di una grotta, che rappresenta la terra dopo il peccato, molto buia: La luce è apparsa nelle tenebre. In questa voragine sono già prefigurati gli inferi raggiunti dalla potenza redentrice di Cristo nell’icona di Pasqua, della resurrezione. Cristo, assumendo la carne mortale illumina, trasfigura, deifica l’uomo e la natura; il mistero della nascita è vissuto all’interno della fede pasquale.

3)- Sopra il bambino sono rappresentati i cieli, oltre i quali vive il mondo spirituale sovraceleste, in forma simbolica dei tre cerchi colorati dai quali emerge un raggio di luce (spesso tripartito) nel quale è rappresentato lo Spirito santo (In alcune Natività è in forma di colomba, in altre compare la stella). Il legame che li unisce è quello della comunione ineffabile trinitaria. Lo Spirito vivificante, che fa degli uomini dispersi un popolo nuovo e del mondo un cosmo ordinato, testimonia, come nel Battesimo al Giordano, che Cristo è il Figlio di Dio. (Teofania)

4)- Attorno al nucleo centrale della natività sono disposte altre scene non contemporanee ma rappresentate contestualmente nelle quali, (con più libertà di disposizione e rappresentazione), sono raffigurati secondo i canoni e i proto-tipi approvati:

a- l’annuncio degli angeli ai pastori,
b- il bagno di Gesù Bambino con le levatrici,
c- la venuta dei Magi,
d- il dubbio di Giuseppe.

  1. Gli angeli (solleciti ministri attorno alla gloria di Dio e annunciatori/messaggeri della sua Parola) che si rivolgono ai pastori sono in duplice atteggiamento: uno ha lo sguardo rivolto verso l’alto, verso la sorgente di luce, l’altro si rivolge direttamente ai pastori e comunica loro il grande messaggio (su un cartiglio).
  2. Nel cosiddetto vangelo di san Giacomo (Pseudo Matteo) è citata Salomé che fa prendere il bagno al bambino divino, prefigurando il Battesimo del Giordano. La scena quindi compare in questa Natività e, “stranamente”, fa in modo che Gesù bambino compaia due volte nella stessa icona.
  3. I Magi, guidati dalla stella, e assistiti dagli angeli, compaiono tra i dirupi dei monti coi loro doni e vengono alla grotta per riconoscere nell’infante che “Colui che non ha carne si incarna, il Verbo si appesantisce di un corpo (…) l’invisibile si fa visibile, Colui che non può essere toccato si lascia toccare, Colui che non ha principio inizia e il Figlio di Dio diviene figlio dell’uomo”. (dalla liturgia). Nobili e di lontana provenienza sono vestiti con abiti sfarzosi (a volte sono rappresentati a cavallo). Nella tradizione bizantina l’adorazione dei Magi è legata al Natale e non all’Epifania come in Occidente. Sono anch’essi un elemento teofanico, prefigurando coi loro doni, oro, incenso e mirra,  la Sua resurrezione dopo tre giorni.
  4. Il dubbio di san Giuseppe. Le varianti di questa scena, nelle icone consultate, sono parecchie. In modo particolare il personaggio che sta di fronte a san Giuseppe viene identificato o con il profeta Isaia (ma, nel caso è rappresentato diversamente, con le vesti di pelle o di peli animali come Giovanni Battista, con la mano destra ad indicare il bambino che viene lavato e un tronco da cui spunta un germoglio (di Iesse) e la sinistra su una tavoletta scritta per ordine di Dio), o con il pastore tentatore Tirso, ovvero il diavolo sotto forma di pastore (a volte accompagnato da un altro pastore). Costui gli indica un bastone rotto o comunque secco e contorto come a dirgli: ” Come il bastone non può produrre fronde, così un vecchio non può generare e una vergine non può partorire”. La tradizione vuole che il bastone sia rifiorito, proprio per indicare che nulla è impossibile a Dio. Questo particolare giustifica allora le diverse varianti: si sono uniti il virgulto di Isaia che sorge dal tronco di Iesse col bastone di san Giuseppe, quindi il pastore sarebbe il realtà Isaia che scompare dalla scena del bagno. Quindi le tre varianti sono: 1-tentazione di Giuseppe, e testimonianza di Isaia; 2- tentazione di Giuseppe istigato dal demonio; 3-Giuseppe rassicurato nei sui dubbi da Isaia.

In ultimo un cenno sulla natura, raffigurata in modo molto scarno dalla montagna, dagli animali (pecore, asino e bue) e dalla scarna vegetazione: anch’essa è testimone di questa teofania e viene trasfigurata anch’essa: diviene un cosmo ordinato.

Concludendo, l’annuncio teologico dell’icona della Natività afferma innanzitutto la potenza di Dio, che inaccessibile nella Sua natura si manifesta, discende verso l’uomo, si accompagna con l’uomo condividendo la sua vita, risignificandola in modo salvifico. Proclama poi il miracolo della maternità virginale come luogo di applicazione, il punto di consistenza attraverso il quale la manifestazione divina entra nella storia dell’uomo. Infine  annuncia che la teofania divina non è solo un fatto miracoloso che si presenta all’uomo lasciandolo attonito spettatore; lo scopo di questa teofania, lo scopo della filantropia divina è la deificazione dell’uomo e della natura.

Non rinnego nulla della nostra tradizione cattolica e francescana del presepio, che molto deve del suo sviluppo anche artistico al confronto serrato nei secoli con la cultura e le scienze sviluppate nell’ambito della cristianità occidentale, ma proprio perché possiamo essere assuefatti alla nostra rappresentazione iconografica abituale, ritengo che l’approccio con questa spiritualità possa aiutarci a vivere con più attenzione questo Mistero.

DiGiancarlo Paganini

UNA ICONA DI PROVA. SAN GIUSEPPE NEL PRESEPE

Un San Giuseppe dubbioso, alla maniera del “presepio” ortodosso nelle icone sacre orientali della Natività.

Prologo

Qualche tempo fa, appena dopo Natale, il mio parroco mi preannuncia la sua volontà di farmi realizzare la scena centrale del presepio del Natale 2020 in chiesa. In una cassetta di 41,5×26,2×27 cm dovrò creare la scena della natività. Tutt’intorno don Luigi ha pensato di far realizzare dai bambini del catechismo le molte altre cassettine con le seguenti scene – dal basso verso l’alto:
1) Annunciazione, 2) Il sogno di san Giuseppe, 3) Verso Betlemme; poi sopra a quella centrale: 4) I Magi, 5) Gesù tra i dottori del tempio, 6) Gli Apostoli.

In tutto il presepio misurerà circa 3 metri di lunghezza e 2 mt di altezza.

Lo schemino del presepio pensato da don Luigi

Una chiamata, una richiesta

Uno schema molto complesso e teologicamente affascinante. Una nuova sfida al pari di quella realizzata per Mirasole. Con la differenza che qui l’invito alla realizzazione non è partito dalla mia immaginazione o ispirazione, ma dalla chiamata diretta del Parroco a immaginare e mettere in opera il presepio.

L’ispirazione

Non so perché, ma sento ora il bisogno di cimentarmi con qualcosa di nuovo rispetto a quanto fatto per l’Abbazia alle porte di Opera, sia come stile di disegno che come tecnica. Cercando ispirazione – (sono cose lente che devono chiarirsi e approfondirsi col tempo) – mi sono rivolto alla tradizione iconografica orientale delle icone ortodosse che mi affascinano molto per il senso del sacro che emanano. In esse, ogni elemento delle sacra rappresentazione deve rispondere a canoni ben precisi. Tipologie o proto-tipi definiti da secoli. Sia le composizioni che i personaggi, le pose e i colori non sono lasciati al caso ma esprimono ognuno significati molto precisi e codificati.

Il pericolo è il mio mestiere…

Il pericolo di fare una cosa “poco ortodossa” volendo, al contrario, riprodurre una cosa Ortodossa, è davvero grande, soprattutto se non si appartiene e non si è fatta propria la tradizione di riferimento. La nostra tradizione “romana apostolica” del presepe è stata recentemente rispiegata da una lettera apostolica di Papa Francesco: la “Admirabile signum”. Anche questa andrà approfondita.

Libertà di espressione o rigidi canoni?

Vedo già nelle mie prime ricerche che la libertà espressiva degli scrittori di icone orientali è molto confinata nei canoni maturati in secoli di tradizione, anche se non mancano autori moderni che osano qualcosa in più o di difforme, a costo di essere tacciati dai puristi rigorosi di fare gli “illustratori di fiabe”. (Vedi nel web le critiche velenosissime -ho trovato post terribili- fatte alla grandissima artista Lyuba Yatskiv di Leopoli – https://www.iconecristiane.it/2017/12/10/lyuba-yatskiv/ )

Mi scuso già da ora se dovrò uscire giocoforza, in diversi punti della realizzazione come la sto immaginando, dai binari della tradizione bizantina, ortodossa rigorosa. L’idea, peraltro, di fare una sorta di “sincretismo” delle tradizioni orientale e occidentale, mi sollecita. Mi interessa far intravvedere anche ai miei concittadini gli aspetti per noi sconosciuti della visione teologica dell’“altro polmone” con cui respira la Chiesa universale (come si esprimeva san Giovanni Paolo II). Spero però di non combinare guai troppo grossi. Sono cosciente di essere un principiante e uno sperimentatore maldestro.

I buoni propositi

Per cercare di ovviare alle mie mancanze visionerò alcuni siti come quello di Russia Cristiana e della scuola di Seriate -BG ( http://scuolaseriate.eu/ ). So altresì che dovrò studiare il più possibile qualche trattato sull’argomento, per esempio questo, molto bello: “Il mistero e l’immagine” edito da La casa di Matriona.

Il libro che mi studierò. Ovvio che ogni possibile cavolata mi dovesse capitare di fare non sarà addebitabile all’autore del volume.

Difficoltà all’orizzonte

In buona sostanza, ho l’esigenza di usare comunque le tecniche sperimentate per Mirasole, ma avendo come modello iconografico le icone russe o bizantine.
Questo pone già sulla mia strada diverse difficoltà:

1) devo per forza fare una scena tridimensionale, avendo come base una cassetta che dispone di una profondità di 27 cm e quindi dovrò realizzare le figure scontornate dei personaggi, disposti su più piani. Nelle vere icone orientali non esiste prospettiva vera, come elaborata nei secoli dall’arte occidentale, ma le figure entrano nello spazio della composizione con proporzioni legate alla centralità e all’importanza dei personaggi e non alla distanza dai punti focali sull’orizzonte.
2) L’icona non sarà dipinta in 2D in piatto su tavola di legno con tempere o acrilici, ma sbalzata su metallo e smaltata coi miei colori per vetro. Il chiaroscuro sarà dato dai rilievi dello sbalzo. Non potrò aggiungere colpi di luce (o Assist dorati) come nella pittura/scrittura delle icone classiche. Le figure quindi dovranno essere ritagliate e posizionate in 3D nello spazio a disposizione.
3) Dovrò anche pensare ad una illuminazione con micro led, per accentuare il modellato.
4) La gamma di colori per vetro è molto limitata (cercherò altre tinte della serie) e le miscele che ho tentato di sperimentare spesso impazziscono e si raggrumano in modo strano. Adeguarsi alle tonalità proprie dell’iconografia ortodossa sarà pertanto durissima, potendomi avvalere di pochi colori base e dovendo privilegiare le velature sovrapposte (anch’esse rischiose), rispetto alle miscele.

La prima prova

Avevo già schizzato delle figure (Madonna – Theotókos (Θεοτόκος) – e san Giuseppe) e qualche giorno fa per soddisfare le domande di un amico che voleva sapere come lavoro, avevo iniziato davanti a lui una prova di sbalzo a partire dalla figura del san Giuseppe dubbioso. Piccola lastra di metallo, era solo una prova e pochi tratti del volto solo per spiegargli la tecnica. Poi però sono andato avanti e questo è il risultato.

Mi piace il risultato sulla parte di veste grigio scuro, il modellato mi sembra efficace. Devo decidere se lasciare metallico l’incarnato, visto che non trovo per ora un colore tenue trasparente. So benissimo che la stella cometa fatta così non c’entra nulla con le icone orientali, ma era solo per provare.

Gli sviluppi, se ci saranno

Mi concentrerò ora sulla proposta di composizione da proporre al parroco. Se avrò l’ok, farò una prova con una figura finita e ritagliata assieme al supporto ligneo, per scoprire i problemi e le difficoltà di questo assemblaggio. Se troverò le soluzioni, parto per la realizzazione definitiva.

Vi aggiornerò a dovere.

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