Il santo protettore della Fraternità di Comunione e Liberazione
La nascita di un’idea
Stiamo attraversando un cambiamento d’epoca, come accadde a San Benedetto da Norcia, con tutte le difficoltà, le angosce e le nuove prospettive che questo comporta. Agli inizi di Giugno, dopo gli Esercizi di Rimini e il memorabile intervento di Davide Prosperi all’Assemblea dei Centri Culturali ho pensato che non potevo più attendere ad esprimere il mio ringraziamento a lui e alla Fraternità per i passi che stiamo facendo con la sua guida.
Quale modo migliore per esprimere questo desiderio in modo personale e, se non artistico, almeno artigianale, con uno dei miei sbalzi? Magari raffigurante proprio San Benedetto da Norcia, il santo protettore della Fraternità di Comunione e Liberazione.
L’anno scorso c’era già stato il precedente del regalo dell’Icona con la scena della “Presentazione al tempio” fatto a Padre Lepori per ringraziarlo degli Esercizi del 2022-2023.
Una figura poco raffigurata
Mi metto a cercare in Internet qualche immagine di dipinti o affreschi che rappresentassero il santo. Strano!. Non ci crederete, ma non ho trovato molto e poche immagini mi sembravano belle e convincenti. Un paio di affreschi medievali soprattutto e due tavole: una di Mantegna e una di Daddi. Nell’archivio di bozzetti di mio papà Ettore, nulla… e inoltre volevo fare qualcosa di più originale. Farò dunque una sintesi di quelli più convincenti. Quindi parto innanzitutto dall’affresco e lo ridisegno apportando alcune modifiche (la mano destra, per esempio da dove sbuca? E il libro della Regola che diavolo di prospettiva ha?).
Scoperte en passant
Cercando qua e là trovo sul sito www.acistampa.com anche un’interessante medaglia simbolica di san Benedetto, con degli acronimi che non conoscevo, e che metto qui: fanno pensare, no? Non lo sapevate? Sapevatelo!
Allora si inizia
Ridisegno al tratto il mio san Benedetto, lo scannerizzo e lo inquadro in Illustrator in una architettura dal sapore medievale. Lo stampo nella misura desiderata e lo applico su una lastra tipografica di alluminio (di recupero, contro lo spreco come al solito e opportunamente ripulita).
Con i miei attrezzi da toreuta (Punte di biro e bastoncini di bambù opportunamente modellati) inizio a sbalzare e cesellare sul fronte e sul retro la figura.
Sbalzo terminato in una giornata
Ed ecco allora lo sbalzo terminato, ancora da piegare e sagomare sul supporto di legno compensato dopo aver tagliato le parti di lastra in sovrappiù negli angoli.
Fatta questa operazione di taglio, riempimento con colla di montaggio e Attack per fissare sul retro le alette, lo sbalzo mi si presenta, come al solito bello lucido ma dall’effetto un po’ “piatto”.
Lo renderò più “anticato” e definito con la stesura della mia mistura nera da brunitura. Poi ripulisco l’aureola dalla tintura.
Dorare, please!
Questa volta faccio un’operazione mai fatta da me in precedenza su questo genere di Icone: dorerò l’aureola con la foglia d’oro: stendo una mano di “missione” Divolo per fare aderire la foglia. L’attesa è di tre ore prima di poter dorare. (La parola “missione” mi colpisce ogni volta, …ok, è una vernice che serve per mettere la foglia d’oro, ma quanti altri significati molto più pregnanti ha, visto che qui si parla di un’Icona?)
Dopo, passo sopra tutto una mano di vernice Macota per fissare il risultato. (Purtroppo gli imprevisti con la doratura sono sempre dietro l’angolo, così dovrò riprendere, con lo stesso metodo, alla fine un segno che salta fuori sulla destra dell’aureola. Però, dài, l’effetto non è male. Potrei anche fermarmi qui. No?
Invece vado avanti
Decido di smaltare. Ma anche qui incontro dei problemi legati all’età degli smalti (un anno, mica secoli…), che evidentemente si asciugano un po’ nelle boccette. E non è che costino pochissimo… La cosa richiede quindi attenzione particolare. Faccio una prima stesura poi casomai andrò avanti. Col nero valorizzo alcuni dettagli della figura per dare ulteriore profondità.
Non mi basta e quindi passo la seconda mano
Poi faccio una cosa di cui mi pento: passo una seconda mano di Macota per proteggere l’icona. Peccato che sul turchese faccia una reazione strana, raggrinzendo un po’ lo smalto. Mai fatto in vita sua. Sono gli imprevisti del mestiere. Non si può tornare indietro. Non c’è control Z o Undo. Le cose fatte a mano non perdonano…
Incorniciato
Incornicio l’Icona di san Benedetto da Norcia e lo accompagno poi con un biglietto per Davide e la Fraternità. Grazie, Davide!
Un Post Scriptum
Ho consegnato l’Icona a Davide alla fine dell’ultima Diaconia diocesana del 18-6-24. Lui mi ha ringraziato ricordando che “Questo è il secondo regalo che mi fai quest’anno!”, alludendo alla registrazione di don Giussani che gli avevo spedito un paio di mesi prima (audio del 1979, col racconto vivacissimo agli studenti di GS del suo primo incontro ufficiale a Roma con Papa Giovanni Paolo II), dai quali aveva tratto spunto, facendolo anche ascoltare, per alcuni interventi epocali, come quello all’Assemblea dell’Associazione Italiana Centri Culturali del 18-5-24, pubblicato poi col titolo: “Cultura: essere per Cristo”.
Allora gli ho detto: “Sì, ma quello era un regalo “usato”, di seconda mano”. Perché già lo avevo inviato nel 2015, appena ritrovato sistemando degli armadi di casa, a don Julian Carròn e all’archivio del Movimento, (come gli avevo fatto presente quando gliel’ho fatto pervenire via mail per ispirazione “soprannaturale”). “Questo invece è inedito, solo per te, e attraverso te a tutta la Fraternità, per gratitudine al cammino che stiamo facendo insieme, con la tua guida”.
Considerazioni finali
Ho riincontrato Davide pochi giorni dopo, alla convivenza della Diaconia a La Thuile e mi aspettavo che mi dicesse se gli era piaciuto il regalo, come aveva reagito, insomma. Ero molto in dubbio se chiedergli qualcosa o no. Incrociatolo finalmente in fila a colazione gliel’ho chiesto e lui mi ha detto di sì, che gli era piaciuto tantissimo e, anzi, l’aveva appeso in ufficio in sede, e poi mi ha fatto i complimenti, volendo sapere come l’avevo fatto, ecc.
Leggendo l’altro giorno un passaggio degli Esercizi spirituali della Fraternità 2024 ho trovato questo testo a pagina 56: “… non è questione di misura, ma di compagnia e, ultimissimamente, di amore, cioè di abbandono di sé, di dono di sé. È meglio dire abbandono di sé perché chiarisce l’idea di dono; nel dono uno riserva sempre il diritto ad essere stimato perché ha dato, il diritto alla gratitudine, e questo fa perdere tutto; mentre nell’abbandono di sé, no, è puro. L’abbandono di sé: quanto più si ama tanto più uno abbandona sé stesso, afferma soltanto l’altro».109 Nel distacco della povertà si conosce e si ama. Nella povertà, dunque, non sei più attaccato alle cose, alle persone, per una tua sicurezza, ma solo in vista del loro destino, perciò del loro bene e della loro verità: «Quanto più si vuol bene, tanto più diventa lieve, leggero, libero il rapporto»,110 senza pretesa”. (109 e 110 da L. Giussani, Si può vivere così? p. 269 e 277).
Che dire? Touché! Quanta strada ho ancora da fare, no? Ma ogni passo, anche quello che dà la misura di un limite e di una meschinità, fa maturare un’esperienza e questo io desidero sopra tutto imparare: L’abbandono di sé, puro.
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