È il nome che ho dato a una nuova copertina di Evangeliario che ho realizzato per il lezionario ambrosiano della mia parrocchia.
Una premessa doverosa
Cari lettori, qui di fila trovate la lunga descrizione cronologica dell’aspetto tecnico della realizzazione di quest’opera, condita da qualche considerazione teologica, qualche curiosità, pensiero e suggestione. In fondo al Post, invece, trovate la lettera di accompagnamento dell’opera con le motivazioni e la spiegazione di tutti i simboli e le figurazioni. Buona lettura.
Partiamo dall’esistente
Come per l’Ambone di Mirasole, (realizzato a partire dalla mia considerazione dell’indeguatezza per una tale storica abbazia del misero manufatto di legno grezzo che fungeva da ambone), la vista reiterata dell’attuale volume del Vangelo esposto in processione, mi dava “del fastidio”. A pelle. Insopportabile. (Ai miei occhi emergeva solo la povertà – che non è per forza “evangelica” – o meglio, la “sciatteria” di una copertina di masonite marrone con un graffito di sapore etnico falso-primitivo inciso a pirografo).
L’ossessione
Non posso farci niente se la memoria dei capolavori antichi torna prepotente alla mente e mi provoca un paragone impietoso coi manufatti moderni. D’altra parte antico è forse sinonimo di bello? Forse. Ma chi l’ha detto poi che moderno voglia dire brutto? Oltretutto non conosco (ancora) l’artista che ha realizzato l’attuale copertina venduta in dotazione base con l’Evangeliario edito da ITL Libri.
Ma chi ne è mai l’autore?
Magari l’artista in questione è un mito davvero bravo, con tutti i numeri e i titoli che io manco mi sogno, avrà vinto il concorso per realizzarla con una commissione di esperti giudicanti e io mi ergo a giudice dell’opera altrui, di cui non conosco nulla. Sono proprio una bestia ignorante e presuntuosa.Mea culpa. Scusatemi. Per curiosità vado allora a vedere se sul volume c’è scritto qualcosa al riguardo:
De gustibus…
ConMimmo Paladino parliamo di Arte con la A maiuscola. Con me… vabbé, lasciamo perdere… Allora mettiamola così: a me non piace particolarmente la sua masonite pirografata. Non mi induce alcun senso di meraviglia. Forse dovrei studiarla con tutte le sue motivazioni, (ed è quello che accadrà pochi giorni dopo la consegna della mia copertina–vedi qui). Sono ignorante di arte moderna e contemporanea. E forse sono troppo ancorato ai modelli antichi.
Penso a meraviglie come l’Evangeliario di Ariberto o altri manufatti di oreficeria antica. In particolare, da quando la mia amica accademica storica dell’arte medievale Chiara Maggioni mi ha fatto scoprire lo splendore della “Pace di Chiavenna”, che non conoscevo e su cui ha fatto una tesi e diversi articoli, non mi davo “Pace”. (!) Altro che pace! Ho lo stomaco in subbuglio, diamine! Ma sono solo un maldestro artigianucolo amatoriale, perdiana!“Sei proprio un cretino: cosa pensi di fare? Chi credi di essere? Sgàsati!!! Non ti vergogni?” Questo mi sono detto fin da subito. Basta! Non c’è e non ci può essere storia. Stop! Ricaccio il pensiero lontano dalla mente. Almeno, …ci tento.
Una digressione musicale (potete anche evitarvela)
E’ come per la musica: non è vero che quella corale moderna, anzi contemporanea, sia brutta. (Non tocchiamo neppure quei moderni mostri sacri di Rachmaninov, Poulenc, Pärt o altri). Ci sono pezzi incantevoli, delle vere scoperte celestiali che fanno sfigurare i Palestrina, i Da Victoria o i Monteverdi, e oltretutto sono molto più affini alla nostra mentalità attuale. Certe dissonanze “stridenti” esprimono meglio di tutto il repertorio antico il nostro approccio di uomini del XXI° secolo alla religione o all’annuncio cristiano e sanno parlare al cuore e alla mente senza particolari mediazioni di erudizione o filologia.
Un invito musicale (potete anche evitarvelo)
Invito chi, per esempio, non avesse mai ascoltato l’Agnus Dei di Samuel Barber, alcuni pezzi di Ola Gjeilo o Eric Whitacre o l’O Magnum Mysterium di Lauridsen (ma se ne potrebbero elencare moltissimi altri) ad ascoltarne alcuni brani e lo sfido a dirmi il contrario. Quindi forse occorre solo educare l’orecchio o l’occhio, nel nostro caso?
Ma, andiamo avanti
Va bene, questa era una digressione che mi scuserete, vero? Torniamo alla nostra questione. Al cuor non si comanda, purtroppo: di fatto non è possibile evitare che, ogni volta che mi capita sott’occhio la masonite in oggetto, la mia mente inizi subito a vagare alla ricerca di una possibile alternativa. Quando vado a messa in parrocchia (Gesù Buon Pastore e san Matteo apostolo – Milano) non faccio che distrarmi! Uffa! Ne va della mia salute mentale residua, sicuramente. E forse anche della mia salvezza. E’ venuto quindi il momento di agire. Un bel “NO!” chiaro e tondo può mettere fine ai sogni, tagliare la testa al toro e riportarmi alla realtà.
La proposta
Ho appena esposto in parrocchia il mio presepe della Pseudo-Icona della Natività, posso quindi arrischiare (come sono subdolo!) col nuovo parroco don Matteo la proposta indecente della realizzazione della nuova sovra-copertina dell’Evangeliario (alle stesse condizioni dell’opera di Mirasole, cioè il recupero spese, se l’opera riesce), per cui una mattina gliela butto lì. “OK, vai avanti”, mi dice. Senza batter ciglio. Al buio. Cavoli.
Inizio del progetto
Mi perdoni anche Mimmo Paladino, se a questo punto proseguo col mio tentativo di alternativa (senza pretese, da scalchignato autodidatta amatoriale). Siccome prima di fare la proposta “sconcia” avevo già cercato di immaginare qualcosa in proposito, avevo ovviamente sfogliato l’archivio di immagini preparatorie di mio padre Ettore Paganini. Avevo trovato un bel tetramorfo degli Evangelisti e un bel Cristo maestro in trono in mandorla che facevano al caso mio. Ho fatto allora con Illustrator un primo progetto in misura che qui vi mostro.
Un’altra curiosa digressione (e potete saltare anche questa)
Una curiosità veramente particolare: eravamo poco prima di Natale e, in parrocchia, in vista delle celebrazioni della notte santa, prevedendo un grande afflusso di persone, per aderire alle raccomandazioni anti-covid si era pensato di poter usufruire di un ambiente di espansione nel caso di uno sforamento delle presenze, in un locale attiguo alla chiesa. Per far ciò occorreva implementare in quell’ambiente l’impianto voci tirando dei fili di collegamento. Per far ciò sono stato coinvolto in un sopralluogo in vari ambienti, tra cui lo spazio dietro il presbiterio, sopra la sacrestia, la cappellina e l’ufficio del parroco. Viene attualmente usato come deposito di cianfrusaglie e paccottiglie varie.
Sempre opzionale
Ebbene, frugando in un grande armadio salta fuori un vecchio tabernacolo, forse della primitiva chiesetta prefabbricata, di cui nessuno sapeva l’esistenza (e che ora verrà restaurato spero, anche se complessivamente in buono stato) con la porticina realizzata da mio papà a sbalzo e smalto su rame. Indovinate cosa rappresentava? Ecco:
Non è la stessa identica immagine, ma molto somigliante. Qui Gesù ha nelle mani il volume con scritto “Lux Mundi”, là ha il rotolo di cui “è degno di aprire i sigilli”. Insomma, questo ritrovamento mi è parso personalmente il segno di un suggerimento a non indietreggiare di fronte a questa nuova sfida, e la conferma che la strada era quella giusta. Non è che dovete credere tutti per forza a questo fatto: a me però ha suggerito così.
Tranqui
Inoltre ho pensato che se un’opera a smalto e sbalzi a gran fuoco di mio papà è finita in soffitta, impolverata di dimenticanza, alla mia copertina potrà accadere la stessa sorte, prematuramente, senza rimpianti e senza alcun dolore. Questo mi tranquillizza.
Il secondo progetto
Verso Natale torna a Milano da Firenze mio fratello Francesco, al quale chiedo sempre consigli, essendo lui il vero “Artista sacro” di famiglia, il vero erede della professione di papà, e ne approfitto per uno scambio di opinioni sul progetto. La sua prima reazione è: “Bello, ma come mai quel rombo così rigido dietro la mandorla?” Già! Boh, non so, effettivamente mi è venuto così senza pensarci troppo… Eh, male! Questo mi induce a ripensare a fondo il progetto, cercando di arrivare più in profondità anche nella simbologia che è un po’ povera effettivamente.
Progetto rivisitato e approfondito
Certo, una soluzione così geometrica mi avrebbe semplificato la vita (lo dico a posteriori e a ragion veduta), ma noi se non ci complichiamo la vita non siamo contenti. Oltretutto trovo un sacco di altre magagne compositive che non mi convincono più di tanto, come per esempio i riquadri che contengono gli evangelisti tagliati nell’angolo che va contro la mandorla. Che senso ha? Ne approfitto per rivedere da cima a fondo tutto il progetto. Però, anche solo considerare il significato della Mandorla o “Vesica piscis” è davvero straordinario. Tra gli altri, i due cerchi che si intersecano nell’asse centrale, formando la figura della mandorla: Divinità e Umanità rese UNO in Cristo.
Quante cose ci perdiamo noi moderni a furia di semplificare ad appiattire la realtà a ciò che appare, consumando tutto, senza scavare nei significati: ci perdiamo il meglio!
Simboli eucaristici
All’interno della copertina che dovrà essere “Luce pura”, un bagliore unico, dai mille riflessi e multicolore, com’è la Parola di Dio, decido di aggiungere due simboli eucaristici fondamentali. Il perché deriva dalla considerazione che questo è sì un Evangeliario, ci viene incontro cioè la Parola di Dio in tutto il suo splendore del vero (da qui l’idea di una copertina splendente di luce d’oro (simbolo di divinità), piena di riflessi, di smalti lucidi, di strass e cabochon preziosi di agata, lapislazzuli, ametiste e giada). Gesù è la parola pronunciata eternamente da Dio Padre, il Logos. Tutto fu fatto per mezzo di Lui e in vista di Lui e tutto in Lui sussiste. “Ego sum Via, Veritas et Vita” è riportato vicino agli evangelisti. Il Verbo si è fatto carne ed abita in mezzo a noi.
Il kèrigma
Questo è l’annuncio cristiano, pieno di stupore. Questa Parola non si è fatta ideologia o filosofia o regole, ma carne. Un uomo. Carne offerta in cibo per noi, per tutto il mondo: carne e sangue, pane e vino per rimanere ogni giorno in mezzo a noi sacramentalmente nel mistero eucaristico, nella Sua Chiesa. Per la nostra salvezza. Gesù Uomo e Dio, incontrabile ogni giorno nell’umanità, resa comunione, della sua Chiesa. Eucarestia, rendere grazie. E’ proprio ciò che desidero fare con quest’opera.
Il vino
Per rappresentare il vino penso, più che ad un calice, che mi rimanda alle immaginette di fine ottocento, alla pianta della vite con grandi grappoli e penso di metterla alla base della mandorla. Il tronco sale lungo la composizione a fianco della mandorla (a sua volta simbolo di vita e fertilità), con i suoi tralci, le sue volute e i viticci coi 4 grappoli turgidi. “Albero della vita” dal sapore antico (vedi per esempio quello di Otranto), un’immagine ricorrente nell’iconografia medievale a simboleggiare oltre all’Eden,la Croce di Cristo che non è più il legno della morte, ma la sorgente della Vita. Trovo una bella foglia di vite da riprodurre in varie misure e la piazzo lungo i tralci (ci pensate a cesellarle sull’ottone, che fatica?).
Il simbolo classico di Cristo
Poi trovo una soluzione per inquadrare i simboli di Cristo nelle parte bassa (Il pesce –Ichthys–simbolo di Cristo e l’ancora della fede, a sinistra e il cristogramma Chi-Rho a destra, nelle volute dei tralci. Il Chi-Rho è per antonomasia il monogramma di Cristo (nome abbreviato talora in chrismon o crismon). Esso è un monogramma costituito essenzialmente dalla sovrapposizione delle prime due lettere del nome greco di Cristo, X (equivalente a “ch” nell’alfabeto latino) e P (che indica il suono “r”).
Il pane
Per rappresentare il pane eucaristico, più che sull’ostia, mi oriento sulle spighe, con cui decoro i campi in alto ai lati della mandorla. Le ariste delle spighe sono una parte assai difficile da cesellare, almeno, io ho faticato molto: la punta andava dove voleva lei…
Sopra le spighe i due simboli Alfa e Omega in lettere greche: Gesù principio e fine della creazione, centro del cosmo e della storia. “IO SONO L’ALFA E L’OMEGA, DICE IL SIGNORE DIO, COLUI CHE E’, CHE ERA E CHE VIENE, IL PRINCIPIO E LA FINE, L’ONNIPOTENTE !”. (APOCALISSE 1:8)
Ecco quindi la versione definitiva
Ed ecco il secondo progetto, colorato, quello definitivo. Mostrato a don Matteo: “Molto, molto bello, davvero! Grazie di cuore”.
Altri utili suggerimenti
Francesco mi suggerisce altre cose utilissime, non ultimo il link dove acquistare le pietre preziose o le pietre dure da utilizzare nell’opera. Mi fa cercare su un sito cinese “Pandahall” i cabochon e i castoni da acquistare. Un mare di scelta a prezzi incredibili, che arrivano a destinazione in un paio di settimane (Sotto Natale non si poteva pretendere di più).
Va bene, allora si parte davvero
Siamo ai primi di gennaio. Subito mi metto all’opera, memore anche della corsa finale che ho dovuto fare con la Pseudo-Icona della Natività. Mi ricordavo di aver avanzato una bella lastra sottile di ottone (1/10°) acquistata da Miorini metalli, dalla quale avevo ritagliato solo un pezzo per realizzare una icona della Vergine, che per imperizia avevo rovinato durante lo sbalzo del viso (e che avevo perciò dovuto accantonare. Peccato perché nel complesso non era male). L’esperienza mi è servita però per prendere familiarità con questo materiale, del tutto diverso dalle lastre di alluminio, molto più “nervose”. L’ottone è molto più plastico e morbido: è facile esagerare con la forza per poi non riuscire più a controllare gli spessori e a correggere gli errori. Controllo le misure: perfetto, sembra fatto apposta.
Un memo sulle misure
Tenete a mente questa faccenda delle misure, perché proprio questo particolare per un pelo non provoca un disastro colossale. Stiamo parlando di un riquadro poco più grande di un A3. Meno male che il secondo progetto, per prudenza, prevedeva un bordo di 4/5mm tra la cornice sbalzata e il bordo del supporto della misura della copertina esistente. ma vedremo più avanti perché…
Le misure, comunque mi han fatto disperare perché la copertina esistente ha il filo del bordo stondato e io ho preso una misura intermedia. Su questa ho tagliato il pannello di compensato che ha sulla facciata esterna le rientranze tonde (che poi sono diventati buchi toppati da un lato con carta incollata) in corrispondenza delle 7 borchie di ottone che “impreziosiscono” la masonite.
Questo compensato dovrà chiudere a sandwich sul retro la lastra incollata sul suo supporto. Alla prima verifica di appoggio sul lezionario mi risultava troppo grande e andrà andrà quindi piallata in altezza (ma aspetto alla fine a farlo e con il Lezionario in mano, a casa) e un buco ho dovuto allargarlo perché non andava a registro con la sua borchia. Uffa! Il problema è che per ora non posso portarmi a casa il volume del lezionario, (siamo durante le feste e viene usato in lungo e in largo) e quindi devo andare in sacrestia, chiedere al sacrestano di aprirmi l’ufficio, prendere le misure, scattare le foto…. ma non è la stessa cosa che averlo sul mio tavolo di lavoro.
Sbalzo e cesello
Stampo il progetto in misura, lo fisso alla lastra tagliata, tenendo conto delle abbondanze che verranno ripiegate sotto il supporto, sopra due fogli di carta carbone che coprano tutta la superficie e, fortunatamente, mi viene l’idea di incidere e sbalzare la lastra fissandola su un pannello di masonite poco più grande della lastra stesa e sul quale ho fissato un pannolenci che sia abbastanza cedevole per assecondare l’incisione, ma non abbastanza per sfondarsi. L’accorgimento consente altri due vantaggi non secondari: impedire di piegare gli angoli della lastra prendendoli dentro con le maniche e consentire di muovere lo sbalzo nella posizione che interessa, con facilità. Approfitto delle vacanze di Natale per iniziare il ricalco delle figure. Siamo al 5 gennaio 2021 quando termino la prima incisione frontale della lastra. Senza il Cristo al centro. Perché, direte voi?
Il Cristo al centro
Come mai, il Cristo al centro non compare? Perché nella mia idea primigenia la mandorla col Cristo in trono avrei dovuto realizzarla a parte su una lastra di alluminio e avrei dovuto inserirla sotto a quella di ottone, che l’avrebbe mascherata. Poi, però, vedendo come si dilata la lastra durante lo sbalzo ritorno sui miei passi e decido che realizzerò tutto sulla stessa lastra per evitare di dover fare una fatica del diavolo a tenere sullo stesso piano le due lastre in tutti i punti. In realtà, una certa fatica la faccio comunque a spianare tutto, ma mi immagino cosa sarebbe successo nella prima ipotesi. Lezione già appresa in passato: il progetto teorico va verificato continuamente strada facendo, ed eventualmente bisogna cambiare strada: è la realtà che comanda, non il nostro pensiero.
E, se mi manca uno strumento?
Ovvio! O me lo compro, (come ho fatto coi palligrafi che mi mancavano, o come farò con il saldatore a gas per i castoni angolari con le viti di fissaggio al lezionario), o me lo creo. Per esempio, avrei avuto bisogno, oltre alla mia fedele biro scarica, ottima per incidere la lastra e al bastoncino medio di bambù con punta tonda (7), per sbalzare i particolari, di altri legni con punte larghe a spatola in varie misure o sagomate per determinati usi.
E allora, man mano me li creo. Grazie a mia figlia Lucia che mi regala una manciata di posate e bastoncini da Sushi in prezioso bambù (duro ed elastico al contempo) mi creo un set su misura, pronto ad integrarlo alla bisogna. Eccolo:
Avanti a tutta birra
Nel giro di pochi giorni termino lo sbalzo. Siamo al pomeriggio del 14 gennaio. Ho davanti a me ancora un mucchio di lavoro. Ma inizio a contemplare ciò che sta immeritatamente uscendo dalle mie mani. Passo sulla superficie la paglietta e lucido lo sbalzo: Urca, che roba!!! (Potrei quasi lasciarlo così senza colori…. un dubbio mi assale).
Sembra una creazione d’oreficeria medievale, nonostante la figurazione moderna. Sarà l’ottone che sembra oro? Vabbé, sgàsati, testa bassa e pedala.
Deformazioni professionali
Inizio poi a spianare il tutto e a rinforzare il retro per evitare sfondamenti. Temo un po’ questo momento perché so già che sarà fatidico e irto di difficoltà. La realtà non mi smentisce. La lastra è davvero molto deformata e va dove vuole lei. Un lavoro di pazienza perché a forzare troppo si rischia di creare delle pieghe di rimando in punti dove non dovrebbero esserci, che rischiano di rovinare il lavoro. Quindi poco per volta, sul fronte e sul retro, spiando cosa accade per reazione ad ogni azione, spiando il comportamento della lastra, arrivo ad un compromesso accettabile.
I riempimenti dei “vuoti”, delle cavità posteriori
Prima di tutto maschero l’area di azione per il riempimento di colla da montaggio o mastice con nastro adesivo di carta, per evitare di rovinare la lastra nel tentativo di togliere gli eccessi di materiale che dovesse uscire dalle campiture: è roba veramente molto aderente, poi è difficile scrostarla dal metallo. Metto quindi dei punti fermi di riempimento delle cavità posteriori più grandi e decisive, quelle che dovranno per forza restare così come sono senza deformarsi.
Arrivano i rinforzi!
Riempio volto e il busto di Cristo, che sono le parti più sporgenti a rilievo, con ottimo mastice da marmisti bicomponente, che solidificando diventa, appunto, come il marmo. Ha il pregio che la reazione avviene molto velocemente così hai subito il risultato e puoi proseguire col resto del lavoro, strato su strato. Passo via via a riempire i bracci della croce, molto in rilievo, e le cavità sul retro dei riquadri degli evangelisti. Aiutandomi con listelli di gommapiuma e legno metto tutto sotto dei pesi che tengano la lastra spianata mentre il materiale (colla di montaggio e cartoncini per le altre parti oltre il Cristo) si asciuga.
Un’opera che cresce
Orpo, se è cresciuta! Troppo!!! Vi ricordate cosa dicevo delle misure all’inizio? La lastra si è espansa con lo sbalzo e non collima più con le misure prese. Le ero andate a riprendere in sacrestia ed effettivamente quelle erano più piccole. Tra l’altro più piccole anche del pannello di legno “nobile” già tagliato. Da rifilare comunque. Panico. E ora che faccio? Purtroppo avevo già segnato incidendolo il bordo inferiore, sul segno che doveva essere la piega frontale sul supporto. Cavoli che danno! Rischio di buttare via tutto il lavoro. Sudori freddi. Calma, stiamo calmi e troviamo una soluzione. Per fortuna, avevo pensato ad un margine tra pieghe bordo e inizio cornice a bassorilievo di 5 mm. Provvidenziali. Tolgo circa 2,5mm per parte e mi ritrovo quasi a posto, un po’ di gioco è inevitabile, ma ci si può arrangiare.
Sul filo del rasoio
La parte che mi preoccupa maggiormente è la sistemazione del bordo inferiore già segnato molto profondamente. Devo ri-spianare il solco, sperando che l’ottone non si indebolisca troppo e poi fare a pochissima distanza il nuovo segno e il secondo della piega sotto il supporto. Spero che regga e non si rompa. Regge. Miracolo.
Fissare la lastra al supporto piegando le alette
Fatte le pieghe, taglio in misura un bel supporto di masonite leggera (Un po’ di masonite in quest’opera non poteva mancare, no?) e lo infilo sul retro del pannello. Tutto ok, pronti per l’incollaggio in piano.
Per fissare la lastra al suo supporto uso colla Poly Max della Bostik che mi garantisce presa duratura e una certa elasticità. Per stenderla, manco a dirlo, mi servirebbe una spatola rigata che non ho, e che mi creo quindi con una vecchia tessera telefonica occhiellata con l’occhiellatrice da calzolaio.
Si smalta!!!
Benissimo, ora è venuto il momento di stendere gli smalti sintetici (colori epossidici per vetro) GLAS della MARABU. C’è timore e tremore, è sempre una fase che richiede una grande attenzione. Ho recentemente acquisitato alcune poche tinte in più, rispetto a quelle che avevo usato per Mirasole. Purtroppo la gamma Glas è limitatissima, ma l’apporto dei nuovi colori fa davvero la differenza. Ho un nuovo arancione, un giallo, un bianco/trasparente, un nero, un color cacao, un pink, miscelabili con le altre boccette da 25 ml. Da 50 cl, non miscelabile con nessun altro pigmento, ho in più un trasparente molto denso che userò moltissimo per proteggere l’ottone dove sarà a vista senza altri smalti.
Rischi e pericoli
La questione delle miscele è delicatissima: a mie spese ho imparato che solo poche tinte sono miscelabili tra di loro e che comunque è meglio sovrapporre le stesure di cui si è già sicuri per averle sperimentate in passato. Ogni errore rischia di compromettere tutto il risultato.
Pulisco e sgrasso bene la superficie. Lavoro coi guanti di lattice. Parto con i blu di fondo degli evangelisti, prima una sola mano e poi il “ribattino” della seconda mano che nasconde tutte le imperfezioni e dà corpo e intensità alla stesura. Alterno blu oltremare e color petrolio (il mio turchese preferito) sotto il tetramorfo e blu notte sotto i simboli.
Arriviamo alle fasi finali
Procedo a spron battuto slalomando, col pennellino Windsor&Newton sottilissimo, tra incertezze sulle scelte cromatiche (nonostante il bozzetto sia chiaro), errori madornali (es. un pezzo del mantello di Cristo colorato come la tunica, che ho dovuto lavar via con precisione con straccetto e diluente pulitore – che panico!) e ripassi di mani ulteriori per nascondere magagne varie.
Alla fine, il 31 gennaio la smaltatura si può dire conclusa, salvo piccoli interventi e un’ulteriore protezione dell’ottone a vista col trasparente.
Strass e Cabochon
Da Pandahall avevo acquistato pietre dure e strass di cristallo in varie misure. Ho dovuto fare due ordini di castoni porta cabochon (pietre dure semisferiche) perché per errore avevo ordinato dei castoni color zinco da 12″ di diametro invece di castoni ottone da 10″. Ne ho approfittato per aggiungere anche dei cabochon di laspislazzulo blu e di agata verde.
Posso far conto su una certa varietà di pietre dure; Agata, Giada, Ametista, Lapislazzolo e strass trasparenti e rossi, così come si vede dalla foto:
Prima di incollare e fissare le pietre devo irruvidire gli alloggiamenti in modo che la colla aggrappi meglio e lo faccio sfrisandoli con un lama di cutter. Incollo per primi tutti gli strass trasparenti e poi quelli rosso rubino nei fiori ai vertici. Poi devo prepapare i castoni che non avranno anche funzione di fissaggio con i bulloni al lezionario.
Li foro centralmente e vi inserisco un chiodo microscopico (semenzine, marca storica Due Leoni-introvabili, ahimé). Semenzine che ho trovato da un gentilissimo e fornitissimo calzolaio d’altri tempi in via Solari ang. Montevideo. Lo ringrazio, non se ne trovano più. Né chiodini, né calzolai così. Dal ferramenta storico (Viganò Pietro) lì vicino, invece, trovo i microscopici bulloncini di ottone e altri micro vitine e componenti. Anche lui ha dato fondo alle riserve antiche degli antenati. Certi prodotti artigianali di minuteria di precisione italiana non esistono più, altro che Cina e Cina! Altro che Brico e Castorama! E questi negozi stanno tutti chiudendo, non solo per il Covid. Come faremo in futuro “noi artigiani”?
Poi arriva una fase che mi lasciava un po’ nell’incertezza per la mia incapacità e gli strumenti a disposizione poco professionali: la saldatura dei bulloni di ottone sotto i castoni portanti. Per sopperire a questa mancanza acquisto un microsaldatore a gas da 7,90 euro al Brico. Errore! Dovevo spenderne 35,90 e avrei avuto uno strumento buono. Invece al primo tentativo (a parte che la carica del gas butano è fallimentare, esce tutto… e quando inclini il saldatore la fiamma si spegne…) brucio un castone che quasi prende fuoco e il bullone non si attacca alla cenere… Ripiego sul mio vecchio saldatore elettrico che ci mette un sacco a scaldare la punta e dopo un paio di tentativi di saldatura impazzita riesco felicemente nell’operazione. Otto castoni saldamente saldati al loro bullone. Grande!
Foro anche gli alloggiamenti dei castoni portanti e faccio la prova di inserimento. Perfetto. Ora manca solo di portare a casa il Lezionario, fare le ultime verifiche delle misure (mi preoccupa soprattutto il compensato che dovrà andare a registro con le borchie e il pannello realizzato.
Fase finale, con il lezionario nelle mie mani
Venerd’ 5 febbraio è il grande giorno. Il sacrestano sig Ever mi consegna il volume che imballo e porto a casa. Sono emozionato come uno scolaretto e ho il cuore che batte forte. Posiziono tutti gli strati sulla masonite di Mimmo e li fisso col nastro di carta e biadesivo. Dovrò solo rifilare di un millimetro l’altezza del compensato, ma lo farò a bocce ferme. Col trapano e la punta da 1,5 trapasso negli 8 punti l’opera etnica pirografata (senza rovinarla eccessivamente, peraltro) e lavoro sul retro. I bulloni fuoriescono con abbondanza solo di un paio di millimetri (che dovrò poi segare).
Il lavoro sul retro copertina
Prima però devo creare gli alloggiamenti dei dadini che dovranno scomparire nel cartone. Con una grossa punta da legno contro-buco di un millimetro e mezzo di profondità il cartone e lo “fisso” con colla acrilica perché non si slabbri in futuro. In 5 fori inserisco 5 micro ranelle che impediscano che il cartone ceda quando stringerò i bulloni. Poi, aiutandomi con una lastra di zinco forato per proteggere il cartone, sego i millimetri sporgenti dei bulloni e pareggio a livello tutti gli spuntoni.
Estraggo di nuovo i castoni e libero le parti numerando gli oggetti, in modo che ognuno torni poi nella sua posizione originale. Incollo i castoni agli alloggiamenti infilandoli di nuovo nei fori e ri-stringo i bulloni finché la colla non indurisce. Comunque, cari lettori, siamo alle battute finali: ecco il Lezionario con la nuova copertina terminata.
Una curiosità: la nuova sovra-copertina completa pesa poco più di un chilogrammo. Fosse stata d’oro massiccio sarebbe stato peggio portarla in processione a braccia alzate… Il lezionario pesa comunque un 5/6 chili di suo.
Primi commenti via whatsapp: Bruno: “Ciao Gianca, ma dove lo si potrà vedere questo capolavoro?”; Don Matteo: “Bravissimo! Complimenti!” E io: “La chiamerò Pace del Buon Pastore per richiamare la Pace di Chiavenna. Poi vengo a confessare il mio peccato di orgoglio…” Lui di rimando: “Ego te absolvo…”. Don Stefano C.: “Veramente splendido Giancarlo!!! Un capolavoro!!! (Applausi) … sono santamente “invidioso”. Eccetera…
Per concludere
Cari amici lettori che avete avuto la curiosità e la pazienza di arrivare fin qui, vi ringrazio. Con don Matteo siamo rimasti d’accordo che la “Pace del Buon Pastore” verrà utilizzata la prima volta nella Messa di Pasqua 2021 e verrà poi utilizzata in tutte le cerimonie delle festività. Molto probabilmente, pur essendo un sistema che può essere semplicemente rimosso svitando gli 8 bulloncini, resterà fisso sul lezionario. Ad ogni buon conto lo consegnerò in una scatola imbottita confezionata ad hoc, che fungerà da custodia ogni volta che verrà richiesto. Grazie a tutti (soprattutto a mia moglie Daniela, per la sua pazienza e il suo affetto e sostegno), e…. alla prossima!
Inaugurazione Pasqua 04-04-2021
La “notte” della veglia pasquale il 3-4-21, durante la s. Messa è stata inaugurata la nuova Copertina di Evangeliario Festivo. E’ rimasta esposta anche dopo la celebrazione. Il giorno di Pasqua a tutte le messe festive è avvenuta la stessa processione ed esposizione.
La lettera di accompagnamento
Caro don Matteo, caro mons, Marino, caro don Abramo, cara comunità parrocchiale,
è con gioia riconoscente che posso anche io, oggi, offrire il mio contributo artigianale (e, se possiamo dire, artistico), alla mia amata parrocchia di Gesù Buon Pastore e san Matteo Apostolo, parrocchia che fu di mio padre Ettore (ed è ancora di mia madre Caterina) che qui ebbe modo di realizzare una delle più alte espressioni della sua Arte a servizio della Chiesa. È quindi con senso di profonda inadeguatezza nei confronti della grande Arte, potendo vantare in merito solo degli ascendenti di valore assoluto ma non degli studi adeguati, che offro alla comunità di cui sono parte questa opera artigianale ad uso di sovracopertina dell’Evangeliario diocesano, realizzata a sbalzo, smalti sintetici su lastra di ottone e pietre dure.
Non mancandomi un certo senso dell’umorismo avevo pensato di chiamare questo manufatto originale “Pace del Buon Pastore” esplicitando così il motivo ispiratore e il modello dell’opera nel riferimento alla meravigliosa copertina di Evangeliario detta “Pace di Chiavenna”, opera di inestimabile valore e dal fascino immortale, frutto maturo dell’inarrivabile perizia e del gusto artistico delle maestranze orafe medievali della nostra terra lombarda.
Il riferimento e la continuità con l’opera di mio padre è invece molto più diretto. La figura del Cristo maestro in trono, al centro della mandorla gloriosa e il disegno del tetramorfo degli evangelisti sono tratti dall’archivio dei suoi bozzetti preparatori. (Archivio che ho avuto la ventura di poter raccogliere negli ultimi anni e rendere accessibile).
Un duplice motivo mi spinge sempre ad intraprendere questo genere di opere (questa è la mia terza prova di questo tipo): da una parte c’è la voglia di misurarsi con sempre nuove sfide tecnico-artistiche (a volte fin troppo alte per le mie capacità), per poter offrire alternative (spero valide) a situazioni, rappresentazioni, opere che non mi appagano e non soddisfano la mia sensibilità religiosa e artistica. Dall’altra c’è sempre un desiderio di utilità catechetica nei confronti del popolo di Dio. Non pensavo di avere una vocazione di questo genere, ma seguendo certe indicazioni e certi segni devo riconoscere che è così.
Secondo me ogni opera d’arte sacra oltre ad avere valore in sé deve avere una funzione contemplativa ed educativa. (Una sorta di Biblia pauperum, in senso largo, insomma). Educazione a cosa, oggi, in particolare? Io vedo una esigenza urgentissima di educazione del popolo cristiano al senso della Chiesa, al senso dell’essere popolo di Dio, al senso dell’appartenenza alla Chiesa come Mistero, Corpo mistico di Cristo, la carne concreta e oggettiva di Gesù oggi, secondo il metodo di Dio che è l’incarnazione. Che è la strada con la quale Cristo presente prende sempre più possesso di noi. “Caro cardo salutis”. La gente non sa più che cosa sia il mistero della Chiesa, perché non fa più esperienza del mistero, ma se va bene, fa un’esperienza “sociologica” della comunità. Da qui tutte le derive riduttive che riducono, appunto, la Chiesa a distributrice di servizi religiosi, che devono risultare ineccepibili, con tutte le pretese, le rimostranze e i moralismi del caso. Lo dico in generale, come sensazione netta che mi deriva dai rapporti coi genitori, ecc.
La nostra comunità però, e lo dico con commozione e gratitudine ricordando certe figure luminose di parrocchiani di cui potrei stendere un lunghissimo elenco, è stata ed è tuttora piena di santi di tutti i giorni, santi della porta accanto, che questo senso del mistero della Chiesa lo hanno riconosciuto e incarnato e lo incarnano veramente. Magari non pienamente coscienti e quindi con difficoltà di comunicazione a livello culturale. Questo è secondario rispetto all’essere santi, no? Ma se la Fede non diventa cultura non riesce a trasmettersi come dovrebbe, diceva san Giovanni Paolo II. Cultura intesa nel senso di saper rendere ragione della fede, non di essere eruditi. Cultura, Carità e Missione sono i tre capisaldi, le tre dimensioni fondamentali dell’esperienza cristiana.
Questa sensibilità e questa esigenza di educazione mi vengono dalla mia storia familiare e dalla mia appartenenza al carisma di don Giussani, che sempre ha vissuto con noi questo desiderio comunicativo e ha perciò valorizzato ogni particolare dell’esperienza umana (dal canto all’espressione artistica, dalla cultura alla bellezza, alla tradizione) per educarci a riconoscere la presenza operante di Cristo nella vita.
Quindi, venendo alla presente modesta realizzazione, ne metto in evidenza i tratti simbolici fondamentali:
Innanzitutto, in generale, desideravo un impatto forte con la luce. Deve emergere “violentemente” lo splendore del vero, del bello, del giusto, che suscita in noi stupore e attrazione. Luce variegata e multiforme, che illumina i nostri cuori e le nostre menti, come solo lo Spirito sa generare.
1) Al centro vi è Cristo maestro in trono con in mano il rotolo di cui è degno di “aprire i sigilli”. I colori dominanti sono l’oro, il blu del mantello (si è rivestito di umana carne, di natura umana) e del fondo raggiato e il rosso porpora della tunica (colore regale e divino della sua natura). I tre cabochon di ametista lilla nella mandorla dorata rappresentano la Trinità. La mandorla che lo racchiude ha molteplici significati: porta tra cielo e terra, tra dentro e fuori, simbolo di fecondità, generazione e vita nuova. È anche simbolo di gloria e di luce soprannaturale. La “Vesica piscis” simboleggia anche la Divinità e l’Umanità rese UNO in Cristo. Il pesce, Ichthys, peraltro ripreso in uno dei tondi sottostanti è uno dei principali simboli di Cristo, insieme all’altro simbolo del cristogramma Chi-Rho. Il trono non è simbolo di potenza mondana, ma è il trono dell’agnello immolato per la nostra salvezza, per cui Cristo è rappresentato con le stimmate, segno della sua passione. Cristo è l’Alfa e l’Omega, l’inizio e la fine della Creazione, centro del cosmo e della storia (simboli che compaiono anche nei tondi superiori).
2) Il tetramorfo degli evangelisti, secondo la sintesi iconografica elaborata da papà, sta ai lati della mandorla, in quattro riquadri con lo spigolo tangente alla curva della mandorla. Il fondo blu, con diverse tonalità, così come è la diversa sensibilità dei 4 sinottici, a rappresentare la profondità della narrazione dei Vangeli che sono dorati/arancio, cioè divini. Non è parola umana, è Parola di Dio, come a descrizione di quel Cristo Parola di Dio che si è fatta carne, al centro del nostro sguardo contemplante. Trattandosi di un Evangeliario, come da tradizione, i 4 evangelisti compaiono necessariamente.
3) Però ho desiderato introdurre anche altri simboli, eucaristici questa volta. Non sembri strana questa introduzione all’interno di un evangeliario: infatti, se la parola di Dio si è fatta carne, questa carne e questo sangue ci accompagnano e ci guidano nel nostro pellegrinare terreno, viatico alla patria eterna, o autostrada per il cielo come diceva il nostro beato Carlo Acutis. Pane e vino compaiono nei campi laterali accanto alla frase di Cristo “Ego sum Via, Veritas et Vita”. In alto stanno le spighe dorate e alla base della mandorla la vite (albero della vita dai diversi significati) con i grappoli maturi si arrampica coi suoi tralci in diverse volute verso il centro della copertina. Grano e Uva si traformano in Pane e Vino rappresentando così anche il nostro apporto, fatto di lavoro e fatica, all’opera della salvezza. L’oro si mescola a qualche tenue colore proprio per sottolineare questo contributo umano all’azione divina.
4) Al centro geometrico della copertina sta la Croce. Sotto la gloria della mandorla sta l’ignominia del patibolo. In rilievo, anche se non preponderante e impreziosita di gemme di preziosa e luminosa Agata verde e rosso/arancio emerge lo strumento della nostra salvezza che taglia in parti uguali il tempo e lo spazio, intersecando la storia in un punto preciso. La vite alla radice si appoggia alla croce.
Tutta la descrizione del percorso tecnico l’ho pubblicato in un lungopost sul mio sito, per chi volesse approfondire anche gli aspetti di quel tipo.
L’appuntamento per l’inaugurazione sarà a Pasqua 2021, quando la luce della Sua Resurrezione ri-illuminerà le nostre vite. Ciao e grazie per il supporto e la fiducia concessami.
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