Archivio annuale 2024

DiGiancarlo Paganini

Una confusione da chiarire: mappe 3D e plastici a rilievo

Forse c’è proprio una confusione da chiarire: mappe 3D e plastici a rilievo propriamente detti non sono la stessa cosa! Allora cerchiamo di chiarire: spesso mi vengono richieste mappe 3D, ma forse intendono richiedermi quelle carte geografiche che sono plastigrafie stampate a rilievo su celluloide o vinile (o plastica ottenuta da stampante 3D) e non le carte 2D con effetto a rilievo 3D che posso produrre io (puramente artistiche, oppure scientificamente georeferenziate).

Una delle mie Mappe 3D (un poster) realizzata per un lavoro di mia moglie Daniela Blandino x l’amministrazione comunale di Foiano val Fortore

Cosa faccio o non faccio io

Io realizzo carte geografiche (o storiche o tematiche, o quellochevoletevoi) solamente da stampare su carta. Foglio di carta, o altro supporto piano, liscio, senza corrugamenti. Nelle scale che volete (non esagerate col peso in pixel e le dimensioni, però…), ma pur sempre un supporto di stampa piano. Le realizzo dando un’effetto di ombreggiatura e rilievo o manuale/artistico o a partire da dati DEM.

Itinerari in 3D Cartografia 3D
I miei Itinerari in 3D con effetto a volo d’uccello (o di drone).
Esempio di Mappa 3D di Itinerari turistici

Non realizzo plastigrafie su un supporto che viene modellato in 3D in base all’altimetria fisica in scala. Non ho macchinari a caldo o a freddo che sciolgono il materiale stampato e lo adattano al modello fisico tridimensionale sottostante della zona geografica. E neppure ho una stampante 3D che possa ottenere questo risultato.

Quindi allora, come faccio? A chi mi devo rivolgere?

Se volete un prodotto come questi 2 che vi mostro:

Carte, o plastigrafie, dove si può “toccare con mano” il rilievo 3D

Beh, allora, mi spiace molto, ma dovete rivolgervi a qualcun altro.

Una volta avevo fatto un elenco degli editori o degli artigiani che potevano realizzare quel prodotto. Mi sono accorto che gli indirizzi che avevo sono ormai obsoleti o non corrispondono più ad alcuna azienda esistente. Ho fatto quindi una nuova ricerca e ho trovato pochissime editrici italiane che siano specializzate in plastigrafie in rilievo.

Ecco un elenco (forse parziale)

CARTEGEO

LA CASA DELLA CARTOGRAFIA ( GLOBALMAP )

MAPS STORE

Qui, per esempio trovate degli esempi molto significativi realizzati per aziende vitivinicole o consorzi del vino

DiGiancarlo Paganini

Imprevisti e tanto filo da torcere: la “Madonna della tenda rossa”.

Il sottotitolo è: «Quando un lavoro parte “storto” è difficile raddrizzarlo». Ma poi ce la si fa. Tranquilli.

Questa volta racconto di un lavoro appena terminato: “La Madonna della tenda rossa“. (Nulla a che vedere con la tragica impresa di Umberto Nobile al Polo Nord). Si tratta del disegno 0206: una Madonna con Bambino e una tenda alle spalle che colorerò di rosso). Ma racconto soprattutto di come mi hanno messo duramente alla prova i molti imprevisti e il tanto filo da torcere nella fase di resinatura che ha richiesto una serie infinita di correzioni e tentativi falliti su tentativi quasi riusciti, ma sempre da migliorare. Sono stremato. È stata una vera odissea. Proprio non bisogna mai dare nulla per scontato, ogni intrapresa ha i suoi rischi e imprevisti, ma stavolta si è un po’ esagerato! (Si può dire …”Accidenti!”?)

Il disegno di partenza
Il disegno di partenza

Il perché e il percome. Tutti i retroscena

Questa icona nasce come idea regalo (non cito qui il destinatario) e ha già anche un tempo previsto per la consegna: Novembre 2024. A tempo debito, cioè dopo la scadenza di novembre, espliciterò meglio il come e il perché, …se lo scrivo ora mi sembra di spoilerare il finale col rischio di rovinare la sorpresa alla persona che casualmente dovesse leggere questo post. Quindi, cari curiosi, fidatevi e attendete l’aggiornamento di questa parte.

Decido il soggetto e realizzo il disegno

Pensavo tra me e me: “Mi ci metto subito, così, via il dente, via il dolore!” Pensando che oramai, con tutta l’esperienza acquisita con queste icone sarebbe stato un gioco da ragazzi terminare l’opera in 4 e quattr’otto. Tronfio sbruffone che non sono altro! Ma non anticipiamo nulla; al momento ero molto sicuro di me e basta. Sfoglio nell’archivio di papà e trovo la “Madonna con la tenda” alle spalle, la numero 0206 dell'”Archivio di disegni e schizzi preparatori” di Ettore Paganini, che con le opportune modifiche si adatterebbe benissimo alle dimensioni (interne) della cassaforma: 12,7×19 cm. Preparo quindi il disegno in Illustrator e, per la prima volta ne faccio anche una versione a specchio, in modo che, montato il foglio anche sul retro della lastra da sbalzo, sarò facilitato nel cesello dei particolari dal dietro.

Il disegno nelle due versioni fronte e retro

Lastra e disegni applicati per lo sbalzo

Prendo una lastra di alluminio (me ne restano poche, ohibò,… dovrò provvedere a procurarmene altre in qualche tipografia) e la pulisco con tutti i detersivi, la paglietta e gli abrasivi di cui dispongo per eliminare le timbrature e la vernicetta maledetta di cui è rivestita.

La lastra ripulita (sotto) a confronto con quella “cruda” e verniciata

Poi applico, fronte e retro i disegni della Madonnina 0206 e inizio lo sbalzo, suddividendo già i tratti da sbalzare dal dritto da quelli da fare dal rovescio.

Il disegno del fronte, fissato sulla lastra, pronta per lo sbalzo

Uno sbalzo veloce, e… va tutto per il meglio

Il lavoro inizia il 16 gennaio e, senza lavorarci con continuità, lo sbalzo è terminato il giorno 20. Mi ha rallentato un po’ la complessità della cornicetta a figure geometriche. Per il resto, fila tutto liscio. Durerà?

Lo sbalzo terminato, ancora da fissare sulla masonite e da patinare

Fine dello sbalzo, incollaggio e chiusura delle alette

Si procede rapidamente anche nelle consolidate (per esempio in opere come questa) fasi successive qui documentate

Il retro della lastra, riempito di colla di montaggio per fissare la lastra di masonite, con le alette già tagliate.
Retro della formella. Le alette incollate sulla masonite. Poi verrà applicato il foglio di plastica dorata autoadesiva per chiudere e nobilitare anche il retro.
Sbalzo terminato

Patinatura con riserva

Come sempre mi sembra che lo sbalzo abbia bisogno di una patinatura che accentui e dia volume al cesello trasformandolo con un aspetto finale di argento antico. (Qui un altro esempio di finta argentatura) Anche in questa icona riservo la zona delle aureole ripulendole con l’alcool isopropilico, in modo di sfruttare la lucentezza del metallo bianco che viene anche sfrisato con una punta per accentuarne i riflessi cangianti. E siamo arrivati rapidamente alle ore 18 del 21 gennaio. Tutto senza intoppi.

Sbalzo brunito con aureole pulite. Senza imprevisti
Sbalzo brunito con aureole pulite

Smaltatura in più fasi

Parto dunque a smaltare con i miei colori epossidici per vetro, iniziando dalla cornicetta geometrica che riempio di rosa trasparente e turchese opaco e quindi passo alle aureole che riempio di una miscela di giallo e arancio molto bella e luminosa. Poi do una prima stesura di rosso alla tenda e al blu del fondo. Prima mano.

Smalto da finire. Fin qui senza problemi
Smalto da finire

Ma mi sembra poco inteso sia il fondo che il rosso della tenda. Non ho mai il coraggio di fermarmi per tempo. Non era male la prima mano, ma proseguo con la seconda e aggiungo i brillantini rossi. Ecco il risultato

Smalto finito senza imprevisti
Smalto finito

Poi però aggiungo un’altra mano e alcuni particolari (occhi, ecc)

Smalto finito foto 2, senza imprevisti fin qui
Smalto finito foto 2

Adesso viene il… brutto

Adesso viene il bello, si dice di solito, invece da qui partono i problemi grossi. E viene il BRUTTO. (Ma perché non mi fermo qui??? Non andava già bene così? Bastava una passata di vernice protettiva ed era tutto finito in bellezza! Accidenti a me!). No, oramai quest’Icona doveva essere resinata e che faccio? Mi fermo? NO. Non sia mai!

Sperimentare è il mio mestiere

Uno normale potrebbe fare come ha sempre fatto, visto che finora gli è andata piuttosto bene. Ma. C’è un ma, anzi più di un semplice “ma”:
1)– La misura della formella l’ho calcolata più piccola di 3mm per lato rispetto a quella dell’interno della cassaforma siliconica in modo da poter ricoprire in un’unica colata fronte e lati dell’icona. Ma la cassaforma è mollissima, non ha alcun nerbo e sui lati lunghi si deforma, così viene contenuta da un castelletto esterno di legno compensato in dotazione. Però ho dovuto comunque fissarla con delle mollette al legno perché non si deformasse verso l’interno.
2)– Per preservare quindi il retro della formella appoggiata sul fondo della cassaforma dalle incursioni inopportune della resina liquida, decido di spalmarlo di gomma liquida. Nuovo fantastico acquisto da sperimentare. Così, penso, una volta rappresa sarà semplicissimo staccare le sbavature di resina non desiderate.

Lattice sul retro. Ora inizia il filo da torcere
Lattice sul retro

Aggio comprato ‘na cassaforma…

Descrizione: la cassaforma di silicone è una cosa straordinaria perché su di essa la resina non attacca. Anzi non attacca proprio nulla sul silicone. Neanche la gomma. Avrei dovuto pensarci quando ho posizionato la formella sul fondo con l’impressione fantastica che aderisse proprio bene e che quindi non c’era bisogno di tenerla ferma in posizione. Primo gravissimo errore che ha innescato a catena tutti i successivi.

Infatti mescolo (col nuovo splendido attrezzo a elica di silicone) la resina (bicomponente iCrystal di Resin Pro), la colo nello stampo e attendo qualche secondo mentre buco con uno spillo alcune maledette bollicine che emergono e che vanno eliminate. Poiché le bollicine aumentano, decido che col phon le farò salire tutte, quelle maledette. Forse salgono le bolle, ma contemporaneamente girano …le balle. Sì, perché se parliamo di imprevisti e tanto filo da torcere iniziamo qui il lungo elenco: il calore fa salire in superficie tutto il lavoro, che inizia a galleggiare bellamente e fluttuare nella resina che nel frattempo inizia a reagire e rassodare. AAAAARRRGGGGGHHHHH!!!!! Che fare?

A galla nella cassaforma. Imprevisti del lavoro
A galla nella cassaforma

Tento più volte di respingerla sul fondo, ma non c’è nulla da fare. Inoltre si sposta anche lateralmente e devo ricentrarla più volte con un bastoncino con lo spillo. Si sta rassodando!!! Un pasticcio!!! Alla fine demordo: cerco di posizionarla comunque in centro e poi la lascio galleggiare, anche se brillanti rossi e parti più sporgenti saltan fuori irrimediabilmente.

Resina insufficiente. Filo da torcere
Resina insufficiente

Decido che, una volta indurita, farò una seconda colata supplettiva e per il retro spero che si possa staccare o che, se impossibile, sia comunque meglio di uno schifo.

Seconda colata, seconda porcata

Ovviamente comincio ad innervosirmi. Dopo una giornata, quando mi pare tutto rassodato, parto con la seconda colata di iCrystal. A proposito di imprevisti e tanto filo da torcere, eccoci al secondo tragico errore. Errore madornale. Al corso dicevano che occorrevano due, o meglio tre, giorni di intervallo tra una colata e l’altra. Ma la fretta di rimediare l’errore ne provoca uno peggiore, come nella parabola della pezza di rattoppo nuovo sul vestito vecchio. All’inizio sembra andar tutto benissimo. Il giorno dopo (il 26 gennaio) ho la sgraditissima sorpresa di notare che gli “otri vecchi se ne sono andati col vino nuovo”. Uno schifo inenarrabile. Che fare ora?

Disastro seconda resinatura. Filo da torcere
Disastro seconda resinatura
Particolare disastro seconda resinatura. Filo da torcere
Particolare disastro seconda resinatura

La resina è un materiale vivo, difficile controllarla

Vabbé, bisogna rimediare. Allora decido che quando sarà tutto asciutto dopo un paio di giorni dovrò levigare tutta la superficie arrivando fin sotto i corrugamenti e sperare che basti lucidare. Se no… boh, vedrò al momento e deciderò che fare.

In realtà il 27 sera inizio a levigare. Scava scava, iniziando dalle grane più aggressive (340) arrivo fino alla satinatura della 1500. SOB! Dopo ore di levigatura il corrugamento non accenna a scomparire e, soprattutto, sembra che la resina nella parte centrale non abbia fatto una reazione completa e rimanga sempre diversa dal resto. Siamo al capitolo “imprevisti e tanto filo da torcere”. Arrivato ad un certo punto della levigatura mi fermo per non arrivare alla colata sottostante e rimetto il tutto, avvolto in una micro-cassaforma aderente di nastro di carta nella cassaforma di silicone.

Filo da torcere per difetto resinatura
Si intravvede ancora il difetto sulla satinatura.
Filo da torcere nella cassaforma di nastro adesivo
Qui di nuovo, smerigliato, nella cassaforma di nastro adesivo.

Una sottile ricopertura, quasi una verniciatura di resina

In chat con Resin Pro mi dicono che è un problema di umidità. Boh. Allora decido di fare una ulteriore sottile colata di resina per coprire le magagne. Ma questa volta di “Liquidissima” di Resin Pro, perché il problema potrebbe anche essere di spessore e di tempi di reazione.

Speriamo non ci siano più imprevisti
Ecco la colata leggera appena versata. 27-01-24. Speriamo bene…

Quello che si dice: una ciofeca

Ecco, appunto, una tragedia, una schifezza, una ciofeca. Stavolta, della serie ” imprevisti e tanto filo da torcere”, la resina si rapprende male in modo diverso e creativo: comunque anche cambiando l’ordine dei fattori la schifezza non cambia… comincio a disperarmi, …non posso più fidarmi delle resine?

Filo da torcere: resina  rappresa male con difetti
Filo da torcere: effetto ragnatela di screpolature
Qui, ahimé, si vede molto bene l’effetto ragnatela, screpolatura o terra riarsa dello straterello di resina.

Non ne esco vivo? Che fare?

Evidente che così non può andare. Siamo al terzo tentativo e il risultato peggiora. Stop alle resine e cerchiamo di salvare l’icona ri-levigando ancora intensamente e dando un mano di vernice protettiva Macota KZ100. Speriamo di ottenere un risultato accettabile, anche se la verniciatura non è uguale alla pura superficie levigata e lucidata di una resina venuta come Dio comanda.

Filo da torcere: provo col Macota
Il 30-01 passo il Macota spray. Sembra decente, ma…
Filo da torcere? Potrebbe anche andare bene, ma...
Potrei tenerla così, no? Sarebbe finita. Ma non mi convince un certo effetto a buccia d’arancia della verniciatura. Poi c’è un pelucco e la superficie non è tutta lustra uguale. Cosa mi aspetta dietro l’angolo? Forse qualcosa della sezione ” imprevisti e tanto filo da torcere”?
La formella vista di profilo col supporto da scrivania

Il troppo stroppia? Sì, ma se uno è un perfezionista che ci può fare?

Ce l’ho lì sulla scrivania e l’occhio mi cade sempre su quelle maledette piccole imperfezioni: basterebbe una piccola leggerissima levigatura con un abrasivo sottilissimo e avrei trovato la quadra. Niente da fare: mi lascio prendere la mano, rovino la vernice e alla fine devo ri-grattare tutto e abbastanza in profondità. E poi riverniciare. Ci risiamo; eccoci agli imprevisti e tanto filo da torcere di cui parlavamo prima.

Filo da torcere: ripasso la vernice trasparente
7-2-24. Levigo e ri-vernicio. Ma si ricrea un altro effetto a buccia d’arancia peggiore del primo, anzi la vernice si mette a fare una quantità di bollicine che mai in passato aveva fatto…

Di male in peggio, dalla padella alla brace

Sono proprio un cretino, mi mangio le mani e mi prenderei a sberle. Ma oramai il danno è rifatto e devo insistere fino a che non ottengo qualcosa di accettabile. Se no devo buttare via la peraltro pregevole icona. Oramai è una sfida all’O.K. Corral. Thick as a brick.

Non mi dò pace e trascorre così una settimana senza prendere il coraggio di intervenire. Poi il 14-2-24 mi decido a ri-levigare per l’ennesima volta la superficie ripartendo dalle carte da 600 in su, in modo da eliminare anche una serie di bollicine e sporchini (che, ahimé, mi sembrava di saperlo perché oramai siamo nel mood ” imprevisti e tanto filo da torcere”, resteranno però imperterrite nella resina).

Poi ripasso il Macota per la terza volta. Viene abbastanza bene anche se non uniformemente lucido.

Filo da torcere: effetto buccia d'arancia
Si vedono bene i difetti a leggera buccia d’arancia della penultima verniciatura del 14-2-24

Allora il 15-2 taglio la testa al toro (che ringrazia per la fine gloriosa di un’epopea che è stata un macello e un bagno di sangue) e do un’ulteriore ri-passata di Macota a riempire i difetti. Poi basta “imprevisti e tanto filo da torcere”, però!

Finalmente! Regalo a Novembre, caro il mio…

Spiace aver dovuto attraversare tutte queste traversie, ma alla fine tutto è bene ciò che finisce bene. Sicuramente ho imparato un sacco di nuove cose sulla resina e le casseforme di silicone. La colata deve andar bene al primo colpo se no sono casini inenarrabili e la cassaforma in silicone va usata solo se strettamente necessario e con la sicurezza (possibile?) di aver fissato bene la formella al fondo: ci lavoreremo.

Forse sono finiti gli imprevisti?
Finita!!!!!!!
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DiGiancarlo Paganini

Il “fantomatico Dottor Cortese” e la Madonnina

Dal disegno preparatorio di un probabile regalo (uno smalto vero a gran fuoco su rame) di papà per un suo amico (il “fantomatico Dottor Cortese”) alla realizzazione di una nuova Madonnina con Bambino a sbalzo e smalti epossidici per mia nipote Tecla.

Stava lì, nell’archivio disegni e bozzetti di mio padre Ettore, e ogni tanto occhieggiava mettendosi in mostra per la sua bellezza. Numero d’archivio 0209. Mi piaceva molto quella Madonnina “per il Dottor Cortese” (il nome non mi era nuovo, in casa lo citavano qualche volta, ma per me è rimasto un personaggio poco definito, un Carneade, il “fantomatico Dottor Cortese”) e mi era venuta voglia di riprenderla facendone uno dei miei sbalzi, ma mi frenava la complessità della composizione e le dimensioni un po’ eccessive, eccedenti i miei piccoli standard. Poi un giorno di Novembre, il 20 per esattezza, decido di sfrondare la composizione eliminando gli angioletti (non me ne vogliano, niente di personale…) e ridurre le dimensioni, modificando il disegno paterno e inquadrando solo Madonna e Bambino.

Il disegno dell’archivio Ettore Paganini – 0209 originale
Il mio disegno modificato in Illustrator (aureole e fondo) e pronto per lo sbalzo

Orsù! All’opra, all’opra! Dàgli! Martella!

Il 2 dicembre stampo il disegno e inizio lo sbalzo su lastra di alluminio. Prima il solito processo di pulizia e preparazione, poi fisso il foglio alla lastra interponendo una carta carbone per facilitare l’individuazione dei tratti e con i miei sperimentati strumenti (penna e bastoncini di bambù forse per qualcuno risultano poco professionali per uno che vorrebbe fare il “toreuta”, ma niente martello e punte da cesellatore) e poco a poco la ex Madonnina per il “fantomatico Dottor Cortese” inizia a prender forma e volume.

La prima incisione sulla lastra. Già si intravede come potrebbe venire.

Il prosieguo dell’opera

Il 3 dicembre lo sbalzo è praticamente finito, ora rifinisco i particolari, taglio le alette e le segno per la piegatura.

Lo sbalzo, opportunamente lucidato con la paglietta sottile, è pronto per inserire la colla di montaggio sul retro ove sistemare la tavoletta di masonite che lo rende rigido.

Il retro dello sbalzo pronto a ricevere colla e tavoletta di masonite
La tavoletta di masonite inserita nel retro dello sbalzo.

Incollaggio e finitura

Inserita la masonite piego le alette e le sigillo con l’Attack, poi metto tutto sotto dei pesi per bloccare colla, alette e Attack al loro posto.

Il fronte dello sbalzo montato e lucidato con altra paglietta sottile, per tirar fuori tutto lo splendore del metallo. Però, come si vede l’effetto è poco contrastato, senza profondità.

La brunitura, un passaggio sempre molto delicato

Per dare profondità e nettezza al disegno occorre brunire la lastra. Il 4 dicembre sgrasso con alcool isopropilico la superficie, in modo da eliminare impronte o tracce grasse varie e poi con la mia spugnetta montata col manico stendo il mio intruglio alcoolico nero segreto e lo faccio essiccare. Ci vogliono due o tre passate perché la tintura strofinata penetri in tutti i luoghi che desidero e dia l’effetto brunito desiderato.

La lastra finalmente brunita a dovere

Però le aureole dovrebbero brillare molto di più, così mi risultano un po’ “spente”. Con cotton fiocc e straccetti di carta montati a punta su un bastoncino le ripulisco con alcool isopropilico stando attento a non sbordare. Faccio anche i due tondini superiori. Sembrano d’argento brillante. Per dare ancora più risalto e luce le sfriso radialmente con una punta. Ecco, così mi piace. Fisso il tutto con una buona passata di Macota KZ100 trasparente.

Le aureole ripulite e sfrisate

E ora ci vuole lo smalto

Nella stessa giornata, quando il Macota si è seccato, inizio la fase di smalto con i miei colori per vetro. Stavolta voglio cambiare il colore del fondo dietro la Madonna: basta col solito blu, voglio provare con un colore che non ho mai usato, un po’ coraggioso: il violetto 081 Amethyst. E’ sempre difficile e rischioso mescolare i colori per vetro, così lo uso puro. Un paio di mani danno saturazione adeguata alla stesura di colore.

Il violetto 081 Amethyst della GLAS Marabu
La smaltatura terminata, Amethyst e pochi colpi di giallo per le aureole mi sembrano sufficienti.
Smalto finito, con l’aggiunta di qualche dettaglio.

La resinatura

Siamo al solito dubbio: se resinare o no. Ma, a dare una svolta decisiva alla decisione, nella mente comincia ad affacciarsi l’idea che a quest’opera devo dare un fine preciso: Natale si avvicina e mi sovviene che Annamaria, mia sorella pianista, già da tempo mi aveva chiesto se potevo farle una Madonnina per sua figlia, mia nipote Tecla che ha da poco finito di ristrutturare la casa. E’ una casetta che affaccia con l’ingresso sul nostro cortile. Faccio 2+2=4. La Madonnina per il “fantomatico Dottor Cortese” sarà il mio regalo di Natale per Tecla e, se lo vorrà mettere all’ingresso, all’aperto, dovrà per forza essere resinata, per resistere alle intemperie. Quindi, avanti!, si resina. (Uso resine della Resin Pro: o la I-Crystal, o la Art Pro. Prossimamente proverò la “Liquidissima”).

Cassaforma e colatura

Il 6 dicembre preparo la cassaforma con i legni e il silicone, fissando nel mezzo la formella coi distanziatori (sul retro – già resinato – ho incollato un foglio di plastica adesiva su cui appoggiano le assi, in modo che la resinatura anteriore non lo rovini). Tutto è pronto per la colatura di resina, passaggio che riserva sempre sgradite sorprese, bolle, sporchini, imperfezioni nella reazione chimica, difformità nella mescola, ecc. (Non mi viene mai una colatura uguale all’altra). (Vedi in questo Articolo per maggiori dettagli)

La cassaforma coi distanziatori (che poi tolgo quando colo la resina)

Dopo la colatura occorre attendere almeno una giornata di 24 ore prima di sgusciare il manufatto, se no si rischia di segnare la resina ancora non pienamente solidificata. Basta un’impronta digitale per fare un patatrack. Ci vuol pazienza, ma alla fine, l‘8 dicembre, festa dell’Immacolata Concezione della Madonna, eccoci al dunque! Si sguscia!

La formella sgusciata. Il foglio rosso è l’adesivo messo sul retro, per proteggerlo dalla colata di resina sul fronte.

Fine? No, ora occorre rifilare e levigare le superfici

Pareggio i bordi e levigo e lucido tutta la superficie. Anche questo passaggio non è mai una passeggiata tranquilla, basta un nonnulla per rovinare tutto e costringere a ripassare le superfici ripartendo dalla grana di abrasivo che ha fatto il danno (le mie gradazioni vanno progressivamente da 40 a 10.000). Bene! alla fine, dopo un paio d’ore di levigatura, ecco qua il risultato! Finalmente davvero finito! Buon Natale cara Tecla!

Ecco pronta per il pacchetto natalizio per Tecla la Madonnina per il “fantomatico Dottor Cortese”, secondo la mia interpretazione, ovviamente.
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DiGiancarlo Paganini

“Madonna di Gaza”, la protettrice degli innocenti

Una scelta ETICA, non ETNICA

Perché il titolo: “Madonna di Gaza”? È una provocazione? In un certo senso sì. Provocato dalle notizie che vengono dai fronti di guerra mondiale, dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin e dalla tragedia disumana della Guerra Israele-Hamas che, dopo l’assurdo attacco terroristico contro gli israeliani del 7 ottobre 2023, si è trasformata immediatamente nel genocidio indiscriminato del popolo palestinese, mi è stato chiaro che non c’è speranza di pace che possa procedere dalla sola volontà umana senza appellarsi con fede a Cristo, nostra pace. E quindi senza l’intervento materno di Maria, avvocata nostra, che ci porta a Lui. Da qui l’atteggiamento di preghiera e di intercessione. Ogni altra posizione tattica o strategica diventa schieramento di parte che porta solo nuova inimicizia, nuove divisioni, nuovo odio e nuovi conflitti. Sulla guerra mi sono già ampiamente espresso, peraltro.

L’ispirazione per una nuova icona della Madonna

L’ispirazione per questa nuova Icona della Madonna mi è venuta osservando una straordinaria foto di una madre palestinese col bambino in braccio, in atteggiamento protettivo, circolata sul web. L’ho chiamata “Madonna di Gaza” per una scelta Etica, non Etnica (“etnica” fa venire in mente la questione della razza, di hitleriana memoria… e le varie “pulizie” che vi si richiamano e che in realtà sono luride porcherie, ma la storia, ahimé, non insegna proprio nulla, evidentemente).
Mi è sembrato, cioè, che rappresentasse tutte le madri e i figli innocenti che patiscono tutti gli orrori di tutte le guerre. Niente di più e niente di meno. Una madre e un bambino israeliani, ucraini, armeni, yemeniti, ecc… avrebbero potuto fare da modello per il medesimo scopo. Ma questa foto, con gli sguardi così intensi dei due e il fondo di case bombardate, mi ha colpito nel profondo.
Ho pensato che Maria, Madre di Dio e nostra madre, abbia verso di noi, figli dell’umanità, gli stessi sentimenti, la stessa premura e lo stesso amore che ha avuto verso Suo Figlio. “Madre ecco tuo figlio; figlio, ecco tua Madre” le disse Cristo dalla croce indicandole il discepolo Giovanni.

La foto sul web che mi ha ispirato

Un’icona sbalzata in ottone

Nei giorni immediatamente dopo Natale capisco che è venuto il tempo di dar seguito a questa ispirazione. Si avvicinano i momenti degli auguri per il nuovo anno e intuisco che solo affidandosi a Maria come nostra protettrice, gli auspici di pace, che tutti abbiamo nel cuore come desiderio, possano non restare mere e ingenue illusioni sentimentali. Diciamo che l’eredità del 2023 e le premesse del 2024 non sono delle migliori…
Il 30 dicembre ridisegno al tratto la foto, cercando una difficile sintesi, e prolungo la parte inferiore dell’immagine, aggiungendo la parte del braccio che era tagliata e il piede del bambino, così come me lo immagino. So già che un conto è il disegno, un altro il risultato sbalzato sul metallo.

Il disegno da trasferire sulla lastra di ottone

Stampo il disegno della Madonna di Gaza, lo fisso sulla lastra di ottone e, da buon toreuta, (così, come me, avete imparato una parola nuova) inizio la fase di sbalzo e cesello.

Il retro dello sbalzo, da poco iniziato

Una lavorazione rapida

La sera del 30 ho già terminato la fase di sbalzo. Decido, durante la lavorazione, di non fare il fondo con i caseggiati bombardati in rovina, ma di lasciare il fondo liscio neutro. Temo infatti che la resa non sarebbe venuta bene, per cui mi fermo lì. Certe decisioni le prendo strada facendo, non sono previste fin dall’inizio: dipende da come procede il lavoro e da cosa mi lascio ispirare. In questo caso la figura molto umana della “Madonna di Gaza”, con tutti quei particolari dei vestiti e del volto, mi è sembrata sufficiente per rendere la concretezza dell’aspetto materiale. Le aureole sottolineano invece l’aspetto soprannaturale (e divino nel Figlio), per cui dopo la brunitura deciderò di valorizzarle.

Lo sbalzo senza effetto brunitura risulta splendente ma senza profondità.
Il retro della formella sbalzata col riempimento di colla da montaggio e carta (come antisfondamento dei volumi cesellati)
Ci ho messo una pietra sopra, in fase di asciugatura della colla, in modo da tenere in piano la lastra.

La fase di piegatura delle alette e la brunitura

Il 31-12 smonto l’ambaradan, traccio i segni per la piegatura delle alette, le piego sul supporto in masonite che ho tagliato in misura e le incollo sul suo retro (fase sempre molto ansiogena per me, c’è sempre qualcosa che può andare storto). A questo punto mi dedico alla brunitura dell’ottone con la stesa del mio intruglio segreto alcoolico nero. Lo scopo dell’operazione è aiutare a dare più profondità all’aggetto e al disegno e dare una patina di “antico” al manufatto.
Anche questa è una fase delicata: la resa su ottone o su alluminio è sempre diversa. L’ottone mi sembra un po’ più refrattario ad assorbire la colorazione, anche se la lastra viene sgrassata e “passata” a lungo con la paglietta sottile. In generale direi che alla fine il tono dell’ottone scurendosi si raffredda e viene ad assomigliare al bronzo patinato. Sull’alluminio invece avviene il contrario: si “scalda” fino ad assomigliare all’argento ossidato. Questo, comunque il risultato.

La lastra patinata con la brunitura. Le misure dell’icona sono 11×15 cm.

Le fasi finali. La doratura delle aureole

A questo punto dovrei dare una mano di vernice Macota spray trasparente, per fissare il risultato. Ma attendo. Poi dovrei decidere se e come dare eventuali colorazioni a smalto. Posticipo la scelta e, invece decido di ripulire subito con alcool isopropilico le aureole e poi sfrisarle a raggiera, in modo da far riemergere “l’oro” dell’ottone puro e pulito. La valorizzazione di questo particolare mi consente di evidenziare l’aspetto soprannaturale dell’immagine. Poi passo il Macota protettivo trasparente.

Le aureole dorate per “sottrazione” dalla brunitura.

Aggiunta di alcuni particolari

Devo dire che il risultato così come sta uscendo non mi dispiace affatto. Accantono perciò la scelta di colorare alcunché e, già che ci sono, anche l’eventualità di resinare tutta l’icona (qui un esempio di icona resinata), secondo i procedimenti già messi a punto con gli scorsi lavori.
Per due motivi:
1-perché “il troppo stroppia” e anche il tema esige sobrietà;
2- perché stavolta preferisco che il modellato sia palpabile anche col tatto, vista la ricchezza e la preziosità ottenuta.
Noto però che sarebbe d’uopo la sottolineatura di alcuni particolari, per dare il tocco finale. Pupille degli occhi, sopracciglia, alcune linee fondamentali che non sono state adeguatamente rimarcate dalla brunitura (e che invece nella foto erano importanti), andrebbero rinforzate con un sottile passaggio di smalto nero.
Qui alcune foto dell’icona terminata con un’ulteriore passata di Macota protettiva, da cui si evince che la luce determina moltissimo l’impressione che se ne ricava.
Ecco fatto, l’Icona della Madonna di Gaza è terminata:

Il tavolo di lavoro con l’icona finita
L’icona terminata
Finita e incorniciata, pronta per chi la desidera acquistare
Maria, Regina della pace, prega per noi!

A questo punto, Buon Anno nuovo a tutti! E che la Madonna di Gaza protegga tutti gli innocenti!

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