Pseudo – Icona della Natività

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DiGiancarlo Paganini

Pseudo – Icona della Natività

Un presepe 3D ispirato alla grande tradizione delle Icone cristiane orientali

Pseudo Icona della Natività, finita
La Pseudo – Icona della Natività, completata

Presento in questo articolo il Presepe 3D (tridimensionale), opera a sbalzo e smalti su alluminio che ho terminato oggi, 24-11-20. Ho già illustrato in un precedente articolo (UNA ICONA DI PROVA. SAN GIUSEPPE NEL PRESEPE – datato 3 febbraio, a cui vi rimando) la genesi di quest’opera che, avvicinandosi il Natale, ha avuto una notevole accelerazione negli ultimi due/tre mesi. Non mi ripeto circa genesi e progetto iniziale. Da quell’articolo si capisce anche perché alla parola “Icona” antepongo il prefisso “Pseudo”.

Qui invece cercherò di documentare lo sviluppo temporale e la conclusione del progetto. (Per problemi legati alla seconda ondata di Covid quasi certamente il progetto pensato da don Luigi Conti non potrà andare in porto secondo tutti i suoi desiderata; forse il presepe verrà solo esposto isolato singolarmente nella Parrocchia milanese di Gesù Buon Pastore, senza il contorno delle scene realizzate dai bambini del catechismo.

Il senso di un’opera

Ho concepito il presepe in funzione catechetica e mi piacerebbe che venisse usato sempre per far incontrare ai bambini, attraverso la loro naturale curiosità e le loro domande, un riflesso del fascino del mistero del Natale.

Il progetto di don Luigi, col contorno dei presepi dei bambini

Comunque, alla fine, il presepio lo regalerò al caro don Luigi, che ha terminato il suo compito di parroco nella nostra parrocchia, per andare a svolgere il suo ministero sacerdotale al quartiere Feltre).

Durante il Lockdown precedente, pensavo di avere molto tempo a mia disposizione per pensare e iniziare a realizzare il progetto. In realtà il tempo è volato (ho battuto un po’ la fiacca…) e ho anche dovuto far marcia indietro e cambiare idea su un po’ di cose. Ero partito ai primi di febbraio, immaginando una Teotokos in un modo che poi non mi avrebbe convinto. Eccolo:

La Madre di Dio, nel primo abbozzo. Su un letto ligneo e con grande materasso. Era un po’ lignea anche la figura. Soprattutto non si sarebbe integrata al resto della composizione che andava chiarendosi in me, grazie ai primi abbozzi complessivi.
Il san Giuseppe dubbioso. Lo approvo subito senza cambiamenti

Il disegno del San Giuseppe meditabondo, del quale avevo già fatto una prova di sbalzo parziale, invece mi soddisfa, per cui diventa la pietra angolare su cui proseguire con il resto

Lo stile dei disegni

Altro aspetto da sottolineare circa lo stile del disegno. Se fino ad ora mi ero molto appoggiato all’archivio di bozzetti di mio padre Ettore, in questo caso dovevo per forza cambiare stile, cercando di adeguarmi il più possibile ai “tipi” tradizionali approvati dalla tradizione ecclesiastica orientale. Né un’Icona della Natività, né alcuna altra Icona, si può inventare “a muzzo”. (Allegherò di seguito una sintesi delle regole del buon iconografo).

Quindi, per sopperire a questa difficoltà, ho cercato di avvicinarmi ad Icone già realizzate da altri autori, cercando utilizzarne i proto-tipi e poi di armonizzare il tutto. So che certamente, per i veri scrittori di Icone, ho fatto una schifezza sotto diversi punti di vista (Quasi tutti). Lo so anch’o, ma mi piace lo stesso.

Il progetto generale, a partire dal contenitore

Prima cosa: realizzare il contenitore che conterrà il presepe. Senza questo passaggio è difficile rendersi conto del lavoro da fare, delle misure vere. Siamo a fine Agosto, inizio già a sentire il fiato sul collo del Natale che incombe… mi conosco e so che di tempo perso ce ne sarà parecchio, meglio portarsi avanti. Fatta la lista della spesa per recarmi al Brico a farmi tagliare i pezzi di legno necessari. Poi inizio a verniciare e a montare lo scatolotto.

I pezzi necessari per l’assemblaggio. Alla fine le misure esterne, comprensive di profili di alluminio sono: 41,5×26,5×27,2 cm
il montaggio del contenitore. Alcune pareti sono già state dorate, come si conviene ad ogni Icona che si rispetti. Peccato che il procedimento che uso sia molto maccheronico: niente fondo preparato a gesso e colla di coniglio, niente foglia d’oro, niente olifa.
Vernice spray acrilica su fondo ligneo preparato con tinta bianca da pareti.

La composizione generale

Mancava, oltre alle prove fatte, un progetto della composizione generale, eseguito nelle misure esatte della commissione. Un fatto non da poco. Me ne sono reso conto a mie spese dovendo poi far fronte alle misure piccolissime delle immagini da realizzare a sbalzo e poi da ritagliare sulle lastre di alluminio col cutter: un’impresa veramente faticosa! Da calli alle dita!

Misure alla mano, inizio a impostare a computer, con Illustrator, la scena complessiva, facendo un po’ un puzzle dei vari elementi schizzati. Ecco il risultato finale. Ovviamente qui è in 2D. Lo dovrò adattare al 3D, quindi, per esempio la montagna di fondo dovrà essere allungata parecchio dovendo svilupparsi poi sia nel piano verticale che in profondità, cioè in diagonale nello spazio. (La stamperò deformata in verticale, calcolando più o meno la sua vera estensione).

La composizione finale

Ci metto un bel po’ a creare la composizione con la nuova Madonna (l’immagine più bella, che ho utilizzato l’ho tratta non da una icona orientale su legno, ma da un affresco di ignoto italiano della Basilica di san Francesco in Assisi, per dire che l’unità della Chiesa, anche come sensibilità artistica, non era ancora frantumata nel 1290…) e gli altri personaggi che animano la scena. Diciamo che, tra tutto, che arriviamo già a fine settembre.

Gli sbalzi. I primi personaggi

La prima ad essere sbalzata, 10 settembre, anche per l’importanza è la Teotokos, nella nuova versione. Seguirà il nuovo san Giuseppe dubbioso intero e seduto sulla pietra (13-9). Erano i personaggi che avevo già deciso per primi come avrei dovuto farli, non ho dovuto attendere la fine dell’intera composizione generale. Decido che seguirò più o meno la stessa tecnica messa a punto per l’ambone di Mirasole a Opera (con la differenza che qui smalterò anche le figure e non solo i fondi). Gli smalti che uso, visto che me lo chiedono in molti sono quelli per vetro GLAS Art della Marabu.

Gli smalti Glas e Glas Art della Marabu

Ma qui, inoltre, dovrò fare delle “statuine” che stiano in piedi da sole e che mantengano una certa consistenza anche dovendole scontornare. Quindi dietro lo sbalzo dovrò incollare uno spessore di cartone che non sia impossibile da ritagliare e mantenere un appoggio (a L) che possa venire fissato, con colla a caldo, al fondo.

La Teotokos appena sbalzata
Tagliata e incollata sulla base di cartone
… e smaltata. Mi accorgerò solo alla fine che le mancano le tre stelle sul mantello, segno della perenne verginità: prima, durante, dopo il parto. E quindi verranno aggiunte a Madonna già installata nel presepio.
Il san Giuseppe sbalzato e scontornato, incollato sul suo cartone posteriore.
Il san Giuseppe smaltato. Trovo notevoli le ombreggiature create dallo smalto. che rendono superflui i tocchi di luce tipici delle Icone. (Lumeggiature dorate = assist)

Il fondo montuoso

Passo poi alla realizzazione della montagna e della grotta. Elementi che mi pongono diverse difficoltà realizzative. Come ho già accennato stampo l’elemento deformato in altezza e lo sbalzo mettendo a frutto il mio background professionale di grafico cartografo sfumista-montagnista (non si butta via nulla… come il maiale). Poi ne accentuerò l’effetto rilievo ombreggiato anche con il colore di smalto. Taglio l’apertura della grotta col cutter. Devo pensare a come dare struttura portante alla lastra sottile e quindi uso abbondante colla di montaggio con l’associazione di un cartone molto spesso sul retro. Per tenere il tutto in posizione obliqua nello spazio e nel volume generale creo, sempre col cartone, uno scatolato che scorre, sia tra due sostegni fissati al rilievo di fondo, sia tra due binari fissati alla scatola di legno e viene fissato ad essi per mezzo di chiodi estraibili, in modo che se dovessi intervenire posso sempre farlo smontando tutto l’ambaradan senza problemi. Nello scatolato portante introduco e incollo un foglio di stagnola da cucina stropicciato e dipinto di nero che simuli l’effetto roccia di una grotta buia. Perfetto.

Le montagne appena sbalzate. Va ancora ritagliata la grotta e rifinito il bordo superiore che piegherò sul cartone incollato. Nella parte inferiore prevedo uno spazio di terreno, libero posteriormente e incurvato, che arrivi quasi al bordo dello scatolotto.
Le prove per mettere in posizione le montagne nello scatolotto.
Il tutto, quando sarà ritagliato e messo in posizione, andrà poi lucidato e smaltato.

Il Bambino, la mangiatoia e gli animali nella grotta

Bene, tocca ora al Bambino in fasce, alla mangiatoia/sepolcro e agli “animalia” (…ut animalia viderent Dominum natum…) da inserire poi all’interno della grotta.

Sbalzo prima il Bambino fasciato e poi la mangiatoia, che in realtà ha la forma di un sepolcro marmoreo, a simboleggiare il destino di crocefissione di Cristo, motivo della Sua venuta tra gli uomini. Il sepolcro è proprio tridimensionale, ma lo realizzo con una prospettiva forzata, innaturale, per dare più profondità e assomigliare di più a quelle prospettive “rovesciate delle icone. Bambino e sepolcro vanno montati su un supporto scatolato che andrà inserito all’interno della grotta, in modo da emergere alla giusta altezza.

Lo sbalzo di Gesù bambino e del suo sepolcro
Il bambino montato sulla mangiatoia e già smaltato. E’ veramente una miniatura microscopica, difficilissima da sbalzare!
Il supporto scatolato di cartone sul quale sono montati i due elementi e sul quale andranno applicati anche i due animali della stalla.

Ora tocca all’asino e al bue. Li sbalzo, li smalto e provvedo a creare dei supporti per fissarli tra la parete di fondo della grotta e il supporto del sepolcro.

Asino e bue sbalzati, scontornati e smaltati
Il supporto di cartone sul retro del bue, simile a quello dell’asino. Tutte le facciate posteriori dei personaggi vengono in seguito verniciati d’argento, anche per proteggere il cartone dagli influssi dell’umidità che potrebbe incurvarli

Il 26-10-20 siamo a questo punto. Ne manca ancora parecchio di lavoro!

Stato dell’arte al 26-10-20. Grotta finita con i suoi abitanti e le rocce di carta stagnola dipinta, montagne a posto, Maria e Giuseppe finiti e posizionati. Il tutto è ancora non fissato definitivamente, per consentire modifiche e migliorie dell’ultima ora.
Vista dall’alto del particolare della grotta della Natività. La Madonna Teotokos è solo appoggiata e fissata con nastro adesivo sul retro. Alla fine dovrò applicare un sostegno più alto e complesso per aumentare l’inclinazione in verticale

Gli altri personaggi

31-10-20. Viene la volta del pastore tentatore (Tirso) e del suo compare. Tirso viene anche identificato col demonio che inocula a san Giuseppe tutti i dubbi del mondo a riguardo di questa nascita mirabile. Ci sono varianti dove la figura è identificata con Isaia che indica il germoglio che nasce dal tronco di Iesse.

Il bastone secco e spezzato ha questo significato:
”Come questo bastone non può produrre fronde, così un vecchio non può generare e una vergine non può partorire”. La tradizione vuole che il bastone sia rifiorito, proprio per indicare che nulla è impossibile a Dio.

Tra l’8 e il 9 novembre tocca ai 4 angeli annunciatori. Sbalzare le ali e i volti ha richiesto molta perizia. Però alla fine, smaltati, mi sembrano luminosi, come il loro essere. Troverò poi alcune difficoltà durante l’assemblaggio al bordo superiore della montagna, specie per l’angelo col cartiglio, che mi vedrà costretto a piegargli un po’ un’ala, ma… vabbé…

I 4 angeli che si rivolgono ai magi e ai pastori. La linguetta inferiore sporgente è ciò che mi permetterà di fissarli alla montagna.
Ed ecco gli angeli montati sul monte. Appare da un lato la stampata dei magi nella loro posizione. Mi sono serviti per posizionare correttamente l’angelo in basso a sinistra. Siamo a sera del 9-11-20

Una parentesi “luminosa”

Il 10-11-20 apro una parentesi che si protrarrà per diversi giorni, perché il soffitto deve ospitare un piccolo impianto di illuminazione a led, nascosto da quinte nere, alimentato da pilette a pastiglia, con 20 microscopici led.
E qui i veri scrittori di icone inorridiranno, a ragione: la luce dovrebbe essere quella del Tabor, (la Trasfigurazione) provenire cioè dall’oro di fondo. Già, bravi, ma non essendo una tavola 2D, mi risulta difficoltoso far emergere dal buio gli elementi che più si posizionano sul fondo dello scatolotto. L’idea, comunque, sarebbe quella di valorizzare con degli spot di luce proiettata alcune figure, i cieli e il raggio di luce dello Spirito santo.

In realtà non sono del tutto soddisfatto del risultato, per diversi motivi: la pochezza e la debolezza dei punti luce, la luce sostanzialmente fredda che ho dovuto ritoccare con lo smalto giallo o arancio in alcune zone, le pilette che si scaricano troppo rapidamente, i troppi riflessi generati, san Giuseppe è troppo avanzato e irraggiungibile, ecc. Cercherò di migliorarlo, magari inserendo un alimentatore.

I mini led posizionati nei punti strategici. Le quinte sono ancora da dipingere di nero e fissate col nastro adesivo. Ma siamo ancora all’inizio, lo studio andrà avanti per un bel po’.
il 16-11 le luci sono a buon punto e viene posizionato anche il raggio dello Spirito e la stella
Qui si vede il coperchio rovesciato con l’impianto luci quasi definitivo. Sotto i led ho posizionato dei mini-riflettori di alluminio per concentrare le luci. E’ una foto in fase molto avanzata (23-11), quasi alla fine e lo si nota da quasi tutti i personaggi al loro posto. Si notino il semicerchio dei cieli, la stella e il raggio di luce. Di plastica e piegati in avanti.

Avanti coi personaggi

Nel frattempo proseguo con la realizzazione degli altri personaggi: pastore, pecore e levatrici che fanno il lavacro al bimbo appena nato, sono sbalzi del 19-11.

Le altre 2 pecore sbalzate non le ho fotografate, Queste figure sono del 19-11

A queste seguono i Re magi, che completano i protagonisti del presepio. Qui le vediamo tutte finite, smaltate e in posizione. La sezione levatrici che fanno il bagno a Gesù mi ha dato molto filo da torcere, per via di tutti gli intagli da apportare per scontornare le figure. Siamo ormai al 21-11.

Le ultime scene e figurette finite

Gli ultimi dettagli

Credete che sia finita così? No, mi sento in dovere di stendere un testo, (che incollerò qui in coda), dove spiego al nuovo pro-parroco don Matteo, a don Luigi e a chi lo desidera, lo studio che ho fatto e i significati di ogni figura e dell’Icona in generale. Facendo ciò mi accorgo (ohibò!) che ho tralasciato le tre stelle sul mantello della Madonna, simbolo della sua verginità prima, durante e dopo il parto e i due arbusti, testimoni vegetali del mondo naturale e parte della trasfigurazione di tutto il creato in cosmo, nuova creazione. Devo assolutamente porvi rimedio. In fretta e furia tiro fuori questi due gioiellini che sembrano spille di smeraldo.

Alberelli sbalzati e smaltati
Alberelli sbalzati e smaltati. 23-11-20

Verso la conclusione

Bene, ora è il momento di rimontare definitivamente tutto e predisporre l’alloggiamento per il vetro sintetico antiriflesso che ha la funzione di proteggere il fragile manufatto dalle mani di pazzi e malintenzionati che girano dalle nostre parti e che hanno fatto già gravi danni in parrocchia.

(L’anno scorso sono state rubate le statue grandi del presepe tradizionale e rovinato il coperchio smaltato del fonte battesimale…).

Fisso con due vitine con bullone passanti attraverso il compensato del pavimento il bordo anteriore della montagna e le figurette in primo piano al pavimento. Al Brico poi acquisto sia il vetro sintetico (da tagliare col cutter in misura) che un listellino angolare di alluminio che taglierò in misura e metterò sul fronte sui lati lunghi, come guide per la lastra. Non lo trovo anodizzato oro, quindi lo vernicio a spray con lo stesso oro acrilico del fondo. Acquisto anche delle piccolissime viti autofilettanti per l’assemblaggio dei pezzi allo scatolotto. Lateralmente metto due piccoli fermi angolari da avvitare sui fianchi di legno per fermare il vetro in posizione.

Prima di chiudere il fronte, ovviamente scatto un po’ di foto.

Post scriptum: Il 27 novembre il presepio viene esposto in parrocchia. Gesù Buon Pastore via Caboto, 2 Milano: eccolo.

A QUESTO PUNTO NON MI RIMANE CHE AUGURARVI BUON AVVENTO E BUON NATALE!

Presepio pseudo icona terminato
Con illuminazione esterna
Con illuminazione interna attiva

Il testo dello studio

PSEUDO-ICONA DELLA NATIVITÀ

PREMESSA

LE ICONE NELLA TRADIZIONE CRISTIANA ORIENTALE (Rif. *)

Le icone, per la Chiesa d’Oriente, sono molto di più di quello che sono per noi le immagini sacre: sono inscindibilmente legate alla proclamazione della retta fede (ortodossia). Ciò dipende dal legame, (stabilito dal VII° Concilio – Nicea, 787 d.C. – l’ultimo riconosciuto valido dalla Chiesa Orientale), tra l’espressione pittorica delle realtà spirituali e il dogma dell’Incarnazione, mediante il quale l’Invisibile si è degnato di assumere il visibile e di rivelarsi attraverso l’umanità di Cristo.

L’icona ha quindi un valore profondamente spirituale: non solo linguaggio figurato in aiuto della memoria, ma invito espresso in luci e colori a quella tensione spirituale, a quella TRASFIGURAZIONE del singolo e del creato, che i Padri orientali hanno espresso con il termine “Theosis”, ovvero deificazione o divinizzazione. (1)

Da Calcedonia

Il Concilio di Calcedonia (451 d.C.) elaborò il simbolo della retta fede della Chiesa sull’Incarnazione: “… Il Figlio, Nostro Signore Gesù Cristo è uno e medesimo. Questi è perfetto nella Sua divinità e nella Sua umanità, vero Dio e vero uomo, composto di anima, un’anima razionale e un corpo. Egli, Uno e medesimo, è della stessa sostanza del Padre secondo la divinità ed è della nostra stessa sostanza secondo l’umanità, si è fatto in tutto simile a noi eccetto che nel peccato. Nato dal Padre prima di ogni tempo, rispetto alla divinità, per noi e per la nostra salvezza nacque da Maria Vergine e Madre di Dio, rispetto all’umanità. Noi crediamo uno solo e medesimo Cristo, Figlio e Signore, unigenito in due nature, senza confusione o cambiamento, senza divisione né separazione. Ma la differenza delle nature non è mai cancellata dalla loro unione, anzi ciascuna di esse conserva la sua proprietà concorrendo entrambe a costituire una sola persona o “ipostasi”. (2) Noi non lo crediamo uno in due nature separate e distinte, ma un solo e medesimo Figlio, il Verbo divino, Nostro Signore Gesù Cristo”.

Considerazioni storiche

Non sono affermazioni da poco, per noi sembrano scontate o superate, al nostro sguardo superficiale. Pro o contro questo credo si sono guerreggiate lotte sanguinose, per esempio tra iconoclasti (che non ammettevano una rappresentazione del Mistero eterno in forma sensibile e/o artistica, combattuta come idolatria) e coloro che invece, proprio in virtù dell’apparizione in terra dell’uomo-Dio Cristo, mistero incarnato fattosi nostro prossimo, non solo la ammettevano ma, anzi, la incoraggiavano.

San Giovanni Damasceno, intorno al 730 d.C., contro gli iconoclasti afferma: “ …Noi però possiamo rappresentare il Dio che si è incarnato, si è mostrato nella carne sulla terra, si è mescolato agli uomini nella Sua ineffabile bontà, ha assunto la natura della carne, la densità, la forma, i colori”.

Non si tratta quindi di idolatria, ma di “illustrare quando l’invisibile diventa visibile nella carne,… la rassomiglianza dell’invisibile”. “Come gli Apostoli hanno visto corporalmente Cristo, le sue sofferenze, i suoi miracoli e hanno inteso le Sue parole, anche noi desideriamo vedere e intendere per essere felici”. “…noi contempliamo le Sue fattezze corporali, i suoi miracoli, e i suoi patimenti, ne siamo santificati, resi pieni di ardore, di letizia e di beatitudine, a esse rendiamo onore, venerazione, adorazione e, per quanto ne siamo capaci, cogliamo nello spirito la gloria della Sua divinità. Noi siamo duplici, fatti di anima e di corpo, (…) ci è impossibile andare allo spirituale senza il corporeo”.

La natura umana ha bisogno di segni sensibili per poter giungere all’intelligibile, quindi necessita di segni quali la scrittura e la raffigurazione iconica. La Chiesa che porta con sé l’autocoscienza sicura della fedeltà alla tradizione può giustamente giudicare quando le immagini hanno diritto di portare il nome di proto-tipo. Così accolse e approvò i tipi che divennero canonici (…) non permettendo all’artista di progettare forme e composizioni non suffragate dalla tradizione stessa; l’artista cioè non è libero di rappresentare quello che vuole. Ma lo è nell’esecuzione artistica, nelle tecniche e nella padronanza degli strumenti.

I canoni

I precetti tecnici canonici per l’esecuzione di una icona sono: a) tavola di legno, b) colori a tempera, c) bidimensionalità, d) riduzione del paesaggio e dello sfondo ad un semplice accenno, e) fondo oro e assenza di ombre proiettate, f) uso della prospettiva inversa, g) conformità ai tipi canonici approvati, h) bordo della tavola come cornice dorata in rilievo, i) preghiera fedele dell’iconografo.

Note
1) Dalla presentazione di Mons. Enrico Galbiati al volume “Il mistero e l’immagine” di Pietro Galignani. 1981, La Casa di Matriona. (*) Questo libro è la mia fonte per questo testo.
2) Nel Cristianesimo il concetto neoplatonico di ipostasi svolse un ruolo fondamentale nella formulazione della dottrina trinitaria: i caratteri specifici di Padre, Figlio e Spirito Santo furono definiti come ipostasi (sostanza personale), ma posti a un livello paritario e non più gerarchico. Il termine “ipostasi” fu così consacrato dal concilio di Calcedonia (451) che affermò l’esistenza in Cristo di un’unica ipostasi-persona in due nature: umana e divina.

LA PSEUDO-ICONA QUI REALIZZATA

Per la genesi dell’opera, per la tecnica usata e per un mucchio di altri motivi, questa che vediamo qui non possiamo quindi chiamarla Icona della Natività. Commissionatami a febbraio 2020 da don Luigi come parte del suo progetto di presepio del Natale 2020 (molto più complesso e più articolato anche dal punto di vista teologico), che doveva essere tridimensionale, inserito in una scatola di legno centrale e poi accostata alle altre realizzate dei bambini del catechismo, mi ero ispirato come idea portante alle rappresentazioni della tradizione orientale, perché affascinato dalla profondità di tale teologia e dalla misteriosità di talune figure e atteggiamenti dei personaggi raffigurati che per noi, per la nostra tradizione occidentale, erano divenute un po’ estranee negli ultimi secoli. (Molte testimonianze artistiche del nostro passato ci ricordano invece l’unità di un tempo antico(3)). Mi ricordavo ciò che san Giovanni Paolo II una volta (13.10.1985) disse all’incirca: “La cristianità ha due polmoni, Oriente e Occidente, e deve ricominciare a respirare con tutti e due”. Quindi, nel desiderio di riscoprire una ricchezza complementare e necessaria ho iniziato a guardare diverse icone della Natività e ad immaginare come realizzare quest’opera. 

Non è su legno, non è dipinta a tempera, non è bidimensionale, ha una sua illuminazione e non solo l’oro del fondo… insomma per i puristi è una porcheria. Io spero che però, attraverso la mia personale ricerca, il mio lavoro (ce n’è dentro tanto) e la mia tecnica a sbalzo su alluminio e smalti sintetici da vetro, qualcosa di vero e prezioso passi comunque. L’ho pensato espressamente come presepio con finalità catechistiche, pensando ai bambini dei miei corsi di iniziazione cristiana, innanzitutto. E come tale desidererei che venisse sempre usato.

Affresco Natività Assisi
Nota 3) Ci sono rimasti numerosi esempi antichi nelle nostre terre che testimoniano di questa unità espressa anche nella figurazione iconografica: gli affreschi absidali in Sancta Maria foris portas a Castelseprio (VA), il portale della cattedrale di san Zeno a Verona e l’affresco di anonimo italiano nella Basilica di s. Francesco ad Assisi (nella foto) da cui ho preso gran parte dell’ispirazione, giusto per citarne tre.

Analizziamo forma e contenuti allora.

1- Resta l’uso, anche se imperfetto per via del 3D, della prospettiva inversa: la realtà cioè non è vista in modo naturalistico fisico-temporale, ma spirituale; la composizione (in questo caso della Natività), essendo una Teofania (manifestazione sensibile di Dio) nasce da un punto centrale e si sviluppa intorno ad esso. La grandezza delle figure non è data dalla lontananza o meno dall’osservatore, ma dalla loro importanza ed essenzialità. Così come per le loro fattezze e le proporzioni, non desunte dal loro essere fisico ma, allegoricamente dalla loro essenza spirituale, essendo l’uomo concepito come immagine di Dio.

2- Resta anche il trattamento non realistico del tempo, dello spazio e delle narrazioni: spesso in contemporanea avvengono più fatti. (Il bambino appare due volte nella stessa composizione, nella mangiatoia e lavato dalle levatrici). Così il fedele diventa “contemporaneo” al Mistero rappresentato: il tempo viene fatto “esplodere” nell’oggi di Dio e così pure lo spazio, che rappresenta un mondo trasfigurato: è il luogo di Colui che non ha luogo, che è incircoscrittibile e si lascia circoscrivere.

3- Purtroppo qui la concezione canonica, “Taborica”, della luce che promana dall’oro dell’icona non è stato possibile mantenerla. La tridimensionalità la impedisce e quindi ho dovuto supplire, per rendere visibili i particolari, con una illuminazione a soffito, nascosta da quinte, ma presente.

LE FIGURE

1)- La Madonna o Teotokos (Madre di Dio). La Deipara campeggia al centro della composizione tagliandola di sbieco. È la figura più grande di tutte. È Colei che accoglie il Verbo e questo fa di lei la “Piena di Grazia”, la massima realizzazione dell’umano. Col capo avvolto dall’aureola della luce divina riposa su un letto (ne ho trovati di diverse fogge e colori e ho scelto il bianco che mi sembrava più luminoso del purpureo e contrastava con le sue vesti: la tunica azzurro intenso e il mantello porpora, che simboleggiano rispettivamente la sua creazione a immagine di Dio e la sua deificazione nell’accettazione del suo coinvolgimento nel mistero della salvezza, cioè la sua trasformazione interiore, la sua piena somiglianza con Cristo, che dona a Lei per grazia quello che Egli possiede per natura). Per inciso, è l’inverso dei colori con cui è tradizionalmente raffigurato Cristo nelle Icone: Dio rivestito di carne umana. La Teotokos  porta sul capo e sulle spalle le tre stelle del mistero della sua maternità verginale: vergine prima, durante e dopo la natività.

2)- Al suo fianco Gesù appena nato, il Dio fatto uomo giace, avvolto in fasce molto strette come quelle di un defunto, in una mangiatoia di pietra, molto somigliante ad un sepolcro. Il bambino circondato dall’aureola dorata, l’asino e il bue che lo guardano stanno all’interno di una grotta, che rappresenta la terra dopo il peccato, molto buia: La luce è apparsa nelle tenebre. In questa voragine sono già prefigurati gli inferi raggiunti dalla potenza redentrice di Cristo nell’icona di Pasqua, della resurrezione. Cristo, assumendo la carne mortale illumina, trasfigura, deifica l’uomo e la natura; il mistero della nascita è vissuto all’interno della fede pasquale.

3)- Sopra il bambino sono rappresentati i cieli, oltre i quali vive il mondo spirituale sovraceleste, in forma simbolica dei tre cerchi colorati dai quali emerge un raggio di luce (spesso tripartito) nel quale è rappresentato lo Spirito santo (In alcune Natività è in forma di colomba, in altre compare la stella). Il legame che li unisce è quello della comunione ineffabile trinitaria. Lo Spirito vivificante, che fa degli uomini dispersi un popolo nuovo e del mondo un cosmo ordinato, testimonia, come nel Battesimo al Giordano, che Cristo è il Figlio di Dio. (Teofania)

4)- Attorno al nucleo centrale della natività sono disposte altre scene non contemporanee ma rappresentate contestualmente nelle quali, (con più libertà di disposizione e rappresentazione), sono raffigurati secondo i canoni e i proto-tipi approvati:

a- l’annuncio degli angeli ai pastori,
b- il bagno di Gesù Bambino con le levatrici,
c- la venuta dei Magi,
d- il dubbio di Giuseppe.

  1. Gli angeli (solleciti ministri attorno alla gloria di Dio e annunciatori/messaggeri della sua Parola) che si rivolgono ai pastori sono in duplice atteggiamento: uno ha lo sguardo rivolto verso l’alto, verso la sorgente di luce, l’altro si rivolge direttamente ai pastori e comunica loro il grande messaggio (su un cartiglio).
  2. Nel cosiddetto vangelo di san Giacomo (Pseudo Matteo) è citata Salomé che fa prendere il bagno al bambino divino, prefigurando il Battesimo del Giordano. La scena quindi compare in questa Natività e, “stranamente”, fa in modo che Gesù bambino compaia due volte nella stessa icona.
  3. I Magi, guidati dalla stella, e assistiti dagli angeli, compaiono tra i dirupi dei monti coi loro doni e vengono alla grotta per riconoscere nell’infante che “Colui che non ha carne si incarna, il Verbo si appesantisce di un corpo (…) l’invisibile si fa visibile, Colui che non può essere toccato si lascia toccare, Colui che non ha principio inizia e il Figlio di Dio diviene figlio dell’uomo”. (dalla liturgia). Nobili e di lontana provenienza sono vestiti con abiti sfarzosi (a volte sono rappresentati a cavallo). Nella tradizione bizantina l’adorazione dei Magi è legata al Natale e non all’Epifania come in Occidente. Sono anch’essi un elemento teofanico, prefigurando coi loro doni, oro, incenso e mirra,  la Sua resurrezione dopo tre giorni.
  4. Il dubbio di san Giuseppe. Le varianti di questa scena, nelle icone consultate, sono parecchie. In modo particolare il personaggio che sta di fronte a san Giuseppe viene identificato o con il profeta Isaia (ma, nel caso è rappresentato diversamente, con le vesti di pelle o di peli animali come Giovanni Battista, con la mano destra ad indicare il bambino che viene lavato e un tronco da cui spunta un germoglio (di Iesse) e la sinistra su una tavoletta scritta per ordine di Dio), o con il pastore tentatore Tirso, ovvero il diavolo sotto forma di pastore (a volte accompagnato da un altro pastore). Costui gli indica un bastone rotto o comunque secco e contorto come a dirgli: ” Come il bastone non può produrre fronde, così un vecchio non può generare e una vergine non può partorire”. La tradizione vuole che il bastone sia rifiorito, proprio per indicare che nulla è impossibile a Dio. Questo particolare giustifica allora le diverse varianti: si sono uniti il virgulto di Isaia che sorge dal tronco di Iesse col bastone di san Giuseppe, quindi il pastore sarebbe il realtà Isaia che scompare dalla scena del bagno. Quindi le tre varianti sono: 1-tentazione di Giuseppe, e testimonianza di Isaia; 2- tentazione di Giuseppe istigato dal demonio; 3-Giuseppe rassicurato nei sui dubbi da Isaia.

In ultimo un cenno sulla natura, raffigurata in modo molto scarno dalla montagna, dagli animali (pecore, asino e bue) e dalla scarna vegetazione: anch’essa è testimone di questa teofania e viene trasfigurata anch’essa: diviene un cosmo ordinato.

Concludendo, l’annuncio teologico dell’icona della Natività afferma innanzitutto la potenza di Dio, che inaccessibile nella Sua natura si manifesta, discende verso l’uomo, si accompagna con l’uomo condividendo la sua vita, risignificandola in modo salvifico. Proclama poi il miracolo della maternità virginale come luogo di applicazione, il punto di consistenza attraverso il quale la manifestazione divina entra nella storia dell’uomo. Infine  annuncia che la teofania divina non è solo un fatto miracoloso che si presenta all’uomo lasciandolo attonito spettatore; lo scopo di questa teofania, lo scopo della filantropia divina è la deificazione dell’uomo e della natura.

Non rinnego nulla della nostra tradizione cattolica e francescana del presepio, che molto deve del suo sviluppo anche artistico al confronto serrato nei secoli con la cultura e le scienze sviluppate nell’ambito della cristianità occidentale, ma proprio perché possiamo essere assuefatti alla nostra rappresentazione iconografica abituale, ritengo che l’approccio con questa spiritualità possa aiutarci a vivere con più attenzione questo Mistero.

DiGiancarlo Paganini

Una Sacra Famiglia

50 anni di matrimonio non possono essere che sacri.

Il 30 Agosto 2021 gli amici Renzo e Graziella celebrano il loro 50° anniversario di matrimonio: una sacra famiglia, per natura, come Dio l’ha immaginata e creata, checché se ne dica, a dispetto di tutti i limiti della nostra condizione, giacché non si arriva ad un simile traguardo senza l’intervento della Provvidenza che dialoga con la debole libertà di noi esseri umani e porta a compimento la Sua promessa di pienezza, attendendo solo i nostri sì.
La nostra storia, (e il dramma della nostra libertà), è storia sacra, diceva il grande Aldo Baldini.
E allora, Sacra Famiglia sia, anche il nostro regalo e il nostro pensiero per questa felice ricorrenza. Contempliamo stupefatti in loro “le grandi cose che fa in noi l’Onnipotente, e Santo è il Suo nome”, parafrasando il Magnificat.

L’input e l’idea luminosa mi vengono suggeriti da Cristina e quindi prontamente allargata a Guido e Patrizia, Alberto e Manuela, che parteciperanno al regalo.

Ricerca d’archivio

Cerco nell’archivio di disegni di mio padre Ettore una immagine che faccia al caso nostro e trovo una Natività che sembra fatta apposta. Dovrò modificare qualche particolare, come si nota, ma la 0053 è ottima per il nostro scopo.

Il disegno d’archivio 0053, modificato

Lo sbalzo

Mi metto all’opera tra il 31 luglio e il 2 agosto e in breve ottengo dalla lastra di alluminio uno sbalzo ben fatto, che qui vi mostro. Le difficoltà sono, come sempre, generate dai volti, vere miniature in rilievo, dove basta un nonnulla per rovinare tutto.

Lo sbalzo su alluminio prima del montaggio sulla lastra di masonite

All’imbrunire…

Una volta montato lo sbalzo sulla sua masonite mi faccio prendere dalla smania dell’alchimista in erba e immagino di brunire il luminoso e argenteo alluminio in modo da farlo apparire come un bronzo. Facile a dirsi, meno a farsi. Avevo, invero, già sperimentato una soluzione alcolica con estratto di pennarello indelebile e altre sostanze segrete, che però non mi sembrava desse i risultati sperati. Erano cioè risultati molto effimeri e delicati e andavano fissati con la vernice finale; avevo bisogno invece di qualcosa di più “sostanziale” e duraturo. Per caso trovo in cantina una vecchia bustina di polvere di anilina nera (probabilmente un po’ tossica…) dei materiali avanzati di mio padre e ne mescolo un po’ nel mio intruglio filosofale. Avventatamente provo a strofinare a forza la soluzione con un tampone sulla superficie (lucidata a paglietta sottile), che man mano diviene proprio brunita. Una prova di lavaggio con alcool mi conferma che il tono è stato assorbito dal metallo a livello molecolare. Ottimo, no?

Smalti

Bene! Allora finisco l’opera con qualche tocco di smalto arancio solo sulle aureole. Ho deciso infatti di dare un carattere sobrio all’opera. Il calore della brunitura mi sembra sufficiente come colorazione. Alla fine una spruzzata di vernice Macota che fissa il tutto non si nega a nessuno. Monto poi l’opera su un blocchetto di truciolare rivestito di pannolenci rosso cupo che mi sembra valorizzi assai bene la luminosità della sacra scena familiare. Impacchetto poi il tutto per la ricorrenza del 30 agosto.

Il risultato finale.
Auguri, cari Renzo e Graziella!
DiGiancarlo Paganini

Santa Teresina del Bambin Gesù

Sbalzo smaltato per Fabio G. (anzi, per sua figlia)

Questa è la volta di Santa Teresina del Bambin Gesù. Anche il mese di marzo 2021 non poteva infatti vedermi con le mani in mano, dal punto di vista delle Icone a sbalzo. Terminata l’epopea della “Pace del Buon Pastore”, terminata la sua copia n° 1 e portata a metà la copia n° 2, mi sono giunte, forse sull’onda lunga dell’entusiasmo per la Copertina di Evangeliario, una serie di commesse abbastanza particolari.

Ci sono delle novità

Per la prima volta mi devo cimentare con opere non derivate dall’archivio di bozzetti di mio papà, ma sviluppate con disegni e sbalzi del tutto originali e anche difficili da punto di vista tecnico realizzativo, Il mio carissimo Fabio chiede ben tre opere: la prima, da regalare a sua figlia, ha come soggetto santa Teresina del Bambin Gesù. Santa che, essendo abbastanza moderna, può vantare diversi ritratti fotografici. Se non ricordo male una consorella carmelitana era appassionata di fotografia e l’ha raffigurata in diversi momenti della loro vita di monastero. Le altre opere da fare saranno una Crocifissione e una Resurrezione, (che eseguirò invece a partire dall’archivio paterno) e di cui vi darò conto al loro momento, cioè presto, spero.

Apro una parentesi

Le altre opere su disegni originali richieste da altri amici sono un Cristo degli abissi di san Fruttuoso, richiestomi da Daniela L., una mia cara amica ex compagna di liceo, dopo aver visto il mio evangeliario. e un ritratto di genitori, richiestomi da un altro amico, che ho messo in coda alle richieste.

La mia Santa Teresina del Bambin Gesù

Veniamo alla santa Teresina: dopo una ricerca di immagini in internet, decido di riprodurre la famosa foto in cui la santa posa col suo abito carmelitano, con un giglio fra le mani, vicino ad una grande croce, sullo sfondo di un muro con rampicante e altre piante. Mi sembra, tra tutte, l’immagine che più si presta alla realizzazione dello sbalzo.

Santa Teresina del Bambin Gesù.
Foto di santa Teresina
In questa foto presa da internet si vede bene il suo volto dolce e deciso ad un tempo.
Il fondo dovrà essere semplificato, ma l’impianto complessivo mi sembra il migliore

La bozza per l’approvazione

Stabilite le misure con Fabio, faccio il disegno e gli mando la bozza per approvazione. La scelta tra tre tipi di inquadrature cade su questa che vi mostro. Il problema della realizzazione della bozza è creare una sintesi che con un semplice tratto renda l’idea della figura così com’è, con la sua tridimensionalità. Il viso di Teresina presenta un certo prognatismo della mandibola che influisce sulla posizione delle labbra, che andrà reso, senza farne però un mostro.

Santa Teresina del Bambin Gesù.
Bozza sbalzo santa Teresina
La bozza scelta

E’ l’ora dello sbalzo su alluminio

Si parte allora con la fase di sbalzo. Il viso è ovviamente la parte più difficile: basta un nonnulla per rovinare tutto e togliere somiglianza del volto. Sulla lastra non esiste il ctrl Z. Ahimé. Alla fine mi sembra che il risultato sia abbastanza somigliante. Il fondo lo astrattizzo, lascio la croce e aggiungo la cornicetta e l’aureola.

Santa Teresina del Bambin Gesù.
Sbalzo terminato
Lo sbalzo finito, ancora con le alette da ripiegare sul supporto di masonite

Prima il montaggio sul supporto, poi vai di smalti!

Eccoci allora alla fase di ripiegatura per preparare lo sbalzo alla fase di smaltatura. Questa volta, per la tipologia di opera dovrò smaltare la figura, invece del fondo, come sempre ho fatto (ad eccezione della Pseudo-icona della Natività, che però aveva le figurette scontornate) fino ad ora: la cosa mi mette un po’ di apprensione. Tra l’altro i colori della foto sono visibilmente artefatti colorizzando con qualche software una foto dell’800 in bianco e nero. Qui vi mostro lo sbalzo ripiegato e fissato al supporto, pronto per la smaltatura:

Santa Teresina del Bambin Gesù.
Sbalzo ripiegato e fissato al supporto
Sbalzo ripiegato e fissato al supporto

Un disastro che rischia di mandare tutto a rotoli

Parto con la smaltatura. Come prevedevo è la fase più a rischio errori. Stendo subito la vernice di sottofondo trasparente, (cosa che non avevo mai fatto in precedenza), pensando che sia una buona soluzione proprio per dare più trasparenza ai colori, ma questo mi causa subito enormi grattacapi. Mi propongo di limitare al minimo la stesura dei colori. Alla seconda campitura, tracK!: una goccia maledetta macchia l’aureola e devo rilavare col diluente tutto, aureola e vernice di sottofondo di tutta l’opera, che si è irrimediabilmente rovinata. Uffa! Fortunatamente il lavaggio totale riesce. Ma che sudata!

Santa Teresina del Bambin Gesù.
Il disastro sull'aureola
Il disastro sull’aureola: Mi tocca ri-lavare tutto col diluente.

L’icona terminata

Tra “morti e feriti” porto a casa comunque il risultato; davvero uno dei più “sudati” da quando ho iniziato questa avventura delle icone a sbalzo. Sullo smalto applico poi la vernice Macota protettiva. Eccola finita:

Santa Teresina del Bambin Gesù.
L'icona terminata.
La santa Teresina terminata.

Me la canto e me la suono

Sono abbastanza soddisfatto: nel complesso mi sembra un’opera ben riuscita, la resa dei panneggi mi esalta e l’icona col fondo argentato è molto luminosa. Il viso, alla fine, coi colori, mi sembra che abbia perso un filo di somiglianza rispetto allo sbalzo nudo e soprattutto rispetto alla bozza al tratto. Ma siccome sono sì ipercritico, ma anche molto misericordioso con me stesso :-), mi perdono per questo peccato veniale: penso sia comunque il massimo che potevo raggiungere, anche per le dimensioni ridottissime del viso.

PS. Fabio e Cristina sono contentissimi.

DiGiancarlo Paganini

La “Pace del Buon Pastore”

È il nome che ho dato a una nuova copertina di Evangeliario che ho realizzato per il lezionario ambrosiano della mia parrocchia.

Una premessa doverosa

Cari lettori, qui di fila trovate la lunga descrizione cronologica dell’aspetto tecnico della realizzazione di quest’opera, condita da qualche considerazione teologica, qualche curiosità, pensiero e suggestione. In fondo al Post, invece, trovate la lettera di accompagnamento dell’opera con le motivazioni e la spiegazione di tutti i simboli e le figurazioni.
Buona lettura.

Partiamo dall’esistente

Come per l’Ambone di Mirasole, (realizzato a partire dalla mia considerazione dell’indeguatezza per una tale storica abbazia del misero manufatto di legno grezzo che fungeva da ambone), la vista reiterata dell’attuale volume del Vangelo esposto in processione, mi dava “del fastidio”. A pelle. Insopportabile. (Ai miei occhi emergeva solo la povertà – che non è per forza “evangelica” – o meglio, la “sciatteria” di una copertina di masonite marrone con un graffito di sapore etnico falso-primitivo inciso a pirografo).

La copertina esistente di masonite marrone

L’ossessione

Non posso farci niente se la memoria dei capolavori antichi torna prepotente alla mente e mi provoca un paragone impietoso coi manufatti moderni. D’altra parte antico è forse sinonimo di bello? Forse. Ma chi l’ha detto poi che moderno voglia dire brutto? Oltretutto non conosco (ancora) l’artista che ha realizzato l’attuale copertina venduta in dotazione base con l’Evangeliario edito da ITL Libri.

Ma chi ne è mai l’autore?

Magari l’artista in questione è un mito davvero bravo, con tutti i numeri e i titoli che io manco mi sogno, avrà vinto il concorso per realizzarla con una commissione di esperti giudicanti e io mi ergo a giudice dell’opera altrui, di cui non conosco nulla. Sono proprio una bestia ignorante e presuntuosa. Mea culpa. Scusatemi. Per curiosità vado allora a vedere se sul volume c’è scritto qualcosa al riguardo:

Ecco, confermo che sono un ignorante spocchioso e presuntuoso: l’autore della copertina è nientepopòdimenoche il grande Mimmo Paladino. Sorry, l’ho scoperto solo andando a sbirciare il colophon del lezionario. Tante scuse e tanto di cappello al maestro Mimmo. Non lo sapevo. Non me ne voglia.

De gustibus…

Con Mimmo Paladino parliamo di Arte con la A maiuscola. Con me… vabbé, lasciamo perdere… Allora mettiamola così: a me non piace particolarmente la sua masonite pirografata. Non mi induce alcun senso di meraviglia. Forse dovrei studiarla con tutte le sue motivazioni, (ed è quello che accadrà pochi giorni dopo la consegna della mia copertinavedi qui). Sono ignorante di arte moderna e contemporanea. E forse sono troppo ancorato ai modelli antichi.

La “Pace di Chiavenna” e altri capolavori medievali

Penso a meraviglie come l’Evangeliario di Ariberto o altri manufatti di oreficeria antica. In particolare, da quando la mia amica accademica storica dell’arte medievale Chiara Maggioni mi ha fatto scoprire lo splendore della “Pace di Chiavenna”, che non conoscevo e su cui ha fatto una tesi e diversi articoli, non mi davo “Pace”. (!) Altro che pace! Ho lo stomaco in subbuglio, diamine! Ma sono solo un maldestro artigianucolo amatoriale, perdiana! “Sei proprio un cretino: cosa pensi di fare? Chi credi di essere? Sgàsati!!! Non ti vergogni?” Questo mi sono detto fin da subito. Basta! Non c’è e non ci può essere storia. Stop! Ricaccio il pensiero lontano dalla mente. Almeno, …ci tento.

Una digressione musicale (potete anche evitarvela)

E’ come per la musica: non è vero che quella corale moderna, anzi contemporanea, sia brutta. (Non tocchiamo neppure quei moderni mostri sacri di Rachmaninov, Poulenc, Pärt o altri). Ci sono pezzi incantevoli, delle vere scoperte celestiali che fanno sfigurare i Palestrina, i Da Victoria o i Monteverdi, e oltretutto sono molto più affini alla nostra mentalità attuale. Certe dissonanze “stridenti” esprimono meglio di tutto il repertorio antico il nostro approccio di uomini del XXI° secolo alla religione o all’annuncio cristiano e sanno parlare al cuore e alla mente senza particolari mediazioni di erudizione o filologia.

Un invito musicale (potete anche evitarvelo)

Invito chi, per esempio, non avesse mai ascoltato l’Agnus Dei di Samuel Barber, alcuni pezzi di Ola Gjeilo o Eric Whitacre o l’O Magnum Mysterium di Lauridsen (ma se ne potrebbero elencare moltissimi altri) ad ascoltarne alcuni brani e lo sfido a dirmi il contrario. Quindi forse occorre solo educare l’orecchio o l’occhio, nel nostro caso?

Ma, andiamo avanti

Va bene, questa era una digressione che mi scuserete, vero? Torniamo alla nostra questione. Al cuor non si comanda, purtroppo: di fatto non è possibile evitare che, ogni volta che mi capita sott’occhio la masonite in oggetto, la mia mente inizi subito a vagare alla ricerca di una possibile alternativa. Quando vado a messa in parrocchia (Gesù Buon Pastore e san Matteo apostolo – Milano) non faccio che distrarmi! Uffa! Ne va della mia salute mentale residua, sicuramente. E forse anche della mia salvezza. E’ venuto quindi il momento di agire. Un bel “NO!” chiaro e tondo può mettere fine ai sogni, tagliare la testa al toro e riportarmi alla realtà.

La proposta

Ho appena esposto in parrocchia il mio presepe della Pseudo-Icona della Natività, posso quindi arrischiare (come sono subdolo!) col nuovo parroco don Matteo la proposta indecente della realizzazione della nuova sovra-copertina dell’Evangeliario (alle stesse condizioni dell’opera di Mirasole, cioè il recupero spese, se l’opera riesce), per cui una mattina gliela butto lì. “OK, vai avanti”, mi dice. Senza batter ciglio. Al buio. Cavoli.

Inizio del progetto

Mi perdoni anche Mimmo Paladino, se a questo punto proseguo col mio tentativo di alternativa (senza pretese, da scalchignato autodidatta amatoriale). Siccome prima di fare la proposta “sconcia” avevo già cercato di immaginare qualcosa in proposito, avevo ovviamente sfogliato l’archivio di immagini preparatorie di mio padre Ettore Paganini. Avevo trovato un bel tetramorfo degli Evangelisti e un bel Cristo maestro in trono in mandorla che facevano al caso mio. Ho fatto allora con Illustrator un primo progetto in misura che qui vi mostro.

Il primo progetto – tratto

Un’altra curiosa digressione (e potete saltare anche questa)

Una curiosità veramente particolare: eravamo poco prima di Natale e, in parrocchia, in vista delle celebrazioni della notte santa, prevedendo un grande afflusso di persone, per aderire alle raccomandazioni anti-covid si era pensato di poter usufruire di un ambiente di espansione nel caso di uno sforamento delle presenze, in un locale attiguo alla chiesa. Per far ciò occorreva implementare in quell’ambiente l’impianto voci tirando dei fili di collegamento. Per far ciò sono stato coinvolto in un sopralluogo in vari ambienti, tra cui lo spazio dietro il presbiterio, sopra la sacrestia, la cappellina e l’ufficio del parroco. Viene attualmente usato come deposito di cianfrusaglie e paccottiglie varie.

Sempre opzionale

Ebbene, frugando in un grande armadio salta fuori un vecchio tabernacolo, forse della primitiva chiesetta prefabbricata, di cui nessuno sapeva l’esistenza (e che ora verrà restaurato spero, anche se complessivamente in buono stato) con la porticina realizzata da mio papà a sbalzo e smalto su rame. Indovinate cosa rappresentava? Ecco:

Il tabernacolo ritrovato (ancora col cellophane di protezione) col Cristo maestro in trono, nella mandorla e coi 4 Evangelisti.

Non è la stessa identica immagine, ma molto somigliante. Qui Gesù ha nelle mani il volume con scritto “Lux Mundi”, là ha il rotolo di cui “è degno di aprire i sigilli”. Insomma, questo ritrovamento mi è parso personalmente il segno di un suggerimento a non indietreggiare di fronte a questa nuova sfida, e la conferma che la strada era quella giusta. Non è che dovete credere tutti per forza a questo fatto: a me però ha suggerito così.

Tranqui

Inoltre ho pensato che se un’opera a smalto e sbalzi a gran fuoco di mio papà è finita in soffitta, impolverata di dimenticanza, alla mia copertina potrà accadere la stessa sorte, prematuramente, senza rimpianti e senza alcun dolore. Questo mi tranquillizza.

Il secondo progetto

Verso Natale torna a Milano da Firenze mio fratello Francesco, al quale chiedo sempre consigli, essendo lui il vero “Artista sacro” di famiglia, il vero erede della professione di papà, e ne approfitto per uno scambio di opinioni sul progetto. La sua prima reazione è: “Bello, ma come mai quel rombo così rigido dietro la mandorla?” Già! Boh, non so, effettivamente mi è venuto così senza pensarci troppo… Eh, male! Questo mi induce a ripensare a fondo il progetto, cercando di arrivare più in profondità anche nella simbologia che è un po’ povera effettivamente.

Progetto rivisitato e approfondito

Certo, una soluzione così geometrica mi avrebbe semplificato la vita (lo dico a posteriori e a ragion veduta), ma noi se non ci complichiamo la vita non siamo contenti. Oltretutto trovo un sacco di altre magagne compositive che non mi convincono più di tanto, come per esempio i riquadri che contengono gli evangelisti tagliati nell’angolo che va contro la mandorla. Che senso ha? Ne approfitto per rivedere da cima a fondo tutto il progetto. Però, anche solo considerare il significato della Mandorla o “Vesica piscis” è davvero straordinario. Tra gli altri, i due cerchi che si intersecano nell’asse centrale, formando la figura della mandorla: Divinità e Umanità rese UNO in Cristo.

Quante cose ci perdiamo noi moderni a furia di semplificare ad appiattire la realtà a ciò che appare, consumando tutto, senza scavare nei significati: ci perdiamo il meglio!

Simboli eucaristici

All’interno della copertina che dovrà essere “Luce pura”, un bagliore unico, dai mille riflessi e multicolore, com’è la Parola di Dio, decido di aggiungere due simboli eucaristici fondamentali. Il perché deriva dalla considerazione che questo è sì un Evangeliario, ci viene incontro cioè la Parola di Dio in tutto il suo splendore del vero (da qui l’idea di una copertina splendente di luce d’oro (simbolo di divinità), piena di riflessi, di smalti lucidi, di strass e cabochon preziosi di agata, lapislazzuli, ametiste e giada). Gesù è la parola pronunciata eternamente da Dio Padre, il Logos. Tutto fu fatto per mezzo di Lui e in vista di Lui e tutto in Lui sussiste. “Ego sum Via, Veritas et Vita” è riportato vicino agli evangelisti. Il Verbo si è fatto carne ed abita in mezzo a noi.

Il kèrigma

Questo è l’annuncio cristiano, pieno di stupore. Questa Parola non si è fatta ideologia o filosofia o regole, ma carne. Un uomo. Carne offerta in cibo per noi, per tutto il mondo: carne e sangue, pane e vino per rimanere ogni giorno in mezzo a noi sacramentalmente nel mistero eucaristico, nella Sua Chiesa. Per la nostra salvezza. Gesù Uomo e Dio, incontrabile ogni giorno nell’umanità, resa comunione, della sua Chiesa. Eucarestia, rendere grazie. E’ proprio ciò che desidero fare con quest’opera.

Il vino

Per rappresentare il vino penso, più che ad un calice, che mi rimanda alle immaginette di fine ottocento, alla pianta della vite con grandi grappoli e penso di metterla alla base della mandorla. Il tronco sale lungo la composizione a fianco della mandorla (a sua volta simbolo di vita e fertilità), con i suoi tralci, le sue volute e i viticci coi 4 grappoli turgidi. “Albero della vita” dal sapore antico (vedi per esempio quello di Otranto), un’immagine ricorrente nell’iconografia medievale a simboleggiare oltre all’Eden, la Croce di Cristo che non è più il legno della morte, ma la sorgente della Vita. Trovo una bella foglia di vite da riprodurre in varie misure e la piazzo lungo i tralci (ci pensate a cesellarle sull’ottone, che fatica?).

Il simbolo classico di Cristo

Poi trovo una soluzione per inquadrare i simboli di Cristo nelle parte bassa (Il pesce –Ichthyssimbolo di Cristo e l’ancora della fede, a sinistra e il cristogramma Chi-Rho a destra, nelle volute dei tralci. Il Chi-Rho è per antonomasia il monogramma di Cristo (nome abbreviato talora in chrismon o crismon). Esso è un monogramma costituito essenzialmente dalla sovrapposizione delle prime due lettere del nome greco di Cristo, X (equivalente a “ch” nell’alfabeto latino) e P (che indica il suono “r”).

Il pane

Per rappresentare il pane eucaristico, più che sull’ostia, mi oriento sulle spighe, con cui decoro i campi in alto ai lati della mandorla. Le ariste delle spighe sono una parte assai difficile da cesellare, almeno, io ho faticato molto: la punta andava dove voleva lei…

Sopra le spighe i due simboli Alfa e Omega in lettere greche: Gesù principio e fine della creazione, centro del cosmo e della storia. “IO SONO L’ALFA E L’OMEGA, DICE IL SIGNORE DIO, COLUI CHE E’, CHE ERA E CHE VIENE, IL PRINCIPIO E LA FINE, L’ONNIPOTENTE !”.
(APOCALISSE 1:8)

Ecco quindi la versione definitiva

Ed ecco il secondo progetto, colorato, quello definitivo. Mostrato a don Matteo: “Molto, molto bello, davvero! Grazie di cuore”.

La versione approvata. Ovviamente i colori sono indicativi.

Altri utili suggerimenti

Francesco mi suggerisce altre cose utilissime, non ultimo il link dove acquistare le pietre preziose o le pietre dure da utilizzare nell’opera. Mi fa cercare su un sito cinese “Pandahall” i cabochon e i castoni da acquistare. Un mare di scelta a prezzi incredibili, che arrivano a destinazione in un paio di settimane (Sotto Natale non si poteva pretendere di più).

Va bene, allora si parte davvero

Siamo ai primi di gennaio. Subito mi metto all’opera, memore anche della corsa finale che ho dovuto fare con la Pseudo-Icona della Natività. Mi ricordavo di aver avanzato una bella lastra sottile di ottone (1/10°) acquistata da Miorini metalli, dalla quale avevo ritagliato solo un pezzo per realizzare una icona della Vergine, che per imperizia avevo rovinato durante lo sbalzo del viso (e che avevo perciò dovuto accantonare. Peccato perché nel complesso non era male). L’esperienza mi è servita però per prendere familiarità con questo materiale, del tutto diverso dalle lastre di alluminio, molto più “nervose”. L’ottone è molto più plastico e morbido: è facile esagerare con la forza per poi non riuscire più a controllare gli spessori e a correggere gli errori. Controllo le misure: perfetto, sembra fatto apposta.

Un memo sulle misure

Tenete a mente questa faccenda delle misure, perché proprio questo particolare per un pelo non provoca un disastro colossale. Stiamo parlando di un riquadro poco più grande di un A3. Meno male che il secondo progetto, per prudenza, prevedeva un bordo di 4/5mm tra la cornice sbalzata e il bordo del supporto della misura della copertina esistente. ma vedremo più avanti perché…

Le misure, comunque mi han fatto disperare perché la copertina esistente ha il filo del bordo stondato e io ho preso una misura intermedia. Su questa ho tagliato il pannello di compensato che ha sulla facciata esterna le rientranze tonde (che poi sono diventati buchi toppati da un lato con carta incollata) in corrispondenza delle 7 borchie di ottone che “impreziosiscono” la masonite.

Il compensato coi 7 fori fresati in corrispondenza delle borchie di ottone.
Questo sarà il retro “nobile” dell’oggetto finale.

Questo compensato dovrà chiudere a sandwich sul retro la lastra incollata sul suo supporto. Alla prima verifica di appoggio sul lezionario mi risultava troppo grande e andrà andrà quindi piallata in altezza (ma aspetto alla fine a farlo e con il Lezionario in mano, a casa) e un buco ho dovuto allargarlo perché non andava a registro con la sua borchia. Uffa! Il problema è che per ora non posso portarmi a casa il volume del lezionario, (siamo durante le feste e viene usato in lungo e in largo) e quindi devo andare in sacrestia, chiedere al sacrestano di aprirmi l’ufficio, prendere le misure, scattare le foto…. ma non è la stessa cosa che averlo sul mio tavolo di lavoro.

Sbalzo e cesello

Stampo il progetto in misura, lo fisso alla lastra tagliata, tenendo conto delle abbondanze che verranno ripiegate sotto il supporto, sopra due fogli di carta carbone che coprano tutta la superficie e, fortunatamente, mi viene l’idea di incidere e sbalzare la lastra fissandola su un pannello di masonite poco più grande della lastra stesa e sul quale ho fissato un pannolenci che sia abbastanza cedevole per assecondare l’incisione, ma non abbastanza per sfondarsi. L’accorgimento consente altri due vantaggi non secondari: impedire di piegare gli angoli della lastra prendendoli dentro con le maniche e consentire di muovere lo sbalzo nella posizione che interessa, con facilità. Approfitto delle vacanze di Natale per iniziare il ricalco delle figure. Siamo al 5 gennaio 2021 quando termino la prima incisione frontale della lastra. Senza il Cristo al centro. Perché, direte voi?

La lastra incisa al 5-01-2021

Il Cristo al centro

Come mai, il Cristo al centro non compare? Perché nella mia idea primigenia la mandorla col Cristo in trono avrei dovuto realizzarla a parte su una lastra di alluminio e avrei dovuto inserirla sotto a quella di ottone, che l’avrebbe mascherata. Poi, però, vedendo come si dilata la lastra durante lo sbalzo ritorno sui miei passi e decido che realizzerò tutto sulla stessa lastra per evitare di dover fare una fatica del diavolo a tenere sullo stesso piano le due lastre in tutti i punti. In realtà, una certa fatica la faccio comunque a spianare tutto, ma mi immagino cosa sarebbe successo nella prima ipotesi. Lezione già appresa in passato: il progetto teorico va verificato continuamente strada facendo, ed eventualmente bisogna cambiare strada: è la realtà che comanda, non il nostro pensiero.

La lastra vista dal retro, col Cristo inciso dal fronte e alcuni particolari in basso già sbalzati (simboli ed evangelista Matteo più i tralci di vite). Si noti la patina bianca di tinta da muro diluita che ho steso per ridurre l’effetto riflesso, veramente fastidioso, durante il lavoro. 8-01-2021
La lastra vista di fronte alla fine del giorno 8 gennaio, col Cristo e il lato sinistro inferiore sbalzati.

E, se mi manca uno strumento?

Ovvio! O me lo compro, (come ho fatto coi palligrafi che mi mancavano, o come farò con il saldatore a gas per i castoni angolari con le viti di fissaggio al lezionario), o me lo creo. Per esempio, avrei avuto bisogno, oltre alla mia fedele biro scarica, ottima per incidere la lastra e al bastoncino medio di bambù con punta tonda (7), per sbalzare i particolari, di altri legni con punte larghe a spatola in varie misure o sagomate per determinati usi.

E allora, man mano me li creo. Grazie a mia figlia Lucia che mi regala una manciata di posate e bastoncini da Sushi in prezioso bambù (duro ed elastico al contempo) mi creo un set su misura, pronto ad integrarlo alla bisogna. Eccolo:

I nuovi bastoncini da sushi/sbalzo. La 1 a forma di prisma mi è servita per realizzare la doppia corona della mandorla, le piattone a taglio 2, 3, 4 e 6 per spianare le varie campiture (soprattutto della cornice), la 7 è la mia tonda base, la 5 e la 8 altre tonde.

Avanti a tutta birra

Nel giro di pochi giorni termino lo sbalzo. Siamo al pomeriggio del 14 gennaio. Ho davanti a me ancora un mucchio di lavoro. Ma inizio a contemplare ciò che sta immeritatamente uscendo dalle mie mani. Passo sulla superficie la paglietta e lucido lo sbalzo: Urca, che roba!!! (Potrei quasi lasciarlo così senza colori…. un dubbio mi assale).

Sembra una creazione d’oreficeria medievale, nonostante la figurazione moderna. Sarà l’ottone che sembra oro? Vabbé, sgàsati, testa bassa e pedala.

Lo sbalzo terminato e lucidato con la paglietta sottile.

Deformazioni professionali

Inizio poi a spianare il tutto e a rinforzare il retro per evitare sfondamenti. Temo un po’ questo momento perché so già che sarà fatidico e irto di difficoltà. La realtà non mi smentisce. La lastra è davvero molto deformata e va dove vuole lei. Un lavoro di pazienza perché a forzare troppo si rischia di creare delle pieghe di rimando in punti dove non dovrebbero esserci, che rischiano di rovinare il lavoro. Quindi poco per volta, sul fronte e sul retro, spiando cosa accade per reazione ad ogni azione, spiando il comportamento della lastra, arrivo ad un compromesso accettabile.

Il massimo dell’aggetto o spessore dello sbalzo.

I riempimenti dei “vuoti”, delle cavità posteriori

Prima di tutto maschero l’area di azione per il riempimento di colla da montaggio o mastice con nastro adesivo di carta, per evitare di rovinare la lastra nel tentativo di togliere gli eccessi di materiale che dovesse uscire dalle campiture: è roba veramente molto aderente, poi è difficile scrostarla dal metallo. Metto quindi dei punti fermi di riempimento delle cavità posteriori più grandi e decisive, quelle che dovranno per forza restare così come sono senza deformarsi.

Arrivano i rinforzi!

Riempio volto e il busto di Cristo, che sono le parti più sporgenti a rilievo, con ottimo mastice da marmisti bicomponente, che solidificando diventa, appunto, come il marmo. Ha il pregio che la reazione avviene molto velocemente così hai subito il risultato e puoi proseguire col resto del lavoro, strato su strato. Passo via via a riempire i bracci della croce, molto in rilievo, e le cavità sul retro dei riquadri degli evangelisti. Aiutandomi con listelli di gommapiuma e legno metto tutto sotto dei pesi che tengano la lastra spianata mentre il materiale (colla di montaggio e cartoncini per le altre parti oltre il Cristo) si asciuga.

Sotto i pietroni le parti da fissare in piano e riempire.
Anche il Cristo completamente riempito di mastice è messo sotto il peso enciclopedico. Gli Evangelisti sono già stati tutti riempiti e, via via, ricoperti di cartoncino spianato. E’ il giorno 17 gennaio.
Riempimenti posteriori terminati e lastra abbastanza spianata. Le coperture di carta e cartoncino mi servivano per non fare aderire ai pesi la colla di montaggio e pareggiare le superfici. Siamo al 19 gennaio.

Un’opera che cresce

Orpo, se è cresciuta! Troppo!!! Vi ricordate cosa dicevo delle misure all’inizio? La lastra si è espansa con lo sbalzo e non collima più con le misure prese. Le ero andate a riprendere in sacrestia ed effettivamente quelle erano più piccole. Tra l’altro più piccole anche del pannello di legno “nobile” già tagliato. Da rifilare comunque. Panico. E ora che faccio? Purtroppo avevo già segnato incidendolo il bordo inferiore, sul segno che doveva essere la piega frontale sul supporto. Cavoli che danno! Rischio di buttare via tutto il lavoro. Sudori freddi. Calma, stiamo calmi e troviamo una soluzione. Per fortuna, avevo pensato ad un margine tra pieghe bordo e inizio cornice a bassorilievo di 5 mm. Provvidenziali. Tolgo circa 2,5mm per parte e mi ritrovo quasi a posto, un po’ di gioco è inevitabile, ma ci si può arrangiare.

Sul filo del rasoio

La parte che mi preoccupa maggiormente è la sistemazione del bordo inferiore già segnato molto profondamente. Devo ri-spianare il solco, sperando che l’ottone non si indebolisca troppo e poi fare a pochissima distanza il nuovo segno e il secondo della piega sotto il supporto. Spero che regga e non si rompa. Regge. Miracolo.

Fissare la lastra al supporto piegando le alette

Fatte le pieghe, taglio in misura un bel supporto di masonite leggera (Un po’ di masonite in quest’opera non poteva mancare, no?) e lo infilo sul retro del pannello. Tutto ok, pronti per l’incollaggio in piano.

Lastra incollata e ali laterali piegate e incollate, in morsa.

Per fissare la lastra al suo supporto uso colla Poly Max della Bostik che mi garantisce presa duratura e una certa elasticità. Per stenderla, manco a dirlo, mi servirebbe una spatola rigata che non ho, e che mi creo quindi con una vecchia tessera telefonica occhiellata con l’occhiellatrice da calzolaio.

La simpatica spatola per la colla
Il retro sigillato con le alette incollate sul supporto di masonite
Lastra di fronte con lo sbalzo, ripiegata e fissata al supporto. 22-01-21
Lo spessore del manufatto al momento della smaltatura. Alla fine, dopo l’inserimento delle pietre dure verrà incollato al compensato (quello con le impronte delle 7 borchie).

Si smalta!!!

Benissimo, ora è venuto il momento di stendere gli smalti sintetici (colori epossidici per vetro) GLAS della MARABU. C’è timore e tremore, è sempre una fase che richiede una grande attenzione. Ho recentemente acquisitato alcune poche tinte in più, rispetto a quelle che avevo usato per Mirasole. Purtroppo la gamma Glas è limitatissima, ma l’apporto dei nuovi colori fa davvero la differenza. Ho un nuovo arancione, un giallo, un bianco/trasparente, un nero, un color cacao, un pink, miscelabili con le altre boccette da 25 ml. Da 50 cl, non miscelabile con nessun altro pigmento, ho in più un trasparente molto denso che userò moltissimo per proteggere l’ottone dove sarà a vista senza altri smalti.

Rischi e pericoli

La questione delle miscele è delicatissima: a mie spese ho imparato che solo poche tinte sono miscelabili tra di loro e che comunque è meglio sovrapporre le stesure di cui si è già sicuri per averle sperimentate in passato. Ogni errore rischia di compromettere tutto il risultato.

I primi smalti blu stesi: Evangelisti e simboli. Il mio amico Bruno, quando l’ha vista con whatsapp e con la citazione della “Pace di Chiavenna”, mi scrive: “Sei al passo coi tempi. Nell’anno mille avresti fatto fortuna”. Gli ho risposto: “Esatto, mi pagheranno in sesterzi”! 🙂 Era il 26-01-21

Pulisco e sgrasso bene la superficie. Lavoro coi guanti di lattice. Parto con i blu di fondo degli evangelisti, prima una sola mano e poi il “ribattino” della seconda mano che nasconde tutte le imperfezioni e dà corpo e intensità alla stesura. Alterno blu oltremare e color petrolio (il mio turchese preferito) sotto il tetramorfo e blu notte sotto i simboli.

Il lavoro di smaltatura

Arriviamo alle fasi finali

Procedo a spron battuto slalomando, col pennellino Windsor&Newton sottilissimo, tra incertezze sulle scelte cromatiche (nonostante il bozzetto sia chiaro), errori madornali (es. un pezzo del mantello di Cristo colorato come la tunica, che ho dovuto lavar via con precisione con straccetto e diluente pulitore – che panico!) e ripassi di mani ulteriori per nascondere magagne varie.

Alla fine, il 31 gennaio la smaltatura si può dire conclusa, salvo piccoli interventi e un’ulteriore protezione dell’ottone a vista col trasparente.

31-01-21. Smaltatura terminata. Qui a destra nella cornice ci sono già degli strass montati per prova.

Strass e Cabochon

Da Pandahall avevo acquistato pietre dure e strass di cristallo in varie misure. Ho dovuto fare due ordini di castoni porta cabochon (pietre dure semisferiche) perché per errore avevo ordinato dei castoni color zinco da 12″ di diametro invece di castoni ottone da 10″. Ne ho approfittato per aggiungere anche dei cabochon di laspislazzulo blu e di agata verde.

Posso far conto su una certa varietà di pietre dure; Agata, Giada, Ametista, Lapislazzolo e strass trasparenti e rossi, così come si vede dalla foto:

Alla fine, oltre agli strass trasparenti e rossi userò ametista lilla e agata rossa e verde con le loro fantastiche trasparenze luminose. 4 falsi cabochon andranno sui pommoli del trono.

Prima di incollare e fissare le pietre devo irruvidire gli alloggiamenti in modo che la colla aggrappi meglio e lo faccio sfrisandoli con un lama di cutter. Incollo per primi tutti gli strass trasparenti e poi quelli rosso rubino nei fiori ai vertici. Poi devo prepapare i castoni che non avranno anche funzione di fissaggio con i bulloni al lezionario.

Il mio trapano per micropunte, frese e lame, della Dexter, col suo alloggiamento di legno che lo ancora al tavolo (se no se ne va in giro ed è pericoloso). Ovviamente autocostruito.

Li foro centralmente e vi inserisco un chiodo microscopico (semenzine, marca storica Due Leoni-introvabili, ahimé). Semenzine che ho trovato da un gentilissimo e fornitissimo calzolaio d’altri tempi in via Solari ang. Montevideo. Lo ringrazio, non se ne trovano più. Né chiodini, né calzolai così. Dal ferramenta storico (Viganò Pietro) lì vicino, invece, trovo i microscopici bulloncini di ottone e altri micro vitine e componenti. Anche lui ha dato fondo alle riserve antiche degli antenati. Certi prodotti artigianali di minuteria di precisione italiana non esistono più, altro che Cina e Cina! Altro che Brico e Castorama! E questi negozi stanno tutti chiudendo, non solo per il Covid. Come faremo in futuro “noi artigiani”?

I castoni col chiodo per le ametiste lilla e le agate verdi

Poi arriva una fase che mi lasciava un po’ nell’incertezza per la mia incapacità e gli strumenti a disposizione poco professionali: la saldatura dei bulloni di ottone sotto i castoni portanti. Per sopperire a questa mancanza acquisto un microsaldatore a gas da 7,90 euro al Brico. Errore! Dovevo spenderne 35,90 e avrei avuto uno strumento buono. Invece al primo tentativo (a parte che la carica del gas butano è fallimentare, esce tutto… e quando inclini il saldatore la fiamma si spegne…) brucio un castone che quasi prende fuoco e il bullone non si attacca alla cenere… Ripiego sul mio vecchio saldatore elettrico che ci mette un sacco a scaldare la punta e dopo un paio di tentativi di saldatura impazzita riesco felicemente nell’operazione. Otto castoni saldamente saldati al loro bullone. Grande!

Gli otto bulloni saldati con lo stagno già limato
Gli otto cabochon inseriti e incollati nei castoni coi bulloni

Foro anche gli alloggiamenti dei castoni portanti e faccio la prova di inserimento. Perfetto. Ora manca solo di portare a casa il Lezionario, fare le ultime verifiche delle misure (mi preoccupa soprattutto il compensato che dovrà andare a registro con le borchie e il pannello realizzato.

Fase finale, con il lezionario nelle mie mani

Venerd’ 5 febbraio è il grande giorno. Il sacrestano sig Ever mi consegna il volume che imballo e porto a casa. Sono emozionato come uno scolaretto e ho il cuore che batte forte. Posiziono tutti gli strati sulla masonite di Mimmo e li fisso col nastro di carta e biadesivo. Dovrò solo rifilare di un millimetro l’altezza del compensato, ma lo farò a bocce ferme. Col trapano e la punta da 1,5 trapasso negli 8 punti l’opera etnica pirografata (senza rovinarla eccessivamente, peraltro) e lavoro sul retro. I bulloni fuoriescono con abbondanza solo di un paio di millimetri (che dovrò poi segare).

Il lavoro sul retro copertina

Prima però devo creare gli alloggiamenti dei dadini che dovranno scomparire nel cartone. Con una grossa punta da legno contro-buco di un millimetro e mezzo di profondità il cartone e lo “fisso” con colla acrilica perché non si slabbri in futuro. In 5 fori inserisco 5 micro ranelle che impediscano che il cartone ceda quando stringerò i bulloni. Poi, aiutandomi con una lastra di zinco forato per proteggere il cartone, sego i millimetri sporgenti dei bulloni e pareggio a livello tutti gli spuntoni.

Gli otto fori coi bulloni sul retro della copertina. I dadi sono stati stretti e tirati, in modo da assicurare la posizione delle parti, che sarà definitiva. Un particolare ingrandito di uno degli alloggiamenti.

Estraggo di nuovo i castoni e libero le parti numerando gli oggetti, in modo che ognuno torni poi nella sua posizione originale. Incollo i castoni agli alloggiamenti infilandoli di nuovo nei fori e ri-stringo i bulloni finché la colla non indurisce. Comunque, cari lettori, siamo alle battute finali: ecco il Lezionario con la nuova copertina terminata.

Mica male, no? 5-2-21
Vista frontale della “Pace del Buon Pastore” terminata

Una curiosità: la nuova sovra-copertina completa pesa poco più di un chilogrammo. Fosse stata d’oro massiccio sarebbe stato peggio portarla in processione a braccia alzate… Il lezionario pesa comunque un 5/6 chili di suo.

Primi commenti via whatsapp: Bruno: “Ciao Gianca, ma dove lo si potrà vedere questo capolavoro?”; Don Matteo: “Bravissimo! Complimenti!” E io: “La chiamerò Pace del Buon Pastore per richiamare la Pace di Chiavenna. Poi vengo a confessare il mio peccato di orgoglio…” Lui di rimando: “Ego te absolvo…”. Don Stefano C.: “Veramente splendido Giancarlo!!! Un capolavoro!!! (Applausi) … sono santamente “invidioso”. Eccetera…

Per concludere

Cari amici lettori che avete avuto la curiosità e la pazienza di arrivare fin qui, vi ringrazio. Con don Matteo siamo rimasti d’accordo che la “Pace del Buon Pastore” verrà utilizzata la prima volta nella Messa di Pasqua 2021 e verrà poi utilizzata in tutte le cerimonie delle festività. Molto probabilmente, pur essendo un sistema che può essere semplicemente rimosso svitando gli 8 bulloncini, resterà fisso sul lezionario. Ad ogni buon conto lo consegnerò in una scatola imbottita confezionata ad hoc, che fungerà da custodia ogni volta che verrà richiesto. Grazie a tutti (soprattutto a mia moglie Daniela, per la sua pazienza e il suo affetto e sostegno), e…. alla prossima!

Alcune curiosità della lavorazione in un breve video sul mio canale Youtube
Risulta un po’ cangiante a seconda dell’illuminazione e dei riflessi

Inaugurazione Pasqua 04-04-2021

La “notte” della veglia pasquale il 3-4-21, durante la s. Messa è stata inaugurata la nuova Copertina di Evangeliario Festivo. E’ rimasta esposta anche dopo la celebrazione. Il giorno di Pasqua a tutte le messe festive è avvenuta la stessa processione ed esposizione.

Veglia Pasquale. Qui esposto vicino all’ambone di mio papà
Messa pasquale ore 11. Qui esposto vicino all’ambone di mio papà
La "Pace del Buon Pastore" copertina di Evangeliario, in opera in chiesa, dopo la messa
16-05-2021 in chiesa dopo la messa
La "Pace del Buon Pastore" copertina di Evangeliario, in opera in chiesa, dopo la messa
16-05-2021, in chiesa dopo la messa

La lettera di accompagnamento

La copertina nella sua custodia

Caro don Matteo, caro mons, Marino, caro don Abramo, cara comunità parrocchiale,

è con gioia riconoscente che posso anche io, oggi, offrire il mio contributo artigianale (e, se possiamo dire, artistico), alla mia amata parrocchia di Gesù Buon Pastore e san Matteo Apostolo, parrocchia che fu di mio padre Ettore (ed è ancora di mia madre Caterina) che qui ebbe modo di realizzare una delle più alte espressioni della sua Arte a servizio della Chiesa. È quindi con senso di profonda inadeguatezza nei confronti della grande Arte, potendo vantare in merito solo degli ascendenti di valore assoluto ma non degli studi adeguati, che offro alla comunità di cui sono parte questa opera artigianale ad uso di sovracopertina dell’Evangeliario diocesano, realizzata a sbalzo, smalti sintetici su lastra di ottone e pietre dure.

Non mancandomi un certo senso dell’umorismo avevo pensato di chiamare questo manufatto originale “Pace del Buon Pastore” esplicitando così il motivo ispiratore e il modello dell’opera nel riferimento alla meravigliosa copertina di Evangeliario detta “Pace di Chiavenna”, opera di inestimabile valore e dal fascino immortale, frutto maturo dell’inarrivabile perizia e del gusto artistico delle maestranze orafe medievali della nostra terra lombarda.

Il riferimento e la continuità con l’opera di mio padre è invece molto più diretto. La figura del Cristo maestro in trono, al centro della mandorla gloriosa e il disegno del tetramorfo degli evangelisti sono tratti dall’archivio dei suoi bozzetti preparatori. (Archivio che ho avuto la ventura di poter raccogliere negli ultimi anni e rendere accessibile).

Un duplice motivo mi spinge sempre ad intraprendere questo genere di opere (questa è la mia terza prova di questo tipo): da una parte c’è la voglia di misurarsi con sempre nuove sfide tecnico-artistiche (a volte fin troppo alte per le mie capacità), per poter offrire alternative (spero valide) a situazioni, rappresentazioni, opere che non mi appagano e non soddisfano la mia sensibilità religiosa e artistica. Dall’altra c’è sempre un desiderio di utilità catechetica nei confronti del popolo di Dio. Non pensavo di avere una vocazione di questo genere, ma seguendo certe indicazioni e certi segni devo riconoscere che è così.

Secondo me ogni opera d’arte sacra oltre ad avere valore in sé deve avere una funzione contemplativa ed educativa. (Una sorta di Biblia pauperum, in senso largo, insomma). Educazione a cosa, oggi, in particolare? Io vedo una esigenza urgentissima di educazione del popolo cristiano al senso della Chiesa, al senso dell’essere popolo di Dio, al senso dell’appartenenza alla Chiesa come Mistero, Corpo mistico di Cristo, la carne concreta e oggettiva di Gesù oggi, secondo il metodo di Dio che è l’incarnazione. Che è la strada con la quale Cristo presente prende sempre più possesso di noi. “Caro cardo salutis”.
La gente non sa più che cosa sia il mistero della Chiesa, perché non fa più esperienza del mistero, ma se va bene, fa un’esperienza “sociologica” della comunità. Da qui tutte le derive riduttive che riducono, appunto, la Chiesa a distributrice di servizi religiosi, che devono risultare ineccepibili, con tutte le pretese, le rimostranze e i moralismi del caso. Lo dico in generale, come sensazione netta che mi deriva dai rapporti coi genitori, ecc.

La nostra comunità però, e lo dico con commozione e gratitudine ricordando certe figure luminose di parrocchiani di cui potrei stendere un lunghissimo elenco, è stata ed è tuttora piena di santi di tutti i giorni, santi della porta accanto, che questo senso del mistero della Chiesa lo hanno riconosciuto e incarnato e lo incarnano veramente. Magari non pienamente coscienti e quindi con difficoltà di comunicazione a livello culturale. Questo è secondario rispetto all’essere santi, no? Ma se la Fede non diventa cultura non riesce a trasmettersi come dovrebbe, diceva san Giovanni Paolo II. Cultura intesa nel senso di saper rendere ragione della fede, non di essere eruditi. Cultura, Carità e Missione sono i tre capisaldi, le tre dimensioni fondamentali dell’esperienza cristiana.


Questa sensibilità e questa esigenza di educazione mi vengono dalla mia storia familiare e dalla mia appartenenza al carisma di don Giussani, che sempre ha vissuto con noi questo desiderio comunicativo e ha perciò valorizzato ogni particolare dell’esperienza umana (dal canto all’espressione artistica, dalla cultura alla bellezza, alla tradizione) per educarci a riconoscere la presenza operante di Cristo nella vita.

Quindi, venendo alla presente modesta realizzazione, ne metto in evidenza i tratti simbolici fondamentali:

Innanzitutto, in generale, desideravo un impatto forte con la luce. Deve emergere “violentemente” lo splendore del vero, del bello, del giusto, che suscita in noi stupore e attrazione. Luce variegata e multiforme, che illumina i nostri cuori e le nostre menti, come solo lo Spirito sa generare.

1) Al centro vi è Cristo maestro in trono con in mano il rotolo di cui è degno di “aprire i sigilli”. I colori dominanti sono l’oro, il blu del mantello (si è rivestito di umana carne, di natura umana) e del fondo raggiato e il rosso porpora della tunica (colore regale e divino della sua natura). I tre cabochon di ametista lilla nella mandorla dorata rappresentano la Trinità. La mandorla che lo racchiude ha molteplici significati: porta tra cielo e terra, tra dentro e fuori, simbolo di fecondità, generazione e vita nuova. È anche simbolo di gloria e di luce soprannaturale. La “Vesica piscis” simboleggia anche la Divinità e l’Umanità rese UNO in Cristo. Il pesce, Ichthys, peraltro ripreso in uno dei tondi sottostanti è uno dei principali simboli di Cristo, insieme all’altro simbolo del cristogramma Chi-Rho. Il trono non è simbolo di potenza mondana, ma è il trono dell’agnello immolato per la nostra salvezza, per cui Cristo è rappresentato con le stimmate, segno della sua passione. Cristo è l’Alfa e l’Omega, l’inizio e la fine della Creazione, centro del cosmo e della storia (simboli che compaiono anche nei tondi superiori).

2) Il tetramorfo degli evangelisti, secondo la sintesi iconografica elaborata da papà, sta ai lati della mandorla, in quattro riquadri con lo spigolo tangente alla curva della mandorla. Il fondo blu, con diverse tonalità, così come è la diversa sensibilità dei 4 sinottici, a rappresentare la profondità della narrazione dei Vangeli che sono dorati/arancio, cioè divini. Non è parola umana, è Parola di Dio, come a descrizione di quel Cristo Parola di Dio che si è fatta carne, al centro del nostro sguardo contemplante. Trattandosi di un Evangeliario, come da tradizione, i 4 evangelisti compaiono necessariamente.

3) Però ho desiderato introdurre anche altri simboli, eucaristici questa volta. Non sembri strana questa introduzione all’interno di un evangeliario: infatti, se la parola di Dio si è fatta carne, questa carne e questo sangue ci accompagnano e ci guidano nel nostro pellegrinare terreno, viatico alla patria eterna, o autostrada per il cielo come diceva il nostro beato Carlo Acutis. Pane e vino compaiono nei campi laterali accanto alla frase di Cristo “Ego sum Via, Veritas et Vita”. In alto stanno le spighe dorate e alla base della mandorla la vite (albero della vita dai diversi significati) con i grappoli maturi si arrampica coi suoi tralci in diverse volute verso il centro della copertina. Grano e Uva si traformano in Pane e Vino rappresentando così anche il nostro apporto, fatto di lavoro e fatica, all’opera della salvezza. L’oro si mescola a qualche tenue colore proprio per sottolineare questo contributo umano all’azione divina.

4) Al centro geometrico della copertina sta la Croce. Sotto la gloria della mandorla sta l’ignominia del patibolo. In rilievo, anche se non preponderante e impreziosita di gemme di preziosa e luminosa Agata verde e rosso/arancio emerge lo strumento della nostra salvezza che taglia in parti uguali il tempo e lo spazio, intersecando la storia in un punto preciso. La vite alla radice si appoggia alla croce.

Tutta la descrizione del percorso tecnico l’ho pubblicato in un lungopost sul mio sito, per chi volesse approfondire anche gli aspetti di quel tipo.

L’appuntamento per l’inaugurazione sarà a Pasqua 2021, quando la luce della Sua Resurrezione ri-illuminerà le nostre vite. Ciao e grazie per il supporto e la fiducia concessami.

Giancarlo Paganini
07-02-2021

DiGiancarlo Paganini

Per una recita natalizia

Il dialogo tra Tirso (il pastore tentatore) e san Giuseppe, nell’Icona della Natività della tradizione ortodossa.

Per l’odierno incontro coi bambini del catechismo, avevo pensato a una drammatizzazione di un dialogo immaginario tra i due personaggi più curiosi e intriganti del presepio orientale, davanti all’immagine della Pseudo-Icona della Natività. Con Zoom già non è molto semplice condurre un incontro di catechismo, immaginiamoci una drammatizzazione, e così lunga poi… per cui alla fine abbiamo fatto una cosa più semplice.
E questo testo quindi è rimasto in canna.

Ma ve lo propongo, (magari a qualcuno può servire).


Tirso e San Giuseppe

Particolare della Pseudo-Icona della Natività

SCENA: San Giuseppe è seduto su una pietra, in disparte dalla grotta poco più sullo sfondo. E’ poco illuminato. Il buio fuori e dentro. Il mento appoggiato sulla mano, sembra pensoso e triste. Struscia i piedi nella sabbia, come disegnando qualcosa. Passa un pastore gobbo col bastone e una lanterna. Passa in fretta, poi si ferma, torna indietro, appoggia per terra il lume e chiede qualcosa a San Giuseppe.

TIRSO – Ehilà, buonuomo, come ti chiami?

GIUSEPPE – Eh? Giuseppe, della casa di Davide, buonasera.

T- Senti caro, scusa, è qui che è nato un re? Dicono che sia da queste parti. Non vedo indicazioni, né oro, né musica, né cavalli, né cortigiani, né palazzi, nè carrozze…non è che ho sbagliato strada?

G – Boh, che ne so? (Un po’ alterato)

T – Calma. Ti spiego: degli amici pastori, un po’ visionari a dire il vero, all’improvviso si sono alzati dai bivacchi, sono usciti dalle tende e con urla di gioia sono corsi in questa direzione e dicono che degli angeli (Sì, vabbè, sono un po’ strani… a fare i pastori, …sai a volte la solitudine gioca brutti scherzi…), insomma, qualcuno gli ha detto di correre da queste parti a vedere un bambino, un principe, pare figlio di re, che è appena nato. Boh, son saltati su pieni di gioia, han preso delle cose da portare, nei loro cartocci, e sono partiti con le pecore… Ed eccomi qua anch’io a vedere cosa è successo. Ma dov’è il palazzo? Vedo solo una notte buia, pecore e sassi, una grotta con delle bestie e una stracciona con un neonato che frigna… niente di regale mi sembra.  

G- Senti amico non so nulla di re, di principi, di cortigiani, di palazzi. Lasciami in pace, sto pensando alle cose mie. Non ti sembra di essere un po’ troppo curioso?
Se proprio vuoi andare a vedere, lì c’è una grotta, dentro ci sono gli animali che scaldano mio figlio appena nato e mia moglie che si sta riposando dopo il parto. I pastori sono già passati, han visto le stesse cose che puoi vedere anche tu, hanno lasciato qualcosa per noi e poi sono ripartiti tutti contenti. Stop. Comunque… lasciami in pace. Non so neanche come ti chiami.

T – Tirso, mi chiamo Tirso e sono un pastore che nella vita ne ha viste di tutti i colori, sapessi. E tu, a che cosa stai pensando di così importante? Invece di stare qui a pensare ci sarebbero tante cose da fare, mi sembra, …non so, con questo freddo, brr …accendi un fuoco per esempio, così li scaldi e fai bollire i panni e la cena. Che razza di padre sei? Mi sembri un po’ un sognatore, non stai bene?

G – Sto pensando a tutto quello che è accaduto e sta succedendo…

T – Oh, bella! E che cosa è successo?  Non sei mica il primo al mondo a diventare padre! Tu e tua moglie avete messo al mondo un figlio e basta. Cosa c’è di più? Niente! E’ sano, sta bene… cosa c’è che non va? Quando c’è la salute c’è tutto, no? Svegliati! Datti da fare! Accendi il fuoco, fa un freddo…

G-Cosa c’è di più? C’è molto di più, lascia stare, …ma mica posso raccontare tutto a uno sconosciuto ficcanaso, … e poi è una cosa lunga… non so se…

T – Uh, come la fai difficile! A me sembri solo stranamente triste per uno che è appena diventato papà, no?

G – Che ne sai tu? Lasciami stare.

T – Uhm… Qui gatta ci cova… non è che mi nascondi qualche cosa? Perché non sei lì a fare compagnia alla tua bella mogliettina? Non è che anche lei ti nasconde qualcosa? (almeno, di solito è così che funziona).

G – Ma cosa mi dici? Come ti permetti? Lei non mi ha nascosto mai niente,… niente, neanche questa cosa così misteriosa…

T – Misteri? Non esistono misteri. E’ che noi a volte non vediamo delle cose. Siamo limitati, sai. Invece, se siamo aiutati, se si scava per benino, a volte si scoprono cose che a prima vista ci sfuggivano. E poi, che cosa sarà mai questa cosa così misteriosa? Sentiamo, magari è solo che tu non vuoi vedere delle cose che possono darti dolore o fastidio.

G – Uffa, a me non dà fastidio proprio nulla.  A parte te,… in questo momento…
E poi, che cosa mi stai suggerendo così subdolamente? Perché mi vuoi mettere una pulce nell’orecchio e mi vuoi instillare dei dubbi che non ho o che non penso di avere?

T – Oh,  Ecco che salta fuori il rospo! Vedi? Basta aprirsi un po’, parlarne con un amico e, trac!, saltano fuori le magagne. Vedi che ho visto giusto? Lo sapevo, dài racconta, che cosa ti ha detto di così misterioso la tua cara mogliettina? Sono qui apposta per darti una mano, conosco il mondo, ho esperienza da vendere, ne ho sentite così tante nella mia vita… Se non me lo dici significa che un po’ ti dà noia: è una cosa grave? Te ne vergogni? Ti senti un po’ disonorato, che so? in imbarazzo?…

G –  Senti, non so se è grave, non so… però un po’ davvero mi pesa, come se ci fosse un ombra, una non chiarezza totale tra me e lei. (Sospiro profondo) Proprio a me doveva capitare? Io la amo da impazzire! Farei tutto per lei!

T – Sì sì, ma non stiamo parlando di te ma di lei. Che cosa ti ha detto di così misterioso? Su! Dài! Forza! Se non ci confidiamo tra noi uomini…

G – Vabbè, senti,  eravamo ancora fidanzati a Nazareth qualche mese fa e dovevamo sposarci, ma prima di quel momento un giorno è venuta da me; era un po’ sconvolta, mi sembrava, in un certo senso, più luminosa del solito. Ma anche più misteriosa: mi guardava ma sembrava che non vedesse proprio me, parlava in fretta, poi si fermava come a pesare e meditare le parole… era un po’ trasognata, ma presente e mi ha riferito le parole di uno che ha visto in visione.

T – Ecco ci siamo: pieno di visionari da queste parti! E come si chiamava quel tale e che lavoro faceva? Lo conosci?

G – Non lo conosco, mai visto, deve essere uno straniero. Lei mi ha detto un nome: Gabriele. (Breve pausa)
Ah! E ha detto però che era un… angelo…, mi dimenticavo.

T – Boom! Eccolo qua! Pieno di angeli questo posto; hanno aperto le gabbie degli angeli. Dov’è la disinfestazione? Quando non ci si spiega delle cose si tirano fuori gli angeli. Comodo. Vabbè dai, siamo seri: e, dimmi… cosa le avrebbe detto questo sedicente signor “Angelo” Gabriele (un doppio nome tipo Luigi Filippo, per intenderci)?

G – Prima l’ha salutata augurandole ogni felicità…

T – Educato, eh, per far colpo! Bravo! Complimenti!

G – E poi che Maria avrebbe generato un figlio e poi ha detto che era un figlio speciale. Ah, e ha detto anche che si sarebbe dovuto chiamare Gesù, che sarebbe stato grande e chiamato figlio dell’Altissimo…

T –  E…, appunto, cioè figlio di nessuno! Cioè, uno col padre incerto, …dunque…

G – Smettila. Fammi finire. Dunque, le ha detto che Dio stesso gli darà il trono di Davide suo padre…

T – …e siamo già a due o tre padri: tu, Dio, Davide, un po’ troppi per un figlio solo, no?

G – …E regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine.

T –  Si va bene… ma ti sei visto? Che lavoro fai tu?

G –  Il carpentiere.

T – Lo vedi? Da un carpentiere, vecchio come te poi, può nascere un principe, un re?

G – Ma, … forse per il fatto che sono della casa di Davide…

T – Davide? Il Re Davide? Acqua passata, caro mio. Roba di secoli fa. Adesso la situazione mi sembra molto diversa. La verità è che questo disgraziato di Angelo Gabriele, un forestiero (il cognome non te l’ha detto?), le avrà promesso mari e monti, se lei ti avesse tradito con lui, facendo un figlio con lui e non con te. Questo è quello che succede, queste sono le cose come stanno.

G –  No, non è così, lei mi vuole bene, mi ha sempre voluto bene, è stata sempre sincera con me, anche lei non ha capito molto, era molto turbata, mi ha detto che continua a pensarci, anche per lei è una cosa misteriosa…

T – Sì ok.  Senti amico, per me le cose sono chiare: non c’è proprio nulla di misterioso. Lei ha fatto un confronto e ha scelto. Tu sei come questo bastone secco: cosa può germogliare da qui? nulla! Cosa potevi offrirle tu? Un figlio, un figlio principe? Regno, ricchezze, potenza e gloria? Niente di tutto questo: solo lavoro, fatica, sfinimento, abbruttimento fino alla morte e amen. Quell’altro, quel bellimbusto di Gabriele Angelo ha fatto il misterioso, lo sgargiante e l’ha imbrogliata ed è scappato facendo perdere le sue tracce e lei c’è cascata come una pera. Poi per giustificarsi con te ha inventato quella storia di angeli e misteri.

G – No, non è così! non può essere così! Maria la conosco! Non mi ha mai mentito, ci vogliamo bene, anche lei è sconvolta, non sa, non capisce, si è fidata di ciò che le diceva l’angelo. Ma si fida anche di me, se no non mi diceva niente. Effettivamente si è trovata incinta, non mentiva…

T – Basta! una cosa sola io so: da che mondo è mondo non è mai successo che una vergine generasse un figlio e perdipiù da sola senza il seme di un uomo. Dubbi su questo? Sei ancora così certo adesso che lei ti voglia bene? Sei proprio così tonto? Svegliati, prendi su le tue cose e lasciali lì: sei ancora in tempo. Qualcuno si prenderà cura di loro: tua moglie è molto belloccia e qualche merlo lo trova di sicuro, anche con un figlio sul groppone…

G – Basta! È troppo! Vattene! Io amo Maria e amo mio figlio!

T – Sì, … tuo figlio…

G – Sì mio figlio! insieme lo abbiamo voluto, amato e accolto. Lo so, è una cosa misteriosa per tutti. Enormemente inspiegabile e misteriosa. E’ vero, sono stato molto in dubbio anch’io all’inizio, se ripudiarla in segreto…

T – Eh, giusto! avresti dovuto farlo.

G – Ma da quando sono con lei sono felice; per lei e per il bambino, sono disposto a perdere tutto, anche la faccia! Mi fido di lei che mi ha detto, così come ha detto all’Angelo che “non conosce uomo” e che questo non è un figlio generato da un uomo, ma dall’Altissimo, dallo Spirito che su di lei ha steso la sua ombra…

T – Senti amico: di cucù è pieno il mondo. Basta! Io quello che dovevo dirti te l’ho detto. Certo che un tonto così non si era mai visto: uno che crede ancora agli angeli che parlano alla fidanzata. Ma come si fa al giorno d’oggi?

G – Certo, ci credo perché anche a me è apparso in sogno un angelo, era vero, era lì presente e mi ha detto di non temere di prendere con me Maria e sposarla perché ciò che è generato in lei è opera dello Spirito Santo ed è il figlio dell’Altissimo. Non so se era lo stesso suo angelo. Io so che il mio era convincente e soprattutto mi ha comunicato una grande pace, tutto era limpido come un disegno ben fatto, capivo che era giusto non temere, anche se non mi erano chiari tutti i particolari;

T – E con ciò?

G – E poi tutto questo mistero così denso mi fa amare ancora di più Maria. Anche se ora, veramente, la vedo con uno sguardo diverso da prima: ora siamo insieme, uniti più di prima, a servizio di Dio stesso che ci ha chiamato a partecipare al suo progetto di salvezza. E’ tutto così troppo grande per noi! A questo penso, ora che ci penso. A questa immensità e misteriosità della vita. Cosa potremmo fare se non seguire quello che ci rende più felici, più pieni, più uomini? Anche se ora non capiamo proprio tutto tutto.

T- Boh, tu fa come vuoi, caro il mio ingenuo, poi mi saprai dire.

G – Eh, no caro; noi facciamo come vuole Dio: la vita è comunque un rischio e noi la rischiamo insieme scommettendo su di Lui. Lei si è consacrata totalmente a Dio, mi sembra felice così, e io allora cerco di starle dietro, desidero solo la sua felicità. Se proprio bisogna decidere di chi fidarsi, non è certo di te, caro Tirso, che sei così distruttivo e non vedi al di là del tuo naso. Noi ci fidiamo di Dio, non ci ha mai abbandonati. Per questo ogni dubbio si scioglie: Dio è la nostra roccia e il nostro salvatore.

A proposito: Buon Natale!


Cala il sipario. Ma dietro le quinte si sentono ancora delle voci:

G – Oh, cavolo, se n’è andato. E’ sparito. Dov’è finito? Tirsooo! Tirsoooo!

T – Che c’è ancora da urlare caro il mio Giuseppe? Non ci siamo già detti tutto?

G – No, volevo solo scusarmi con lei se l’ho trattata un po’ duramente, e ringraziarla.

T – Come, ringraziarmi? Io ti ho detto la mia opinione, tu resti della tua, pace, cavoli tuoi.

G – No, volevo scusarmi per i miei modi. Solo ora capisco che è grazie al tuo veleno che ho potuto vedere le cose che prima non vedevo o mettevo in dubbio. Ero rude non perché avessi già una opinione o un pensiero, ma proprio perché non l’avevo e allora tutto mi pareva nemico. Grazie a te ho visto meglio tutto il disegno e ora sono più certo dell’amore che Dio ha per noi, dell’amore di Maria, dell’Amore che è entrato nel mondo con la nascita di Gesù. Per questo volevo ringraziarti e augurarti Buon Natale col cuore.

T – Beh, grazie, non so che dire. Io speravo che tu cambiassi idea… boh, non ci capisco più nulla. E’ proprio un altro mondo in questo mondo…

FINE

DiGiancarlo Paganini

UNA ICONA DI PROVA. SAN GIUSEPPE NEL PRESEPE

Un San Giuseppe dubbioso, alla maniera del “presepio” ortodosso nelle icone sacre orientali della Natività.

Prologo

Qualche tempo fa, appena dopo Natale, il mio parroco mi preannuncia la sua volontà di farmi realizzare la scena centrale del presepio del Natale 2020 in chiesa. In una cassetta di 41,5×26,2×27 cm dovrò creare la scena della natività. Tutt’intorno don Luigi ha pensato di far realizzare dai bambini del catechismo le molte altre cassettine con le seguenti scene – dal basso verso l’alto:
1) Annunciazione, 2) Il sogno di san Giuseppe, 3) Verso Betlemme; poi sopra a quella centrale: 4) I Magi, 5) Gesù tra i dottori del tempio, 6) Gli Apostoli.

In tutto il presepio misurerà circa 3 metri di lunghezza e 2 mt di altezza.

Lo schemino del presepio pensato da don Luigi

Una chiamata, una richiesta

Uno schema molto complesso e teologicamente affascinante. Una nuova sfida al pari di quella realizzata per Mirasole. Con la differenza che qui l’invito alla realizzazione non è partito dalla mia immaginazione o ispirazione, ma dalla chiamata diretta del Parroco a immaginare e mettere in opera il presepio.

L’ispirazione

Non so perché, ma sento ora il bisogno di cimentarmi con qualcosa di nuovo rispetto a quanto fatto per l’Abbazia alle porte di Opera, sia come stile di disegno che come tecnica. Cercando ispirazione – (sono cose lente che devono chiarirsi e approfondirsi col tempo) – mi sono rivolto alla tradizione iconografica orientale delle icone ortodosse che mi affascinano molto per il senso del sacro che emanano. In esse, ogni elemento delle sacra rappresentazione deve rispondere a canoni ben precisi. Tipologie o proto-tipi definiti da secoli. Sia le composizioni che i personaggi, le pose e i colori non sono lasciati al caso ma esprimono ognuno significati molto precisi e codificati.

Il pericolo è il mio mestiere…

Il pericolo di fare una cosa “poco ortodossa” volendo, al contrario, riprodurre una cosa Ortodossa, è davvero grande, soprattutto se non si appartiene e non si è fatta propria la tradizione di riferimento. La nostra tradizione “romana apostolica” del presepe è stata recentemente rispiegata da una lettera apostolica di Papa Francesco: la “Admirabile signum”. Anche questa andrà approfondita.

Libertà di espressione o rigidi canoni?

Vedo già nelle mie prime ricerche che la libertà espressiva degli scrittori di icone orientali è molto confinata nei canoni maturati in secoli di tradizione, anche se non mancano autori moderni che osano qualcosa in più o di difforme, a costo di essere tacciati dai puristi rigorosi di fare gli “illustratori di fiabe”. (Vedi nel web le critiche velenosissime -ho trovato post terribili- fatte alla grandissima artista Lyuba Yatskiv di Leopoli – https://www.iconecristiane.it/2017/12/10/lyuba-yatskiv/ )

Mi scuso già da ora se dovrò uscire giocoforza, in diversi punti della realizzazione come la sto immaginando, dai binari della tradizione bizantina, ortodossa rigorosa. L’idea, peraltro, di fare una sorta di “sincretismo” delle tradizioni orientale e occidentale, mi sollecita. Mi interessa far intravvedere anche ai miei concittadini gli aspetti per noi sconosciuti della visione teologica dell’“altro polmone” con cui respira la Chiesa universale (come si esprimeva san Giovanni Paolo II). Spero però di non combinare guai troppo grossi. Sono cosciente di essere un principiante e uno sperimentatore maldestro.

I buoni propositi

Per cercare di ovviare alle mie mancanze visionerò alcuni siti come quello di Russia Cristiana e della scuola di Seriate -BG ( http://scuolaseriate.eu/ ). So altresì che dovrò studiare il più possibile qualche trattato sull’argomento, per esempio questo, molto bello: “Il mistero e l’immagine” edito da La casa di Matriona.

Il libro che mi studierò. Ovvio che ogni possibile cavolata mi dovesse capitare di fare non sarà addebitabile all’autore del volume.

Difficoltà all’orizzonte

In buona sostanza, ho l’esigenza di usare comunque le tecniche sperimentate per Mirasole, ma avendo come modello iconografico le icone russe o bizantine.
Questo pone già sulla mia strada diverse difficoltà:

1) devo per forza fare una scena tridimensionale, avendo come base una cassetta che dispone di una profondità di 27 cm e quindi dovrò realizzare le figure scontornate dei personaggi, disposti su più piani. Nelle vere icone orientali non esiste prospettiva vera, come elaborata nei secoli dall’arte occidentale, ma le figure entrano nello spazio della composizione con proporzioni legate alla centralità e all’importanza dei personaggi e non alla distanza dai punti focali sull’orizzonte.
2) L’icona non sarà dipinta in 2D in piatto su tavola di legno con tempere o acrilici, ma sbalzata su metallo e smaltata coi miei colori per vetro. Il chiaroscuro sarà dato dai rilievi dello sbalzo. Non potrò aggiungere colpi di luce (o Assist dorati) come nella pittura/scrittura delle icone classiche. Le figure quindi dovranno essere ritagliate e posizionate in 3D nello spazio a disposizione.
3) Dovrò anche pensare ad una illuminazione con micro led, per accentuare il modellato.
4) La gamma di colori per vetro è molto limitata (cercherò altre tinte della serie) e le miscele che ho tentato di sperimentare spesso impazziscono e si raggrumano in modo strano. Adeguarsi alle tonalità proprie dell’iconografia ortodossa sarà pertanto durissima, potendomi avvalere di pochi colori base e dovendo privilegiare le velature sovrapposte (anch’esse rischiose), rispetto alle miscele.

La prima prova

Avevo già schizzato delle figure (Madonna – Theotókos (Θεοτόκος) – e san Giuseppe) e qualche giorno fa per soddisfare le domande di un amico che voleva sapere come lavoro, avevo iniziato davanti a lui una prova di sbalzo a partire dalla figura del san Giuseppe dubbioso. Piccola lastra di metallo, era solo una prova e pochi tratti del volto solo per spiegargli la tecnica. Poi però sono andato avanti e questo è il risultato.

Mi piace il risultato sulla parte di veste grigio scuro, il modellato mi sembra efficace. Devo decidere se lasciare metallico l’incarnato, visto che non trovo per ora un colore tenue trasparente. So benissimo che la stella cometa fatta così non c’entra nulla con le icone orientali, ma era solo per provare.

Gli sviluppi, se ci saranno

Mi concentrerò ora sulla proposta di composizione da proporre al parroco. Se avrò l’ok, farò una prova con una figura finita e ritagliata assieme al supporto ligneo, per scoprire i problemi e le difficoltà di questo assemblaggio. Se troverò le soluzioni, parto per la realizzazione definitiva.

Vi aggiornerò a dovere.

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